- Calciomercato
- Prima Squadra
- Giovanili
- TN Radio
- Interviste
- Mondo Granata
- Italia Granata
- Campionato
- Altre News
- Forum
- Redazione TORONEWS
columnist
Si vince, si perde, si pareggia. Questo è il calcio, questa è la vita. Spesso, però, a dispetto del comune detto del mondo del pallone "il risultato è tutto", è proprio ciò che c'è dietro al risultato in sè ad essere molto più illuminante sullo stato dell'arte di una squadra. E allora una sconfitta del Torino con conseguente eliminazione dalla Coppa Italia contro la Fiorentina è fastidiosa e bruciante perchè avviene in casa e perchè estromette gli uomini di Mazzarri dal cammino nella coppa nazionale nella quale, a parole, sembravano volessero ben figurare, ma tutto sommato è anche accettabile per il valore dell'avversario e per gli errori individuali che ne sono stati la causa. Ciò che invece ha lasciato l'amaro in bocca ai tifosi è stato constatare crudamente due cose, per la verità già da tempo intuite: la squadra ha grossi limiti nella costruzione del gioco quando "deve fare la partita" giacchè è concepita più per rompere le trame avversarie e per subire il meno possibile piuttosto che per produrre una sua mole di gioco offensiva. Le squadre di Mazzarri, d'altronde si sapeva, tendono ad essere molto pragmatiche ad immagine e somiglianza del proprio allenatore, uomo granitico non molto incline a fronzoli e ricami.
Il che è un'ottima cosa perché permette al collettivo di avere un'identità precisa e ai giocatori di sapere sempre come muoversi in campo per reggere l'urto avversario senza perdere certezze e distanze, soprattutto quando si gioca contro squadre di livello superiore che tendono ad imporre il proprio gioco ed il proprio tasso tecnico. Come tutte le strategie, però, anche questa ha un rovescio della medaglia che comprensibilmente emerge maggiormente quando si affrontano formazioni di rango inferiore oppure quando si tratta di recuperare uno svantaggio durante il corso di una gara. Il secondo aspetto emerso contro i viola è la palese mancanza di giocatori di talento e fantasia che sappiano trovare la giocata giusta e siano anche bravi sui calci piazzati per "spaccare" la partita quando regna un equilibrio pressoché totale. E' un discorso trito e ritrito, a più riprese accennato sin da quando è stato ceduto Ljajic che, guarda caso, era proprio quel tipo di giocatore che, in effetti, sia in molte partite dell'anno scorso che a Milano con l'Inter quest'anno, aveva dato l'idea di poter essere l'arma in più del Toro in situazioni critiche. Ora, siccome so che molti tifosi ce l'hanno con il trequartista serbo per la sua discontinuità, per il suo passato, per il suo carattere, per certi suoi atteggiamenti esecrabili dentro e fuori dal campo, non insisterò a dire che è lui che manca al Toro, ma non mi posso certo esimere dal dire che è proprio un giocatore con le sue caratteristiche tecniche che al momento manca come l'ossigeno a questa rosa.
Ne trovassimo uno che fosse anche un bravo ragazzo e pure cuore Toro sarei la persona più felice del pianeta, ma siccome non è così semplice reperire questo profilo ad un costo accettabile per le casse del Torino, continuo a chiedermi perché si sia deciso di privarsi del migliore che potessimo avere.
Incompatibilità con il credo di Mazzarri? Possibile, certo, ma quale allenatore rinuncia ai piedi buoni se non ha alternative dello stesso livello? Incompatibilità con lo spogliatoio? Chissà... Mi sarebbe piaciuto essere una mosca per poterlo constatare con i miei occhi: magari non sarà stato il compagno più simpatico con cui andare a mangiare una pizza o fare due chiacchiere sotto la doccia, ma è così importante visto che sono tutti professionisti come amano sbandierare al momento di cambiare casacca e cercare un contratto migliore?
Quale futuro da qui a fine maggio si prospetta per Belotti e compagni, quindi? A mio parere, non penso che l'impostazione generale data da Mazzarri sia da cambiare in toto, perché i pro, seppur di poco, superano i contro, però è chiaro che l'allenatore toscano dovrà rivedere qualcosa se vuole raggiungere un posto in Europa League. Ha chiesto una rosa ristretta, ma gli infortuni e le squalifiche dell'ultimo periodo hanno dimostrato quanto sia rischioso nel calcio di oggi non avere almeno due alternative per ognuno degli 11 posti disponibili tra i titolari. Si gioca in 14 come ama ripetere, ma in realtà per raggiungere obiettivi di lungo termine si deve giocare in 20-22 come anche la gestione deficitaria in questo senso di Sarri al Napoli ha dimostrato nel recente passato. A Roma il Toro non avrà centrocampisti di ruolo in campo, eccezion fatta per Rincon: per una partita è un'emergenza grave ma tollerabile al netto di tutto. Diverso è però avere come ricorrente il rischio che ciò possa capitare nuovamente. Sul fantasista invece penso che Mazzarri debba fare un passo indietro e riconoscere che senza un elemento del genere non si possa andare oltre l'ottavo posto. Va bene essere aziendalisti e non voler forzare la mano di Cairo per nuovi acquisti, ma è talmente palese la carenza strutturale di questa rosa in relazione all'obiettivo voluto che non intervenire sul mercato sarebbe davvero grave, in considerazione anche del fatto che Parma, Sampdoria e altre dirette concorrenti nel frattempo si stanno rinforzando in maniera mirata.
La ricetta è semplice: più fantasia in squadra, per riaccendere anche quella dei tifosi...
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.
© RIPRODUZIONE RISERVATA