CULTO

Inter-Toro 0-1: San Valentino granata

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Torna Culto e, nel giorno di San Valentino, Francesco Bugnone ci racconta il 14 febbraio più romantico per i colori granata: quando vincemmo a San Siro con un rigore di Cravero.

San Valentino festa degli innamorati e quindi anche di noi tifosi del Toro che continuiamo a palpitare per questa maglia nonostante tutto. Se il santo che festeggiamo oggi si chiama come il Capitano degli Invincibili qualcosa vorrà pur dire.

Il 14 febbraio granata hanno provocato qualche delusione di troppo, una serata in cui la Maratona itinerante si è regalata quello che viene spesso considerato come uno degli ultimi graffi del movimento Ultras (Novara, 2011: sarebbe bello parlarne un giorno, ma è giusto che racconti chi c’era), un paio di buoni risultati seppur sostanzialmente inutili. Poi c’è la vittoria più romantica di tutte. Arriva nel 1988: Inter-Torino 0-1.

Romantica perché il primo Toro post-Sergio Rossi si sta scoprendo giovane, bello e gagliardo e sta iniziando a pensare anche all’Europa. La vittoria contro l’Ascoli in campionato e il pareggio interno nell’andata dei quarti di coppa Italia contro il Napoli confermano la crescita dell’undici granata e anche se non vinciamo in trasferta da fine ottobre 1986 (contro altri nerazzurri: Atalanta), anche se non vinciamo nella San Siro interista dal 1983, molti tifosi credono alla possibilità che Radice batta il vecchio amico-rivale Trapattoni. L’Inter sta attraversando un periodo opaco e sembra impossibile pensare che di lì a una stagione vincerà il campionato a suon di record. Sotto il pallido sole di fine inverno siamo pronti ad approfittarne.

LEGGI ANCHE: Il derby di Cravero

I ragazzi in campo decidono di fare immediatamente il regalo a chi li ama, ovvero altri ragazzi (perché in quel momento siamo tutti ragazzi) che siano sugli spalti o a casa con l’orecchio alla radiolina. Berggreen caracolla nella metà campo avversaria e quando gli interisti capiscono che è partito è già tardi. Il danese chiede e ottiene il triangolo a Cravero che si è sganciato col solito delizioso tempismo. Bergomi non riesce a bloccare il passaggio di ritorno del capitano granata e il numero sette si ritrova davanti a Zenga. L’ex pisano prova a dribblare il futuro Uomo Ragno che non può far altro che atterrarlo mentre tutti già pregustavamo il vantaggio. Paparesta fischia il rigore e la gioia ha solo un supplemento d’attesa con Cravero che trasforma con sicurezza.

Reazione dei nerazzurri non pervenuta tanto che, scherzando con Zenga, Lorieri dirà che avrebbe potuto accendersi una sigaretta nella prima frazione. Nel caso avrebbe potuto tenerla fra i denti anche l’unica volta che è stato impegnato con un’uscita di piede fuori area nemmeno troppo difficile. Nella ripresa, però, sembra un’altra musica con la squadra di Trapattoni che prova a salvare almeno la faccia buttandosi in avanti. Crippa salva sulla linea una conclusione maligna di Piraccini, Lorieri perde il cappellino utilizzato per proteggere gli occhi dal sole basso quando si tuffa per ribattere una forte punizione di Passarella, Altobelli manda la palla sulla parte alta della traversa con un colpo di testa. Il rumore del pallone che rimbalza sulla trasversale è il sinistro rintocco che fa capire come non sia il pomeriggio giusto per trovare almeno un punto. L’occasione mancata affievolisce progressivamente la spinta dei padroni di casa che, a parte due conclusioni fuori misura di Serena e Bergomi, non produce più nulla. I tifosi interisti non hanno nemmeno la forza di fischiare, i nostri fanno festa.

Forse a San Siro siamo stati più belli altre volte (il pirotecnico 3-3 del 1985, l’immeritata sconfitta della stagione precedente), ma se non avessi già iniziato ad amare il Toro due anni e mezzo prima mi sarei innamorato quel giorno di una squadra che va oltre i propri limiti, che ha voglia, che prende Massimo Crippa dalla C e ne fa un baluardo del centrocampo, che, come farà notare Gritti mostrando giustamente i denti a fine partita, si ritrova alle soglie della zona Uefa dopo essere stata additata come candidata a retrocedere perché i tempi cambiano, ma si guardano sempre i nomi e non i giocatori. Una squadra che in quel pomeriggio pieno d’amore trova anche il modo, gustoso, di mettere il muso davanti a una Juventus male in arnese, ma pur sempre i rivali cittadini.

“Perché una partita fosse veramente memorabile a quei tempi (…) bisognava che venissero soddisfatte le seguenti condizioni: dovevo andarci con papà, dovevamo pranzare in un Fish and chips con un tavolo tutto per noi, dovevamo avere dei posti nella Tribuna Ovest Superiore (perché così puoi vedere il corridoio da cui escono i giocatori e puoi dare loro il benvenuto prima di tutti gli altri), tra la linea di metà campo e il North Bank; l’Arsenal doveva giocare bene e vincere con almeno due gol di vantaggio; lo stadio doveva essere pieno, o quasi pieno, il che normalmente implicava la presenza di una squadra avversaria di qualche peso; la partita doveva essere ripresa da ITV per “The big match” (…) e papà doveva essere equipaggiato per il freddo”. Con queste parole Nick Hornby, in”Febbre a 90”, definiva ciò che lo rendeva felice e pienamente realizzato da ragazzo quando andava a vedere l’Arsenal. Successivamente indicherà la vittoria 2-0 contro il Derby County, futuro campione, decisa da Charlie George come la gara in cui accadde tutto questo, ma poi aggiunge che è un errore perché quel 12 febbraio 1972 (quindi vicino a San Valentino) accadde qualcosa che non è la normalità, ma un anomalia, perché “la vita non è, e non è mai stata, una vittoria in casa per 2-0 contro i primi in classifica con la pancia piena di patatine fritte”. E la vita, la nostra vita, forse non è e non è mai stata una vittoria al “Meazza” scavalcando la Juventus, visto che dovremmo aspettare ventisette anni per rivincere lì, ma non importa in quel momento, perché rimane il 14 febbraio più bello per chi ama i colori granata. A come finirà quell’annata, a come finirà quella successiva, al pane duro che dovremo mangiare ci pensiamo un’altra volta.

Classe 1979, tifoso del Toro dal 1985 grazie a Junior (o meglio, a una sua figurina). Il primo ricordo un gol di Pusceddu a San Siro, la prima incazzatura l'eliminazione col Tirol, nutro un culto laico per Policano, Lentini e...Marinelli. A volte penso alla traversa di Sordo e capisco che non mi è ancora passata.

Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.


Se vuoi approfondire tutte le tematiche sul mondo Torino senza perdere alcun aggiornamento, rimani collegato con Toronews per scoprire tutte le news di giornata sui granata in campionato.