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CULTO

Inter-Toro 1-2: figli di un Dio minore

Francesco Bugnone
Francesco Bugnone Columnist 
Perché alcune vittorie restano nella storia e altre no? Nello specifico, perchè Inter-Torino 0-1 con gol di Moretti sì e Inter-Torino 1-2 la stagione dopo no? Francesco Bugnone prova a spiegarlo nella nuova puntata di Culto

Ma come, un altro Inter-Toro? Parafrasando “Adolescenti a colloquio. Improvvisamente, Tremoto”, la storica intro del primo album degli Elio e le storie tese, “ha fatto cinque Culto solo con Inter-Toro”. Calma, c’è un motivo. Mi incuriosisce il meccanismo che mette una partita nel dimenticatoio e l’altra nel cuore. Quasi tutti i granata sanno cosa stavano pensando, facendo e vivendo mentre Moretti gonfiava la rete nerazzurra regalandoci tre punti al Meazza ventisette anni dopo l’ultima volta. Molti meno ricordano con lo stesso piacere e la stessa precisione il successo della stagione successiva, una sorta di gemello cattivo che rimane chiuso in soffitta o sullo sfondo a fare semplicemente statistica.

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Il Toro 2015/16 aveva iniziato la stagione illudendo, ma, dallo scellerato ko di Carpi in poi, aveva lentamente e inesorabilmente messo il pratica il manuale su come finire male un ciclo, inteso come quello di Giampiero Ventura all’ultimo anno in granata. Partite della svolta inopinatamente fallite, un derby perso a tempo scaduto ancora più doloroso di quello della rete di Pirlo l’anno precedente e un altra sconfitta nella stracittadina in Coppa Italia in maniera umiliante, ko interni contro squadre modeste, annegamento nella mediocrità dolorosa aspettando la fine del campionato come una liberazione quando è ancora l’inizio della primavera.

La giornata che precede lo scontro di San Siro per il Toro sarebbe l’occasione per regalare una domenica briosa ai propri tifosi. Si ospita una Juventus fresca di bruciante eliminazione dalla Champions per mano del Bayern di Guardiola (sintesi per gli smemorati: Evra non ha spazzato). Il primo tempo, però, è in linea con la stagione e i bianconeri si ritrovano avanti 2-0 in un clima da basso impero, ma nella ripresa il Toro sembra trasformato con Bruno Peres che conquista subito un calcio di rigore trasformato da Belotti e incendia la Maratona. Qui entra in scena un arbitraggio per il quale non riesco a trovare aggettivi che non portino a querele con Rizzoli che evita il rosso ad Alex Sandro e a Bonucci (emblematica l’immagine in cui l’ex interista mette la testa su quella del direttore di gara) e il 2-2 di Maxi Lopez annullato per fuorigioco inesistente. Dal trovarsi in parità e in superiorità numerica a subire altre due reti è un attimo e ci si squaglia regalando l’ennesimo boccone amaro ai tifosi. Con questo clima si va alla sosta per le nazionali e poi ci si reca in casa dell’Inter senza nessuna prospettiva per il campionato e forse anche per la vita. Una gara inutile in un percorso lastricato di gare inutili da qui alla fine.

L’Inter gioca un altro sport rispetto a quello che le vediamo praticare in questa stagione e, con Mancini in panchina, si aggrappa alla partita contro i granata per tentare di riprendere il treno Champions, mentre il presidente Thohir cerca disperatamente soci. La partita, anticipata dal minuto di silenzio in memoria di Cesare Maldini, si incanala verso i binari più logici se guardiamo gli obiettivi. Il vantaggio dei padroni di casa arriva poco dopo il quarto d’ora grazie a un rigore concesso per mani di Moretti su conclusione di Perisic e trasformato con sicurezza da Icardi. Il Toro non è pervenuto e i nerazzurri si fanno quasi coinvolgere da questa passività non costruendo granché, inconsciamente convinti di poter gestire il risultato contro una squadra che vegeta invece di giocare. 

Una partita che sembra già segnata si trasforma al ritorno in campo senza un’apparente logica. La scossa la fornisce una splendida verticalizzazione di Bovo, che conferma di avere piede da regista, che mette Belotti davanti a Handanovic, complice un gran movimento di Maxi Lopez a liberare spazio. Il Gallo fallisce l’occasione per la bella uscita del portiere avversario, ma la dormita dei difensori è il segnale che il cervello e il cuore dell’Inter siano rimasto altrove e che basti veramente poco per regalarsi una serata degna di questo nome.

Pochissimi minuti dopo Molinaro avanza sulla sinistra e serve in area Maxi che mette in scena una giocata da attaccante clamoroso qual è: spalle alla porta controlla tenendo a distanza a Miranda, finge quasi con un passo di danza di andare verso la sua sinistra e poi tocca morbido per lo stesso Molinaro che arriva al galoppo. Una sponda deliziosa, che quasi ferma la sfera e invita a tirare. Il terzino granata però non calcia, ma va ancora avanti di qualche metro prima di infilare finalmente la porta avversaria con la sua prima rete in campionato con la nostra maglia. In precedenza aveva segnato solo in Europa League contro l’Helsinki l’anno precedente: bello di notte.

L’Inter perde il raziocinio. Miranda, già ammonito, entra duro a metà campo su Belotti proprio sotto gli occhi di Guida che non può far altro che sventolargli il secondo giallo in faccia. Il difensore brasiliano sembra stordito, si scusa col Gallo ed esce come se l’ingenuità commessa fosse stata opera di un altro.  L’inferiorità numerica non sembra, inizialmente, essere troppo patita visto che Padelli deve superarsi per dire di no a un colpo di testa ravvicinato di Icardi, ma è solo un’illusione. 

Benassi ha spazio per avanzare e serve Maxi Lopez che mette in scena un’altra masterclass controllando con la punta del piede sinistro e poi, mentre ci si aspetta la conclusione, vede col terzo occhio l’arrivo di Belotti e lo smarca con un colpo di tacco col destro. Nagatomo corre verso l’avversario per provare una chiusura disperata e il centravanti del Toro vola per aria. A velocità normale sembrerebbe rigore netto, invece Gallo si lascia andare, ma non siamo ancora in tempo di var e quindi rigore più espulsione. Belotti è un mostro di freddezza e nessuno può immaginare la pletora di rigori falliti che inizierà di lì a poco proprio in quella porta, ma contro i colori rossoneri, e ci si ritrova in vantaggio di una rete e di due uomini.

Non tutte le ruggini spariscono come per magia, ovviamente. Invece di provare a chiudere la gara definitivamente il Toro smarrisce un po’ di sicurezza, incerto se controllare o affondare e il clamoroso palo di Baselli nel finale, con un tiro giro che avrebbe meritato miglior sorte, ci mette una scimmia ancora più pesante sulla spalla prima che il triplice fischio di Guida regali un mezzo sorriso che evaporerà in fretta, mentre la gioia di Moretti l’anno precedente si staglia ancora in cielo. Lì avevamo ancora un mezzo campionato da vivere, e saremo addirittura rientrati nella corsa europea, e soprattutto la prospettiva di una sfida da urlo contro l’Athletic Bilbao. Quella sera, invece, non c’era niente se non la mesta fine di un quinquennio. Ecco perché l’ultima vittoria del Toro in casa dell’Inter resterà figlia di un dio minore.


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