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GRANTA DALL'EUROPA

Il pezzo mancante

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Torna un nuovo appuntamento con “Granata dall’Europa“, la rubrica di Michele Cercone

Per troppi anni il Toro è stato vittima della sindrome da coperta corta. Una lunga serie di mercati solo parziali e spesso basati su prestiti con diritto di ''non riscatto'' hanno minato le possibilità di costruire un progetto vincente. A turno, zone cruciali del campo si sono trovate scoperte e prive della qualità indispensabile per crescere. Quando c'era l'attaccante non c'era chi lo rifornisse di palloni giocabili, quando si è assemblata una difesa solida mancava la fase di costruzione. Persino il buon Toro di Mazzarri, che aveva trovato la quadra in difesa e in cui giocava un portiere fuoriclasse, è stato zavorrato da un centrocampo non all'altezza. Altra conseguenza nefasta della sindrome da coperta corta è stata la costante mancanza di ricambi e l'estrema leggerezza delle nostre panchine. L'ampia maggioranza dei giovani su cui si è scommesso ha fallito il test, mentre la politica al risparmio dell'usato sicuro si è tradotta piuttosto in un serie di ''bolliti a fine corsa'' il cui contributo alla causa è stato davvero minimo. Si aggiunga che gli investimenti più onerosi sono stati non proprio azzeccati (qualche esempio: 22 milioni per Verdi, 14 milioni per Zaza, 12 milioni per Niang e 11,5 per Meite) e hanno piombato le casse societarie per gli anni successivi.

Dall'arrivo di Juric sembra essersi prodotto un cambiamento di atteggiamento da parte della società. Non solo si è abbandonata la politica dei prestiti, ma si è anche fatta la scelta di puntare su giocatori già in rampa di lancio come Ricci, Ilic e Schuurs, investendo cifre considerevoli. I risultati di questa nuova filosofia sono sotto gli occhi di tutti: la squadra, pur tra fisiologici alti e bassi, continua a crescere e a diventare più solida. Ad accelerarne la crescita e a renderla più consistente è stato l'arrivo di un pezzo pregiato come Duvàn Zapata, che è stato il catalizzatore di un processo che senza di lui avrebbe necessitato di molto più tempo. Dopo un inizio balbettante, e dopo che il mister ha avuto l'intelligenza di mettere in discussione alcune sue convinzioni, il Toro sembra aver intrapreso un percorso nuovo e promettente. Col passare delle gare si è visto sempre più chiaramente come l'innesto di Zapata abbia improvvisamente aiutato a sistemare tasselli che prima sembravano non coincidere. La sua capacità di cercare e tenere palla sui lanci di Milinkovic o della difesa da' più tempo ai centrocampisti per posizionarsi in fase d'attacco o per aggredire alti nella fase di recupero. Il suo apporto da veterano scafato è cruciale nei minuti finali delle partite. Sanabria, liberato dal compito di fare sempre a sportellate con i centrali, si muove più efficacemente e svaria anche in fase di costruzione, aprendo più spazi sulle corsie laterali. Il valore aggiunto di Zapata si vede anche in difesa, dove la sua fisicità sta aiutando a trovare maggiore solidità sui calci piazzati. Del suo fiuto del gol, poi, parla la classifica dei marcatori del Toro. Del suo essere una splendida persona, parlano le sue lacrime oneste.

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Restano ancora tante cose da sistemare in questa formazione, che è lontana dall'essere ben assemblata, ma l'arrivo di Zapata ha portato un'aria nuova, di cui hanno beneficiato tutti, Juric per primo. Attorno a quello che è stato per anni il pezzo mancante, si puo' adesso costruire un progetto vero, affinando gli ottimi potenziali che già ci sono, completando la squadra nei ruoli ancora scoperti, e creando una vera rosa di sedici giocatori. Per come orientarsi nelle scelte dei futuri giocatori del Toro, citofonare Duvàn.

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