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l'editoriale

Il momento dell’autocritica

Gianluca Sartori Direttore 
Qualche domanda se la deve fare pure chi ha costruito questa squadra, rimpiazzando Bellanova con Pedersen, Buongiorno con Coco, Maripan e Walukiewicz, Rodriguez con il solo Masina

Per fare autocritica ci vogliono sensibilità e coraggio. E allora, dopo una partita come quella di Roma sono in tanti in seno al Toro a doverla fare. Tra questi Karol Linetty per quella palla data a caso all’indietro, Adam Masina per il modo imbarazzante con cui è andato su quel pallone destinato in porta. Ma non solo loro devono essere chiamati in causa: la squadra vista all’Olimpico non era degna di chiamarsi Toro perché priva di spina dorsale e di senso logico. La vittoria sporca ottenuta contro il Como non poteva nascondere la polvere sotto il tappeto. L’infortunio di Zapata ha sortito l’effetto opposto per la reazione nervosa totalmente mancata: la squadra è implosa su sé stessa e nessuno ha la personalità di farsi avanti e prendere in mano la situazione. L’esatto opposto di quello che chiedeva Vanoli. Non inganni la classifica ancora decorosa, dopo dieci partite la sensazione è che il Torino ne abbia giocato bene solo due (contro Milan e Atalanta, le primissime) trovando la maggior parte dei suoi punti per circostanze fortunose e per le parate del portiere. E a proposito del titolo dell’articolo, naturalmente, qualche domanda se la deve fare pure chi ha costruito questa squadra, rimpiazzando Bellanova con Pedersen, Buongiorno con Coco, Maripan e Walukiewicz, Rodriguez con il solo Masina. Così nasce un’annata che non può avere obiettivi al di fuori della salvezza