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Verdi, simbolo (suo malgrado) del Toro di oggi

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Le opinioni – Il Granata della porta accanto / Senza una solida gestione tecnica, il risultato è che l'acquisto più costoso della storia granata ha avuto un impatto quasi nullo

Dici Andrea Belotti e l'associazione mentale al Toro è immediata, non solo da parte dei tifosi granata, ma da parte di tutti gli appassionati di calcio. Il Gallo, infatti, a suon di gol e prestazioni, è il simbolo di questa squadra e ne incarna pure i valori che da sempre ne contraddistinguono la storia. Se la parola tremendismo ha ancora una parvenza, vaga e lontana, di attinenza alle vicende del Torino è semplicemente perché questo ragazzo bergamasco ne distilla ancora qualche rara goccia col suo impegno, il suo ardore ed il suo sudore in ogni partita a cui prende parte.

Eppure la copertina del mondo Toro, Belotti, la dovrebbe quantomeno condividere con un suo collega che è stato acquistato la scorsa estate con un esborso record per la società del presidente Cairo di 25 milioni di euro. Parliamo chiaramente di Verdi, comprato all'ultimo minuto di mercato per essere il giocatore tecnico in grado di innalzare la qualità della manovra granata dalla trequarti in su. Tutti noi sappiamo benissimo come sono andate le cose e pertanto non c'è bisogno di ripeterle: l'arrivo così tardivo, la difficoltà di inserimento, l'annata al limite del catastrofico da gennaio in avanti di tutta la squadra sono state concause delle insufficienti prestazioni del talento sbocciato nel vivaio del Milan e già transitato ai tempi di Ventura in maglia granata. Che Verdi sia un giocatore con qualità tecniche superiori alla media è indubitabile, che sia un professionista esemplare ed un bravo ragazzo è altrettanto indubitabile, che però non sia in grado di essere quel giocatore che fa la differenza è purtroppo un dato di fatto che emerge non solo dal suo trascorso attuale in granata, ma anche dal resto della sua carriera dove, ad eccetto di una stagione a Bologna, ha sempre faticato a trovare una certa continuità di rendimento. Quando un giocatore vive questo tipo di situazioni di solito si parla di mancanza di personalità.

Il mondo del calcio di alto livello è un ambiente relativamente circoscritto: i cosiddetti "addetti ai lavori" (allenatori, dirigenti, procuratori, giocatori, ecc.) si conoscono tutti, le informazioni circolano e nessuno quando prende un giocatore che milita in Italia (diverso magari il caso di acquisti fatti all'estero, soprattutto dal Sud America) compra a scatola chiusa, ma sa benissimo chi si mette in casa. La domanda quindi è: conoscendo i pregi e i difetti di Verdi, chi ha avallato il suo acquisto per una cifra così astronomica e con una trattativa talmente lunga ed estenuante che non poteva lasciare dubbi sulla profonda volontà di portare il giocatore in granata? Perché qui qualcosa non torna. Se una società decide di investire su di un solo giocatore circa un terzo del suo fatturato di un anno, lo fa perché è sicura di prendere un elemento capace di cambiare la squadra e dare un apporto estremamente decisivo alle sue sorti sportive e pertanto decide un passo del genere basandosi su analisi che devono essere state condivise a livello dirigenziale e tecnico. Eppure anche in questo caso i conti non tornano.

