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Il Toro in scivolata

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Sotto le Granate / Torna la rubrica di Maria Grazia Nemour: "Domenica ho dovuto aspettare fino all’ultimo quarto d’ora per togliermela, la fame. E mi ha saziata qualcuno che non avrei mai scelto nel mio menù granata: Zaza"
Maria Grazia Nemour

Domenica avevo i crampi, era proprio fame.

Sarà che sono andata al bar a vedere la partita contro il Chievo a piedi, una sorta di pellegrinaggio pro-Toro volto ad aumentare la temperatura in campo, ma soprattutto a stimolare l’appetito di punti.

Col Toro è da un po’ che sto a stecchetto. Dieta di emozioni.

Domenica ho dovuto aspettare fino all’ultimo quarto d’ora per togliermela, la fame. E mi ha saziata qualcuno che non avrei mai scelto nel mio menù granata: Zaza.

No, non coltivo alcuna simpatia nei suoi confronti, il diserbante del ricordo di quelle quattro dita piazzate sotto il naso esterrefatto di Ichazo al derby non mi ha permesso il fiorire di alcun entusiasmo al suo arrivo. Poi è vero che col tempo gli avvenimenti ingialliscono ai bordi, e allora rimane solo il fatto che siamo tutti fratelli, o tutti in vendita, dipende dalla filosofia di vita sposata. Comunque, proprio per questa distanza con cui ho vissuto l’arrivo di Zaza al Toro, domenica, la sorpresa è stata ancora più grande: mi sono riconosciuta nella sua fame quando è entrato in campo.

Giuro, aveva i miei stessi spasmi allo stomaco la sua volontà di andarsi a cercare la palla in mezzo all’area, padroneggiarla e indirizzarla a Ola. Era bagnato di bava alla bocca il suo tentativo di finalizzare un calcio d’angolo con un colpo di testa verso la rete, la sua gamba che non si sposta davanti all’avversario e la scivolata di chi entra all’ultimo soffio nel momento topico, in accelerata. Scivola perché è in ritardo, certo. E forse questo è il nostro attuale problema: siamo in ritardo, fisicamente e mentalmente. Entriamo in campo in ritardo – paghiamo addirittura una multa per questo – e la gamba scivola perché il pensiero non è pronto. È in ritardo anche lui.

Ma ben venga anche un gol in scivolata, nessun sofisma sul tempismo della vittoria. Un Toro testuggine che si avventa con tempi preistorici su un Chievo bradipo, benissimo. L’importante è che il Toro mangi.

All’88esimo, saltando dalla sedia, ho iniziato a chiedermelo. Da dove viene quella fame di Zaza?

Sarà l’effetto delle parole caustiche spese da Mazzarri prima della partita?

Zaza avrà voluto dimostrargli di saper rispondere alle richieste del gruppo prima di quelle individuali?

È stufo di veder la partita a un metro da terra, seduto in panchina?

Moto di orgoglio?

Timida e balbettante la domanda che amerei tanto centrasse il perché: Zaza, è un uomo dalla fame-Toro?

Non voglio né infondere nelle mie viscere false illusioni, né pensare che un uomo sia solo quello che è stato.

Credo che la vita metta sul piatto sempre nuove occasioni e mi auguro che Zaza abbia la fame giusta per allungare una zampata e divorarsele, quelle che trova al Toro, di occasioni. Ho sperato per anni che Ljajic trovasse a Torino il modo di sfamare se stesso, sfamando noi, ma è stato un pasto di insoddisfazioni. Forse Adem ha provato a cercarsi il piglio-Toro dentro, ma ha trovato solo un buco nello stomaco, una fame irrisolta.

Forse, bisognava aspettare la fame di Zaza? Vedremo, è presto per dirlo.

Comunque, tra tanti ma e forse, contro il Chievo abbiamo avuto il dolce a fine partita: Iago Falque entra, ed è subito Toro.

E ora, cos’è ‘sto languorino? Ah già, venerdì Frosinone!

Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.

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