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columnist
“Nell’esercizio anche del più umile dei
mestieri lo stile è un fatto decisivo”.
Heinrich Boll
Molti tifosi granata sono arrabbiati. Molti tifosi granata sono tristi. Molti tifosi granata sono increduli. Quasi mai parlo delle vicende del Toro, su queste colonne ad altri è deputato tale compito per ragioni di competenza e di tifo, ma qualcosa ha destato talmente la mia attenzione, da non potere fare a meno di parlarne. Perché va a toccare il significato di cosa voglia dire oggi essere professionisti nel mondo del calcio. In qualsiasi ruolo in esso si venga coinvolti. Nella vicenda di Nicolas Nkoulou è veramente difficile immaginare cosa sia successo, ed è altrettanto difficile che la verità sull’accaduto venga mai alla luce. Ma due considerazioni, a mio modesto parere, si possono fare con ragionevole certezza sulla loro veridicità. Un giocatore importante come Nkoulou, indiscutibilmente perno della difesa granata, ha ammesso candidamente di aver giocato la partita forse più importante della stagione del Toro, quella contro i Wolves, con forti problemi di concentrazione derivanti dalle pressanti voci di mercato che lo riguarderebbero. Per questa ragione in un’altra importante partita della stagione(la prima partita di campionato è sempre delicata e fondamentale per tutti gli umori di un ambiente), ha addirittura pregato il suo allenatore di non portarlo nemmeno in panchina.
Una partita, quella con il Sassuolo, venuta dopo una sconfitta, subita anche per gravi errori difensivi del giocatore camerunense, che ha avuto il potere di depauperare tutto l’entusiasmo che l’ambiente torinista aveva ricevuto dopo l’inaspettata qualificazione in Europa League. Date queste premesse, la prima considerazione da fare riguarda Mazzarri: come ha potuto, un allenatore professionista con la sua esperienza, non accorgersi del malessere che stava montando nella testa di uno dei suoi giocatori migliori? Quando si fanno le polemiche sulle formazioni schierate si dice sempre, giustamente, come nessuno conosca meglio dell’allenatore la condizione reale dei suoi giocatori. Egli li vede ogni giorno in allenamento, e con loro parla ogni giorno. Possibile che l’allenatore toscano non si sia accorto del problema Nkoulou? Se volessimo credere alla buonafede di Mazzari, ed io ci voglio credere, siamo di fronte ad una topica professionale di estrema gravità. Questo perché un allenatore, che ha la totale responsabilità su tutti i suoi giocatori ed anche per questo viene ben remunerato, non può accampare molte scuse per non essersi accorto della “distrazione” del suo difensore centrale. A voler essere eccessivamente severi, lo ammetto, a mio parere l’allenatore non ha nessuna scusa. Un allenatore professionista, in un calcio contemporaneo diventato sempre più complesso e coacervo di molteplici interessi, non ha come solo compito quello di preparare fisicamente e tecnicamente una squadra, ma deve essere attento agl’umori che improvvisamente cambiano. Mazzarri, se è in buona fede, si è letteralmente distratto su una situazione di malessere, quella di Nkoulou, così importante per le vicende della squadra da lui diretta. Una distrazione costata la sconfitta contro gli inglesi, e che probabilmente sancirà una dolorosa eliminazione da una coppa europea tanto sognata e tanto rincorsa nell’ultima stagione appena trascorsa. Siamo di fronte, per il Torino, ad un danno d’immagine e ad un danno economico di proporzioni non trascurabili.
Posso assicurare che in altri ambiti lavorativi della stessa levatura e importanza del calcio, il tecnico toscano ne avrebbe pagato una qualche conseguenza. Questo perché, come è scritto, “a chi molto sarà dato, molto sarà chiesto”. La seconda considerazione da fare riguarda la struttura societaria del Torino Calcio, squadra di punta e storicamente tra le più prestigiose di una delle più importanti leghe calcistiche del mondo. Una squadra con un bacino d’utenza, cioè i suoi tifosi, che ha tutto il diritto di non vedere i suoi colori fare la figura di una qualunque “provinciale” del calcio italiano, e sia detto con tutto il rispetto per le provinciali. Una squadra importante non può in nessun modo finire in ostaggio delle manovre di un giocatore e del suo procuratore, non può permettere nemmeno l’idea ipotetica che un suo giocatore possa compiere delle prestazioni mediocri con il chiaro intento di favorire una suo approdo ad altri lidi. Se pensiamo a come l’Inter sta gestendo il caso Icardi, possiamo avere un quadro di come una società si riappropri con decisione di spazi che competono a lei, e solo a lei. E non importa quale sia il prezzo da pagare, sia in termini economici che in termini di consenso, perché al mondo deve essere chiara l’esistenza di una linea di confine che non può e non deve essere valicata. Vorrei essere molto chiaro su questo: se Nkoulou vuole essere ceduto, dovrà essere ceduto alle condizioni ritenute opportune dal Torino. Non potranno e non dovranno esserci sconti su questo. Chi si occupa di mercato per la società granata(ammetto di non sapere chi sia o chi siano), dovrà agire perché il Toro, come squadra, non riceva un grave danno da questa incresciosa situazione.