Bava, allora ds "semi-ufficiale", non aveva il portafoglio né l'autorità per imporre un acquisto così oneroso, tant'è che di fatto non ha acquistato nessuno, neppure quei prospetti low cost che la sua rete di osservatori aveva segnalato come potenziali buoni investimenti. Mazzarri, a cui la stampa aveva cucito addosso l'abito di "Ferguson toscano", in realtà si è sempre contraddistinto per essere un perfetto aziendalista ed infatti ha sempre lavorato con gli elementi che gli sono stati dati, eliminando addirittura alcune pedine che facevano la differenza per tecnica e personalità (Ljajic e Falque su tutti): difficile immaginarlo a pungolare quotidianamente il presidente o il ds per avere Verdi a tutti i costi… Di Comi non parlo perché non prende parte ai processi decisionali della società, per cui l'ultimo soggetto a cui si può far risalire l'acquisto di Verdi è il presidente Cairo, che in effetti è colui che ha concluso la trattativa direttamente con il suo omologo De Laurentiis. Ora, non è un mistero che i rapporti tra i presidenti di Torino e Napoli non siano buoni e anche questo elemento introduce ulteriore perplessità sull'idea che si sia trattato per un'intera estate con una società "nemica", senza avere una vera alternativa, arrivando all'ultimo momento momento a chiudere l'acquisto ad un prezzo che era esattamente quello stabilito dal venditore al primo contatto tra i due club. Ricapitolando si è preso un giocatore le cui referenze erano deboli sul piano della personalità per fargli fare il leader in una squadra che si giocava l'accesso all'Europa League, e che quindi ne avrebbe avuto bisogno ad inizio mercato, prendendolo invece senza neanche un euro di sconto a fine mercato con il campionato iniziato e  l'Europa League sfumata. Una Waterloo totale…

Nessuno vuole gettare la croce sul buon Verdi, al quale almeno si chiede un po' di amor proprio perché gol sbagliati in quelle maniere e prestazioni così scialbe come sta sommando ultimamente (in scia peraltro di tutto il campionato passato) non sono accettabili da chi ha i suoi mezzi tecnici, ma è lampante che oggi lui sia il giocatore simbolo "al contrario" del Torino attuale, squadra e società. Un giocatore che in campo non fa la differenza (e come lui anche altri elementi come Zaza o Izzo o lo stesso Nkoulou) e che dimostra quanto la società non sia strutturata per fare un proficuo lavoro di screening, di progettazione tecnica e di gestione delle risorse da investire nei giocatori. Si accusa Cairo di essere, molto brutalmente detto, tirchio, e ciò è in parte vero, ma la vera carenza del presidente è legata alla mancata decisione in questi anni di creare una struttura societaria composta da gente competente nella propria area per gestire al meglio le risorse economiche messe a disposizione. La differenza evidente tra quanto si spende e come si spende è rappresentata proprio emblematicamente dal caso Verdi: nessun club del livello economico del Torino avrebbe mai speso 25 milioni per un giocatore con quel profilo caratteriale e di rendimento.

 

Tutti noi oggi indichiamo Singo come la "via" da seguire per l'acquisto ideale: giovane, poco costoso, umile, dal grande potenziale. Ma se da un lato è giusto puntare su questo tipo di giocatore, dall'altro per avere ambizioni superiori ad una salvezza tranquilla o ad un nono/decimo posto occorre puntare anche soldi veri, come gli sciagurati 25 milioni messi su Verdi, su giocatori fatti e finiti che siano, per personalità e cifra tecnica, davvero in grado di costituire l'ossatura di una squadra competitiva. Avendo Belotti e Sirigu come certezze granitiche agli estremi della spina dorsale della squadra era necessario in questi anni investire in un centrocampista/regista ed un trequartista di livello alto. Si fosse fatto questo forse Nkoulou non avrebbe avuto i suoi "mal di pancia" e avrebbe continuato ad essere il punto fermo della difesa, reparto dove ad oggi, se Lyanco non esplode e fa un salto mentale importante, occorrerà investire nuovamente in un vero leader.

Considerando quindi che il Toro fino a gennaio è quello che stiamo vedendo, cioè una squadra di medio bassa classifica che lotta per non retrocedere e per cercare di assimilare il più in fretta possibile il credo del suo allenatore e crescere, nel medio periodo occorrerebbe che il presidente facesse un passo indietro nella gestione tecnica del club se proprio vuole rimanerne il proprietario: visto che ama ripercorrere le orme del suo mentore Berlusconi si affidi ad un uomo forte "alla Galliani" e lasci a lui l'incombenza di gestire la parte tecnica (ds, allenatore, giocatori). Potrebbe avere delle piacevoli sorprese ed evitare futuri "casi Verdi"...

Disclaimer: Le opinioni espresse negli articoli dagli opinionisti sono proprie degli autori e non necessariamente della www.

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.