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Juve, ma anche no

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Sotto Le Granate / La rubrica di Maria Grazia Nemour interviene sul caso biglietti-Juventus
Maria Grazia Nemour

Juve. Esistono dei fatti:

  • in seno all’inchiesta sulla ‘ndrangheta denominata “Alto Piemonte”, condotta dalla Procura della Repubblica di Torino, sono emerse intercettazioni telefoniche coinvolgenti la Juventus. La tesi dell’accusa è che il club bianconero abbia venduto blocchi di biglietti ad alcuni esponenti della criminalità organizzata, che poi li hanno rivenduti con pratiche di bagarinaggio. Nessun intento persecutorio dei giudici, una coincidenza, e attualmente non risultano tesserati o dirigenti della Juventus indagati a livello penale; il presidente Agnelli è però deferito dalla FIGC e atteso a deporre in Commissione Antimafia;
  • Andrea Agnelli conosceva Conte, che – stando a intercettazioni recentemente pubblicate dal Corriere della Sera - conosceva Germani (capo ultras, ora in carcere), che conosceva Dominello, ritenuto appartenente ad una cosca, ora in carcere pure lui;
  • Dominello, sempre secondo la tesi dell’accusa, gestiva lo smercio illegale dei biglietti dello Juventus Stadium, con attività di bagarinaggio, tesi sostenuta anche dal procuratore FIGC Pecoraro;
  • La Juventus, fosse vero quanto asserito, avrebbe violato l’art.12 del Codice di Giustizia sportiva: “Alla società è fatto divieto di contribuire, con interventi finanziari o con altre utilità, alla costruzione e al mantenimento di gruppi, organizzati e non, di propri sostenitori”;
  • Dalle intercettazioni pubblicate recentemente da “Il Napolista” emerge che Andrea Agnelli sapeva che nel derby del 2014 sarebbero entrati nello stadio striscioni beceri inneggianti la sciagura di Superga, e lo ha tollerato;
  • In una telefonata Andrea Agnelli avrebbe definito “ciuccio” Alessandro D’Angelo (capo della sicurezza della Juve), che con Raffaello Bucci (capo ultras ritenuto collegato alla ‘ndrangheta, morto presunto suicida) si era fatto beccare dalle telecamere dello stadio mentre introduceva i predetti striscioni;
  • Bucci, secondo quanto ricostruito, piaceva ai tifosi e piace ad Agnelli, fino a diventare il raccordo tra curva e società;
  • Raffaello Bucci si è suicidato – gettandosi dallo stesso viadotto che diciassette anni prima aveva scelto Edoardo Agnelli, per farlo – il giorno dopo essere stato interrogato dal pubblico ministero in merito all’inchiesta sulla vendita irregolare dei biglietti;
  • La squadra mobile ha concluso le indagini sul suicidio Bucci rilevando che lo stesso non si sarebbe ucciso volontariamente; secondo la relazione, egli si era appropriato di 500 mila euro ricavati dalla gestione dei biglietti, una parte di chissà quanti “mila” euro che questo mercato muove;
  • La ’ndrangheta è solita punire i traditori con il “suicidio assistito”, quello “spintaneo”. Che non fa ridere, ma piangere sì.
  • Il direttore generale della Federcalcio, Michele Uva, naturalmente è rimasto contrariato dalla vicenda. Già, ma dall’Antimafia, è rimasto contrariato. “Mi sembra che l'Antimafia stia facendo un processo molto mediatico e questo non fa bene né al calcio, né tantomeno all'Italia”.
  • E poi esistono le supposizioni.

    - Dopo Calciopoli la Juventus aveva bisogno di ricostruire un’immagine vincente della società, soprattutto a livello internazionale;

    - La società quotata in borsa “Juventus” punta a una rapida politica  riempi-stadio. E che stadio. E che investimento, comprarsi un biglietto;

    - La società, ci fosse del vero in quanto raccolto dagli investigatori, sarebbe scesa a patti (per scongiurare l’astensione del tifo ed eventuali rappresaglie) con una parte determinante della sua tifoseria, legittimandola. “Non ho mai accostato il presidente della Juve Andrea Agnelli alla 'ndrangheta. Le parole vanno misurate”, ha precisato il procuratore FIGC, Pecoraro, nell’audizione di ieri davanti alla Commissione Antimafia. Resta però il deferimento, della stessa Juventus e di Agnelli: “L'articolo 12 del Codice di giustizia sportiva dice che non sono possibili il bagarinaggio o contatti con la tifoseria organizzata. La responsabilità è in primo luogo del presidente della società, che era consapevole o comunque non ha vigilato sulla gestione dei biglietti. Ci interessa il fatto che questi tagliandi siano stati utilizzati da soggetti malavitosi”, le parole del procuratore federale.

    - Forse, Lapo è il migliore.

    Tra fatti e ipotesi sono certa solo di una cosa: non mi piacciono quelli che l’ultras lo fanno di mestiere, mi chiedo con quali soldi paghino le bollette. E proprio non mi piace un’idea di calcio in cui i padroni del mondo scendono a compromessi con i mafiosi, per garantirsi il potere. E che si ricomprano la verginità adducendo di aver agito per ragioni di ordine pubblico.

    Detto che, quando si parla di possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta nel mondo del pallone, andrebbero posate le bandiere. Non è una questione da partigiani. Ma, se fossi juventina, da anni mi macererebbe nelle ossa una grave crisi d’identità, perché la squadra per cui tifi ti restituisce un senso di appartenenza. Ti rappresenta. Come si fa a non prendere le distanze? Grazie alle vittorie, forse.

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