IL GRANATA DELLA PORTA ACCANTO

Vanoli, senza -ismo

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Non so come la società gli smonterà il giocattolo, ma sarebbe follia non ripartire, anzi, continuare con questo mister il prossimo anno
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

A inizio stagione ci eravamo fatti prendere tutti, me compreso, dall'entusiasmo per l'avvio stratosferico del Toro. Una reazione normale, da innamorati quali siamo, una reazione di chi ama senza condizioni e dona senza condizioni alla propria squadra del cuore prima in classifica come non accadeva da quarant'anni. Era scoppiato il "vanolismo" in quei caldi giorni di effimera gloria perché questo allenatore, alla prima stagione in A, aveva saputo fin da subito calarsi alla perfezione nella realtà granata, nella storia del club e nell'ambiente passionale che da sempre lo circonda. In ogni sua parola, in ogni suo gesto ed in ogni momento passato tra campo d'allenamento, panchina e sala stampa, Vanoli ha sempre sottolineato l'importanza e la spinta che lavorare seguendo i principi e i valori del Toro possono dare a chi indossa questa maglia, dal presidente fino al magazziniere, nessuno escluso. Credere nel "vanolismo" è stato un sincero, genuino ed ingenuo atto d'amore verso chi ci aveva fatto intravedere un Toro finalmente e nuovamente spumeggiante, propositivo e, seppure fortunosamente, anche vincente. Credere in Vanoli, a distanza di mesi e con meno di un quarto di campionato da giocare, è invece assolutamente corretto e va fatto, non perché sia un fenomeno ma perché nelle difficoltà ha dimostrato col carattere e coi principi "da Toro", da lui sempre abbracciati sin dal primo giorno, di poter affrontare qualunque tempesta per uscirne comunque con la barra a dritta.

Il suo, il nostro, Toro, quasi salvo dopo il pareggio seppur non brillantissimo di Parma è la prova che aveva ragione lui a non mollare di un centimetro anche quando tutto sembrava dover implodere da un momento all'altro. Il mercato di gennaio non gli ha portato Beto o un attaccante simile che egli aveva chiesto sin dall'infortunio di Zapata, ma gli ha consegnato un Elmas che sembra avere la bacchetta magica e un Casadei voglioso di dimostrare che è all'altezza della fama di enfant prodige che lo ha sempre preceduto. Ma il capolavoro di Vanoli è stato quello di rivitalizzare un leader nato come Maripan e dare nuovo smalto a quel folletto di Vlasic che, se in forma fisica e mentale, per il Torino è un giocatore che può fare la differenza. Vanoli è riuscito poi anche nell'impresa di spremere il sangue dalle rape, trovando per un certo periodo prestazioni di qualità da Karamoh, di trovare un pilastro quasi inaspettato in Vanja e di rimettere in pista un quasi partente come Tameze.

È vero che con Sanabria e Borna Sosa sembra aver perso la scommessa ed è vero che Pedersen sembra una causa persa così come Coco sembra entrato in un loop di scivoloni continui, ma il mister non molla facilmente e sa, ad esempio, che la qualità del centravanti paraguaiano e del terzino croato sarebbero oro se i due rendessero per quanto possono. Non so cosa succederà nel prosieguo della stagione, non so cosa accadrà il prossimo anno, non so come la società gli smonterà il giocattolo vendendogli Ricci e Dio solo sa chi altro di buono, ma sarebbe follia non ripartire, anzi continuare, con lui. Con tutti i suoi difetti e con tutte le sue inesperienze, è Vanoli la garanzia di un Torino che, almeno sul campo, prova ad essere qualcosa di meglio del Torino FC. Anche senza il suo suffisso -ismo, io mi tengo stretto Vanoli.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.

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