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Il Toro si è fermato al rosso a Baselli

Il Toro si è fermato al rosso a Baselli - immagine 1
Il Granata della Porta Accanto / Come in un fermo immagine, col Verona va schiacciato il tasto play per ripartire: il derby non deve influire negativamente
Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 

Domenica 6 settembre 1981, il Torino vinse 1-0 il derby giocato nell'ambito del girone eliminatorio della Coppa Italia di quella stagione: la rete di Dossena permise alla formazione guidata da Giacomini, infarcita di "ragazzi del Filadelfia", di eliminare la Juventus di Trapattoni i cui giocatori costituivano l'ossatura della nazionale che avrebbe trionfato al Mundial di Espana '82. Trentasette anni dopo, la partita di sabato ha certificato che una cosa del genere sarebbe impensabile potesse nuovamente accadere. E' cambiato il calcio, è cambiato il Torino e, spiace dirlo, sono cambiati anche i suoi tifosi.

Tutti ci siamo sentiti umiliati e mortificati da una sconfitta tanto enorme nel punteggio quanto netta nel suo svolgimento, ma la maggior parte delle più feroci critiche che ho sentito a mio parere sono state esagerate specialmente alla luce del fatto che la partita, di fatto, è durata venti minuti: dall'espulsione di Baselli nessun giudizio può avere una valenza assoluta perchè andrebbe parametrato alla condizione di inferiorità numerica dei restanti tre quarti di partita (giocati, per la cronaca, già sotto di un gol in casa di una squadra che nelle ultime quaranta partite casalinghe di campionato ne ha vinte trentotto…). Insomma, a me sta tutto bene, ma già solo fare le pagelle di una partita del genere è un puro esercizio stilistico. È chiaro che il giudizio complessivo sul derby non può che essere negativo, ma la sciocchezza di Baselli ha tolto ogni possibilità di classificare questa partita secondo criteri canonici e “normali”: sarebbe come voler valutare la gara di un centometrista che corre con le mani legate dietro la schiena nella corsia a fianco a quella di Usain Bolt. Va accettato il fatto che il momento dell'espulsione ha stoppato la partita (ed il campionato) del Toro è che i seguenti 75 minuti sono stati giocati in uno stato di “sospensione virtuale”: non valgono ai fini di qualsivoglia analisi o polemica gratuita. Perché le polemiche non sono mancate: come ad esempio quella sull'atteggiamento tattico troppo sfrontato con cui è sceso in campo il Toro e quella sulle dichiarazioni roboanti di Mihajlović prima della partita. Nel primo caso mi sento di dire che il Torino dal finale della scorsa stagione ha intrapreso la strada del 4231, modulo che, dati alla mano, ha portato parecchi punti in saccoccia. Si può a priori discutere sulla bontà o meno di questa sistema di gioco rapportato alla rosa a disposizione dell'allenatore granata, ma la strada imboccata è questa ed è stato coerente giocare col proprio modulo anche affrontando una squadra speculare, ma più forte. Tra l'altro non era neanche facile mettere su per l'occasione un centrocampo a tre visto il numero ridotto di centrocampisti arruolabili per la sfida alla Juve.

Sul secondo tema di discussione invece sono in disaccordo coi detrattori di Miha. Innanzitutto bisognerebbe conoscere quali leve motivazionali ha toccato l'allenatore nel chiuso dello spogliatoio per preparare i suoi al derby: un conto è quello che si dice in sala stampa, un conto è quello che si dice ai giocatori nelle sacre stanze che costituiscono il cuore della vita di squadra. E poi siamo stati anni a tenere profili più che bassi con la gestione precedente col risultato di incassare sconfitte in serie giocando a non giocare i derby per cui non capisco come si possa non apprezzare il tentativo di aumentare l'autostima dell'ambiente Toro nei confronti dei rivali juventini. Le partite durano 90 minuti più recupero, quella dello Stadium diceva che dopo venti minuti eravamo in svantaggio e stavamo patendo il pressing molto alto ed aggressivo dei bianconeri. C'erano ancora più di 70 minuti a disposizione per cambiare l'inerzia della partita e provare a rispondere colpo su colpo all'inizio arrembante dei padroni di casa. L'espulsione di Baselli ha impedito che si potessero sfruttare appieno le nostre risorse e di conseguenza le nostre possibilità di raddrizzare la gara. Semmai la vera colpa di Mihajlovic è stata quella di sostituire Iago Falque e non Niang per riequilibrare la squadra rimasta in dieci, una mossa, quella di lasciare l’ex milanista in campo, pagata cara a causa della sua pessima ed evanescente prestazione: per la serie “tutto quello che non si dovrebbe mai fare in un derby!”. Resto quindi dell'opinione che se il calcio è cambiato, va modificata anche la mentalità di noi tifosi nell'approcciarci in maniera più positiva e convinta al derby: credere nella vittoria significa non sperare che il mister metta il pullman davanti alla porta per limitare i danni, ma provare a giocarcela il più possibile senza timori reverenziali. E possibilmente in 11 contro 11 fino al 95’…

Ora viene il bello. La partita col Verona deve spezzare la tradizione che vuole il Toro sempre poco vincente dopo i derby persi. Ci vuole personalità e voglia di vincere per dimostrare che questa squadra può stare nel gruppo di testa. È qui che si vedrà la caratura dì questo Torino. In Italia non esistono le partite facili, ma ce ne sono parecchie nelle quali non si possono non fare i tre punti. Quella col Verona è uno di queste. Per ora siamo ancora  fermi all'espulsione di Baselli, come in un fermo immagine: non possiamo rimanere fermi là, ma rimetterci in moto e fare la nostra parte, sugli spalti ed in campo. Se vogliamo uscire da una dimensione provinciale, non c'è altra strada: schiacciamo play tutti assieme!

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita

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