https://www.toronews.net/calcio-mercato/torino-fuori-nkoulou-ha-chiesto-lui-di-non-scendere-in-campo/
Questo è uno di quei momenti in cui una società di calcio deve far vedere al mondo quanto è forte. E non si è forti, badate bene, se si hanno molti soldi; si è forti quando si è veramente in grado di difendere gli interessi della società al meglio. Al momento il Torino ha dirigenti capaci di ciò? A questa domanda, per la non conoscenza adeguata dell’ambiente granata, non so rispondere. Sono certo, però, che i tifosi abbiano molto chiara la situazione. E i tifosi devono pretendere da Urbano Cairo delle reazioni e decisioni adeguate sul caso Nkoulou. Perché una delle ragioni più importanti della quasi certa eliminazione del Toro dalla Europa League, risiedono proprio in una difesa che giovedì sera ha incassato tre reti. Una difesa, oggi sappiamo, guidata da un uomo confuso dal mercato, cioè dai suoi interessi personali. In questo tempo senza “storia”, ormai la quasi totalità dei giocatori hanno perso la cognizione di cosa significhi rappresentare una squadra di calcio. L’uomo contemporaneo, quindi anche il giocatore, non ha più memoria e il suo presente ha smesso di intrecciarsi con il passato, creando di fatto una condizione di un “presente eterno”. E in un “presente eterno” l’unica relazione esistente tra il nostro “io” e il mondo è solo il denaro. Il rispetto di un’identità, la parola data, la correttezza, l’essere consci di avere un ruolo, evaporano di fronte ad ogni tipo di rapporto o legame ormai regolato solo dal denaro. Dobbiamo qui dire, senza fingimenti o reticenze, che anche i collaboratori di Urbano Cairo si sono dimostrati non all’altezza della situazione. Essi, sapendo come i giocatori migliori siano costantemente monitorati(anche sottobanco) dalle sirene del mercato, dovevano attuare tutta una serie di manovre preventive per impedire fosse messo in scena uno spettacolo così sgangherato. Se i granata volevano tenersi a tutti costi Nkoulou, forse dovevano muoversi per una proposta di rinnovo contrattuale così soddisfacente a livello economico, da far venire allo scoperto il giocatore camerunense prima dei guai da lui commessi contro i Wolwes. Magari il difensore sarebbe persino rimasto soddisfatto dalla proposta di rinnovo, e oggi non si parlerebbe di un caso Nkoulou.
Bisogna dirlo con chiarezza: se il presidente Cairo e i suoi collaboratori sono in buona fede, cioè se non volevano mettere assolutamente in agenda una eventuale cessione di Nkoulou, allora ci troviamo di fronte a personaggi totalmente inadeguati a lavorare a certi livelli nella Serie A e per una società importante come il Torino. La valutazione non cambia se quello a cui si sta assistendo è semplicemente un teatrino per far digerire ai tifosi una dipartita verso altri lidi del difensore più forte della squadra. Bastava ammettere, alla luce del sole, che per il bene economico del Torino questa cessione andava fatta, evitando di esporre la società al ridicolo. In conclusione, questa triste vicenda mette ancora una volta in risalto come il calcio sovente non riesca a mettere in una relazione credibile i tanti soldi guadagnati dai suoi operatori con il loro tasso di professionalità. Comunque questa storia finisca, non finirà bene e, per tutte la serie di ragioni che ho adotto, lascerà sospesa nell’aria due fondamentali domande: cosa realmente vuole fare Urbano Cairo con il Torino? E’ questo attuale, per la squadra da lui presieduta, il “range” massimo al quale egli aspira? Forse la risposta a queste due domande verrà data attraverso la gestione del caso Nicolas Nkoulou. Poi saranno i tifosi, giustamente, a dover dare l’ardua sentenza.
Di Anthony Weatherill
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
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