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Il Toro che tace, e quello che dice

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Sotto le Granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: “Si può pareggiare e non fare neanche un punto? Forse sì”
Maria Grazia Nemour

A mia madre ho detto che domenica abbiamo pareggiato.

Mi è uscita così, trasparente, come solo le bugie vere sanno esserlo. Non credo che andrà a guardare i risultati dopo la prima giornata, dunque non dovrò argomentare perché al Toro manchi un punto.

Domenica ho sudato per due ore guardando la partita, io, meritavo un pareggio. E sudando pensavo: caspita quanto sento la tensione della sfida con la Roma!

Ma forse non era tutta ansia, i 31 gradi di Torino hanno contribuito un tantino. Domenica d’agosto, che caldo fa. Già, perché io l’abbonamento ce l’ho faccia al sole. Un posto che peraltro ho avuto senza stare a dire se sono femmina o maschio. Cosa che non sembra così scontata a Roma, a quanto pare. Se sei femmina, su, vedi di andare su, ti puoi mettere dall’undicesima fila in su.  O almeno così c’è scritto su un  volantino – che quasi fa tenerezza, se uno si sofferma a pensare alle manine pelose degli autori – distribuito nella curva nord della Lazio, dove alcuni tifosi-guerrieri hanno rivendicato la curva calda al solo genere maschile. Immagino per problemi di virilità a condividere spazio fisico con le donne. Forse per confidarsi, in un clima intimo di soli uomini,problemi di prostata. Non so. Ma d’altra parte parliamo della curva che osannò in uno striscione la tigre Arkan, quella che poi venne divorata, a morsi di ironia, dal gatto Silvestro della rispostagranata. Questo sì, che è il mio grande Toro.

Comunque, domenica, durante la sauna me lo chiedevo: sentiamo proprio la necessità di inaugurare il campionato la settimana di ferragosto (quando sono tutti in vacanza, tutti tranne quelli che abitano nei palazzi intorno allo stadio, e non trovi parcheggio, come sempre)? Lo sentiamo noi tifosi questo bisogno? I giocatori? Mah, forse solo quelli che gestiscono il business degli ascolti, lo sentono. Quelli che ad agosto ci fanno giocare alle sei, ma poi a dicembre la partita la incastrano alle nove di sera, che sul Po ti brina il naso. Il tifoso bisogna temprarlo. Soprattutto quello granata.

Inizia la partita e io inizio a commentare che Lollo è un buon soldato, magari non lo scambi per Cafu, ma è uno che non si tira indietro e il suo lavoro lo fa sempre. Un quarto d’ora e lo abbattono, è fuori.

Sposto l’attenzione su Izzo e inizio a dire che non cede erba a nessuno, che è preciso. Mi piace. Abbattono anche lui, fuori. Ok, evito i complimenti ai nostri, porto evidentemente sfiga.

I nostri. Mi ci va un po’ di concentrazione a riconoscere i nostri, perché i recenti fuochi artificiali di Cairo mi hanno lasciato una certa confusione negli occhi. Zaza, Djidji, Ola, Soriano che non è un gatto. Sembra il calcio mercato fatto con i personaggi di una favola, speriamo ci riservi una trama avventurosa e un lieto fine, questa favola.

Ok, Meitè a centrocampo lo individuo subito, una montagna nera col 23. Breimer, 36. E poi il 6, ok, Soriano è il 6. E il 34 che sostituisce De Silvestri? Ola, Aina Ola. Gli altri numeri invece si muovono tutti come sempre. Anche il 14. Sappiamo bene chi è e dove trovarlo, il 14.

Ha parlato troppo, il 14, dopo la partita?

A volte capita, ad esempio quando la passione incalza la ragione. E se è stato per passione, be’, quella fa sempre molto Toro. E io, il 14, spero di individuarlo sempre in campo.

E Mazzarri, ha parlato troppo durante la partita? Sembrerebbe di sì (ma…Pioli, l’altr’anno, non era entrato in campo agitando le braccia e invocando la VAR per verificare il rigore? Ma…Pioli, l’altr’anno, perché poi è ritornato a sedere sulla sua comoda panchina? Esistono regole che tutti applicano allo stesso modo o la prima regola è che l’arbitraggio è discrezionale, e non se ne parli più?).

E Petrachi, ha parlato troppo dopo la partita? A me sembra di no.

Spesso tacere è segno di stile, e a qualcuno fa difetto, qualcuno che non riesce a tacere neanche nel minuto di silenzio prima della partita mentre col pensiero siamo tutti in equilibrio precario sul ponte di Genova.

Ma lo stile è anche garbata ma ferma rivendicazione dei torti subiti: non urlo, ma c’è un problema, e voglio essere ascoltato. Il Toro ha taciuto davvero troppo negli ultimi anni, mi sembra doveroso iniziare a rilevare che le coincidenze arbitrali sonotroppo spesso a nostro sfavore. Non tacciamo se De Silvestri è uscito non per un cambio di strategia di Mazzarri ma per un intervento falloso non fischiato, se è stato notato l’alluce in fuorigioco di Aina ma poi nessuna telecamera ha inquadrato un movimento che poteva essere motivo di rigore, se abbiamo dovuto sorbirci il party romano con lo spogliarellista sotto lo spicchio ospite per minuti e minuti, senza poterli giocare e farli diventare un pareggio, quei minuti.

Che si parli del Toro che sbuffa dalle narici e non abbassa lo sguardo, rivendica quello che è giusto. Sempre, al di là di chi sia l’avversario. Che si parli del Toro di più. Magari proprio su Di Più. Dappertutto.

Si può pareggiare e non fare neanche un punto?

Forse sì. Ricominciamo a giocare da qui, contro l’Inter. Abbiamo bisogno di punti veri.

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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