columnist

Il “Mondo” in due parole: l’arte di non arrendersi mai

Il “Mondo” in due parole: l’arte di non arrendersi mai - immagine 1
Il Granata della Porta Accanto / Da giocatore poteva diventare il nuovo Meroni, ma evidentemente non era quello il modo che il destino aveva scelto per farlo entrare nella storia del Toro
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Chi di noi tifosi del Toro vive a Torino inevitabilmente, quasi ogni giorno, si ritrova almeno una volta ad alzare lo sguardo verso Superga. La figura imponente della basilica si scorge da mille punti della città, praticamente ovunque si abbia un po' di spazio tra le case e i palazzi rivolgendo la testa verso est. C'erano le nuvole basse e scure giovedì mattina e, sebbene non piovesse, l’immagine di Superga ricordava molto quella cupa e minacciosa che tante volte abbiamo rivisto da quel maledetto 4 maggio del ’49. Non so se fosse un segno del destino o una mera suggestione a posteriori legata alla notizia della scomparsa di Emiliano Mondonico, ma l'inquietudine che trasmetteva il colle quella mattina è stata la stessa che assieme a tristezza e malinconia si è impossessata del nostro cuore nel momento in cui ci ha abbandonato uno dei simboli più fulgidi del Toro moderno.

Avrei voluto parlare in questo pezzo dell'attuale situazione del Torino FC, intrisa di rabbia e rassegnazione per l'ennesima stagione sprecata e l'ennesima speranza disattesa di rivedere un Toro forte e competitivo, ero già pronto a mettere nero su bianco tutta la delusione della realtà attuale, ma poi è arrivata questa triste notizia e la forza dei ricordi unita alla voglia di celebrare quest’uomo che tanto ha dato all’AC Torino ha preso il sopravvento su tutto il resto.

Per chi come me è nato nel periodo dello scudetto del ’76 e non ne serba (purtroppo) ricordo alcuno, è il Toro di Mondonico, quello della finale Uefa del ’92, il vero punto di riferimento quando il discorso cade sull'argomento “squadra veramente forte”. Ricordava con amarezza in una recente intervista, Emiliano, che quella stagione insieme al presidente Borsano stavano già programmando di rinforzare ulteriormente la rosa per lottare per lo scudetto in quella successiva. Nelle sue parole traspariva chiaramente il rammarico di ciò che sarebbe potuto essere e che la storia extracalcistica (Tangentopoli…) impedì che si realizzasse. Non era un innovatore come Radice, il Mondo, ma  un classico allenatore all'italiana fedele al motto “primo, non prenderle”, tanto che il suo Torino, pur infarcito di campioni, trasudava granatismo da tutti i pori e la grinta in quella squadra, caso più unico che raro, era direttamente proporzionale alla classe. Nel nostro delirio di onnipotenza tipico dell'età giovanile per tanti di noi, nel momento in cui la vivemmo, Amsterdam ci sembrò solo una tappa e non un evento epocale perché eravamo davvero convinti che giocare in Europa e primeggiare in Italia sarebbe stata una piacevole costante da lì in avanti.

Quanto ci sbagliavamo…

Ancora oggi invece ricordiamo quel Toro come uno dei più forti di sempre e sicuramente il più forte degli ultimi 40 anni. Mondonico ne era il generale, rispettato e seguito dai suoi, osannato dai tifosi, sebbene non mancassero i detrattori che gli imputavano l'incapacità di far ragionare e far giocare quella squadra da grande squadra. Ma Mondonico era così, un tipo ruspante: lo sguardo furbetto, il tono quasi dimesso che faceva a pugni coi concetti sempre taglienti che sapeva esprimere, gli indiani contro i cowboy, il pane e salame, l'intelligenza sempre al limite della furbizia, i rapporti senza fronzoli e molto diretti coi giocatori, la capacità innata di “leggere” le persone che aveva davanti. Da giocatore era stato genio e sregolatezza quasi all'opposto di come sarebbe stata la sua figura di allenatore: poteva diventare un nuovo Meroni ,ma, evidentemente, non era quello il modo che gli aveva riservato il destino per entrare nella storia del Toro. Ad oggi resta l'ultimo allenatore ad aver vinto qualcosa sedendosi sulla panchina granata.

Quella sedia alzata al cielo nella maledetta serata di Amsterdam è l'icona della continua lotta contro il fato che poco da' e tanto toglie, un'immagine talmente unica e genuina che descrive perfettamente l'essenza dell'uomo/allenatore Mondonico. Ci mancherà un mondo il Mondo, ma suppongo che sarà lui il primo a fare il tifo perché arrivi un altro Mondonico a segnare una nuova epoca dorata per il Toro e una nuova epica battaglia contro il fato: un nuovo maestro della nobile arte del non arrendersi mai, proprio come lo è stato il Mondo. E solo il cielo sa quanto ne avremmo bisogno...

Da tempo opinionista di Toro News, dò voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.

tutte le notizie di