Non ci piove che ogni tifoseria abbia la sua buona dose di rituali e scaramanzie da compiere prima della partita. A volte è solo un gesto compiuto senza pensarci troppo, altre volte è un atto che si carica di una valenza mistico-simbolica pregnante e contagiosa, ai limiti dell’ossessione. Tomas Rosicky, capitano del team della Repubblica Ceca, smise di cantare l’inno nazionale perché si accorse che la sua squadra, dopo averlo cantato, perdeva ogni volta. Bruno Pesaola, invece, doveva sempre ascoltare il suo disco preferito prima di ogni match, pena la perdizione. Una volta, accortosi di averlo dimenticato a casa, percorse più di 500 km per andare a recuperarlo. Questi sono casi eccentrici ed estremi, se vogliamo, che però hanno il merito di confermare quanto il legame tra calcio e scaramanzia sia sempre stato forte se non necessario.
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Il Toro e la scaramanzia di Piazza San Carlo
E parlando di calcio granata, avete mai fatto caso alla pavimentazione di Piazza San Carlo? Inutile dire che il "Salotto di Torino" è una delle piazze più importanti del capoluogo piemontese. Ed è nota per una peculiarità che un tifoso granata non si sarà certo fatto sfuggire. Di cosa stiamo parlando? Del Toro rampante di bronzo, naturalmente.
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L'immagine fu collocata nella piazza nel 1930 ed è da allora protagonista di un piccolo rituale scaramantico particolarmente curioso. Prima di spiegarvi di che si tratta, è doveroso fare qualche passo indietro nel tempo. Siamo nei primi anni quaranta. Il Grande Torino ha già dimostrato di meritarsi appieno il titolo di "leggenda". All'interno della sua tifoseria, vuoi per caso vuoi per celia vuoi per superstizione, comincia a diventare un'abitudine un piccolo rito da rispettare ogni volta che gli Invincibili giocano in casa. Sul lastricato del portico edificato di fronte al Caffè Torino è la sagoma del toro rampante. La figura è bellissima, fiera, indomita e consapevole di esserlo. Il metallo dorato di cui è fatta conferisce alle sue fattezze un fascino sprezzante e dignitoso insieme.
Essendo un toro in posizione rampante, quindi pronto a fronteggiare i nemici in battaglia e a dare prova del suo intrepido furore, non poteva non essere raffigurato con i suoi attributi in bella vista. Il caso volle che proprio tali attributi furono l'esca che convinse i tifosi a innescare un rituale propiziatorio prima di ogni partita. Il rituale consisteva nel calpestare gli attributi del toro. Era un modo ilare e innocente di mandare un messaggio di incoraggiamento alla propria squadra del cuore, sedotti dall'idea che attributi così vistosi potessero trasferire automaticamente il potere dell'augurio nelle fibre dei giocatori.
Il gesto divenne talmente popolare che i torinisti si dedicarono al calpestio anche nelle partite che il Toro avrebbe giocato in trasferta. L'importante, si diceva, era che si pensasse ai giocatori e si proiettasse mentalmente la loro vittoria, dandola quasi per scontata. Il rituale veniva condotto con estremo riserbo, atteggiamento tipico dei piemontesi, e si tramandò di generazione in generazione continuando ancora oggi ad attrarre le simpatie dei turisti più sprovveduti.
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Non è un caso, infatti, che dalla tradizione del calpestio ne sia nata un'altra, vale a dire quella di osservare, seduti al tavolo del Caffè Torino, tutti coloro che decidono di calpestare gli attributi del toro non solo per augurare ai granata una stagione di trionfi, ma anche per attirare a sé un po' di fortuna.
Una domanda è d’obbligo, cari lettori di Toro News. Almeno una volta prima di una partita, oppure a caso nel corso di una delle vostre passeggiate per il porticato di piazza San Carlo, vi è mai capitato di compiere il medesimo rituale?
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