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Il mercato 1983 e quel rigore di Hernandez a Roma…

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La settimana appena conclusa ha visto il Toro riuscire a risolvere nel migliore dei modi la questione comproprietà, Cerci, Darmian, Glik e Basha sono diventati giocatori totalmente di proprietà del Torino F.C., finalmente dalla...
Beppe Pagliano

La settimana appena conclusa ha visto il Toro riuscire a risolvere nel migliore dei modi la questione comproprietà, Cerci, Darmian, Glik e Basha sono diventati giocatori totalmente di proprietà del Torino F.C., finalmente dalla società è giunto un segnale forte, questo fa sperare in un mercato che da qui a fine agosto regalerà ancora belle sorprese ai tifosi granata. In attesa di notizie sempre più positive continuiamo a ricordare i mercati degli anni ottanta, quando il Toro veleggiava stabilmente nelle parti alte della classifica. Nella puntata precedente delle “Saldature” ci siamo lasciati al termine della stagione 1982 1983. Nell’estate 1983 entrai nel mondo del lavoro come ragazzo di officina, iniziai in quel periodo ad avere dimestichezza con le saldature, mai avrei immaginato che anni dopo questa attività lavorativa mi avrebbe dato lo spunto per intitolare una rubrica settimanale in cui parlavo della mia più grande passione, esaudendo così un sogno che coltivavo fin da bambino, ovvero scrivere di Toro nelle sue varie sfumature. Il mercato granata nel luglio 1983 non porta grandi cambiamenti: in panchina viene confermato Eugenio Bersellini, dal Cesena arriva il centravanti austriaco Walter Schachner, dal Perugia viene invece ingaggiato Domenico Caso intelligente centrocampista ex Inter e Fiorentina, gli altri arrivi sono Giovanni Francini, Danilo Pileggi e Pietro Mariani tutti ragazzi del vivaio di ritorno da varie esperienze in giro per l’Italia che hanno permesso loro di farsi le ossa e che ora avranno l’opportunità di dimostrare in granata il loro valore. Fanno le valigie il difensore olandese Van De Korput destinazione Feyenoord, il vecchio Salvadori che va a terminare la sua carriera all’Alessandria, Bertoneri che viene ingaggiato dall’Avellino, Borghi che dopo una sola stagione va all’Ascoli così come Fortunato Torrisi e Alessandro Bonesso due degli eroi del derby del 27 marzo, che vengono ceduti rispettivamente al Catania ed al Cesena, mentre i giovani Cravero, Ezio Rossi e Sclosa vengono mandati in prestito a fare esperienza in attesa di ritornare ad indossare nuovamente la maglia granata. Il girone d’andata è favoloso, il Toro subisce una sola sconfitta a Marassi contro il Genoa e dopo la diciottesima giornata occupa la seconda posizione a sole due lunghezze dai soliti gobbi, battuti tra l’altro nel derby di andata per 2 a 1 con reti di Dossena e Selvaggi. C’è di che sognare! Il 12 febbraio 1984 il Toro è di scena all’Olimpico di Roma contro i giallorossi campioni d’Italia, la classifica dice Juve 26 punti, Toro secondo a 24, Fiorentina 23, Roma 22. I giallorossi partono a testa bassa ed al 28’ Maldera porta in vantaggio la formazione allenata da Liedholm su calcio di punizione, tre minuti dopo però Dossena è bravo a superare Tancredi con un tocco da centro area su passaggio di Schachner. Al ventesimo del secondo tempo l’episodio che avrebbe potuto cambiare le sorti del campionato granata, Hernandez dal vertice dell’area con un preciso pallonetto supera Tancredi, sarebbe gol, ma Nela sulla linea col braccio destro riesce in qualche modo ad evitare che la palla finisca in rete, oggi sarebbe espulsione diretta, ma a quei tempi il cartellino giallo è più che sufficiente per punire il difensore giallorosso. L’arbitro Casarin concede comunque il rigore. Sono incollato alla radio, vincere a Roma vorrebbe dire staccare i giallorossi e rimanere in scia alla Juve che sta vincendo contro la Lazio su autorete e da li a breve raddoppierà su…. rigore di Platini. Il cuore batte all’impazzata, chiudo gli occhi ed incrocio le dita, di solito Pato Hernandez il nostro rigorista non sbaglia dal dischetto, il radiocronista racconta il momento in cui il numero 11 granata inizia la sua rincorsa, il momento in cui colpisce la sfera e la radio a transistor mi porta la notizia che il pallone calciato dall’argentino è stato intercettato dal portiere avversario e che infine è andato a sbattere contro il palo uscendo quindi in calcio d’angolo. Rimango fermo fissando il vuoto avendo l’impressione di aver buttato dalla finestra il biglietto vincente della lotteria. Da lì a pochi minuti Nela, sempre lui, viene espulso per un fallo su Pileggi, la speranza torna a fare capolino in me, ma al minuto ottantatre Falcao dalla trequarti lancia in area, il pallone è diretto a Ciccio Graziani, l’ex gemello di Pupi viene anticipato da Terraneo in uscita, ma il pallone cade direttamente sui piedi di Pruzzo e per il centravanti romanista è un gioco da ragazzi piazzare la palla in rete. La partita che avrebbe potuto consentire al Toro di catapultarsi per davvero verso le zone nobili della classifica, si rivela invece una batosta da cui la squadra di Bersellini non saprà più rialzarsi, nelle restanti undici partite la compagine granata raccoglierà infatti la miseria di nove punti, fallendo tra l’altro l’ingresso nelle coppe europee, questo finale di campionato costerà inoltre la panchina ad Eugenio Bersellini, che lascerà il suo posto ad una vecchia conoscenza dei tifosi granata, il quale nel campionato 1984 1985 guiderà il Toro in uno dei campionati più esaltanti degli ultimi trent’anni, ma di questo ne parleremo la prossima volta.   Beppe Pagliano

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