IL DIAVOLO NON VESTE PIU' PRADA – Annate ricche di successi soprattutto in campo europeo. Ma anche di spese folli e bilanci da ripianare, come principale azionista, con donazioni di decine di milioni all’anno. Finchè politica, economia e affari tiravano, tutto normale. Ma ora … Silvio Berlusconi ha detto stop, richiamando all’ordine il suo plenipotenziario Galliani. Al Milan inizia l’era delle vacche magre. Niente più lotta per il titolo, difficile per non dire impossibile anche conseguire un secondo o un terzo posto necessari per qualificarsi in Champions League. Addio per chissà quanto tempo ai sogni di gloria! Venduti a peso d’oro Ibra e Thiago Silva al PSG degli ex dipendenti Ancelotti e Leonardo, via anche i giocatori dagl’ingaggi esageratamente alti: tra loro due idoli della Curva Sud milanista come Nesta e Seedorf. A luglio solita preparazione estiva saltata perché: “Vuoi mettere come ci si allena bene ai 316 metri d’altitudine di Milanello? In fondo siamo a casa nostra e abbiamo tutto per prepararci con grande calma a una stagione lunghissima!”: Galliani dixit. Soliti acquisti last minute stile “ndo cojo cojo”. Solita partenza al rallentatore nelle coppe e in campionato. Il bel gioco latita, la condizione atletica è un optional per tutti o quasi mentre l’enigmatico Pato si permette pure di lamentarsi dopo aver abbondantemente deluso nei pochi spezzoni di gara in cui ha giocato. Lo hanno capito tutti, per primi quei tifosi che non vanno più al Meazza anche perché abituati troppo bene negli ultimi vent’anni: il Diavolo non veste più Prada! TORO, ALL'ARREMBAGGIO! - Che Milan attenderci domenica all’Olimpico? Una sola stella di prima grandezza, l’ex genoano Stephan El Shaarawy, fa sognare a suon di reti (12 in 15 turni di campionato) il popolo rossonero. In difesa, reparto debole assai, si sta affermando sulla destra Mattia De Sciglio: gran bel fisico, buoni fondamentali, ottima propensione ad accompagnare le manovre offensive sulla fascia, ecco un prodotto del vivaio finalmente valorizzato a dovere! E gli altri? Della vecchia guardia sono rimasti capitan Ambrosini e l’ex granata Abbiati: nessuno dei due dovrebbe partire fra i titolari domenica, al loro posto rispettivamente de Jong e Amelia. Per il resto solo onesti comprimari, parecchi mezzi giocatori ma nessun elemento dotato di quel carisma necessario a fare del Milan un club da prime posizioni in classifica. Mancherà per un problema ai flessori Montolivo: un bene per il Toro che non ci sia l’ex capitano della Fiorentina. Non ci sarà nemmeno Boateng perché squalificato: un vero peccato questo, sapete perché? Tocca e regolarmente perde un’infinità di palloni sbagliando passaggi o lanci con una frequenza impressionante, il Boa: trattasi del più sopravvalutato bidone che attualmente calca i campi della nostra serie A! In panchina c’è il grigio Allegri: e se gettasse nella mischia tre giovani di belle speranze come il portiere brasiliano Gabriel, l’eclettico e possente mediano Strasser e lo strepitoso attaccante ex Caen Niang? Nemmeno per sogno! Ancora è vivo il ricordo di come sia riuscito a perdere, unico finora in serie A, un campionato già vinto con a disposizione Ibrahimovic: spietato goleador, rifinitore, totem! Il livornese è scostante, permalosetto, mal sopportato da giocatori e dirigenti. Si fa scudo però di un contratto che, in caso di esonero, gli garantirebbe una ricca liquidazione. Che Berlusconi non può o forse non vuole pagargli. Caro Ventura, dopo un derby perso così male stavolta il successo contro una ex grande del calcio nostrano è veramente alla portata di Ogbonna e compagni! NEL SEGNO DI BABY FACE – Sono tanti i giocatori che han militato sia nel Torino che nel Milan. Uno più di tutti è stato venerato da entrambe le tifoserie. Sei stagioni nel Toro dal 60-61 al 65-66, poi altre sette coi rossoneri dal 66-67 al 72-73. Gianni Brera, decano del giornalismo sportivo, lo battezzò “il Pirata” per il suo modo di giocare irruento. Vinse tutto quel che c’era da vincere con quel Milan. Ma si accomiatò perdendo incredibilmente all’ultima giornata nella fatal Verona uno scudetto che pareva già acquisito prima ancora di scendere in campo. Segnò pure al 34° di quell’incredibile 3-5! In panchina al Bentegodi quel 20 maggio 1973 c’era un altro grande ex del Toro, il Paròn Nereo Rocco. In campo l’amico di tante battaglie nonchè gemello – nati tutti e due il 18 agosto 1943 – Gianni Rivera. Roberto Rosato, viso d’angelo e un cuore grande così, è stato il prototipo del difensore centrale moderno: una specie di Bobby Moore italiano, per intenderci! L’attaccamento ai colori sociali lo dimostrava sia in allenamento che in campo, quando marcava con implacabile efficacia qualsiasi attaccante. Raggiunse l’apice della carriera ai Mondiali di Messico 1970, quelli della famigerata staffetta Mazzola-Rivera e della finale persa contro il più grande Brasile di tutti i tempi. Ci giocavano O Rey Pelè, Rivelino, Carlos Alberto, Gerson, Tostao, Jairzinho. Rosato divenne titolare nella nazionale allenata da Valcareggi per una malattia capitata a Giorgio Puja oltre che per un calo di forma di “mister autogol” Comunardo Niccolai. Oltre ai due grandi numeri dieci delle milanesi gli azzurri schieravano campioni come Albertosi, Burgnich, Facchetti, Cera, De Sisti, Domenghini, Riva: gente che col pallone faceva letteralmente quel che voleva, altro che gl’impiegatucci del catasto che ci tocca osservare annoiati ai giorni nostri! Roberto se n’è andato in punta di piedi in Paradiso due anni e mezzo or sono. Domenica io, che ho avuto la fortuna di conoscerlo e di frequentarlo appena smise di giocare, ne celebrerò la memoria: simbolo di un’Italia che lottava per vincere senza mai dimenticare le buone maniere. Un’Italia che s’è persa chissà dove! Renato Tubère (Twitter @RenatoTubere)
columnist
Il Guazzabuglio…Al Milan tutti poco Allegri
IL DIAVOLO NON VESTE PIU' PRADA – Annate ricche di successi soprattutto in campo europeo. Ma anche di spese folli e bilanci da ripianare, come principale azionista, con donazioni di decine di milioni all’anno. Finchè politica,...
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