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columnist
Mi piacerebbe pensare che 100 sia il numero di gol che Belotti segnerà in maglia granata, invece, molto probabilmente, sarà la quantità (record) di milioni di euro che il Torino incasserà da una sua più o meno futura cessione. È il calcio moderno, dirà qualcuno meno romantico di me, non si possono tarpare le ali a certi talenti, dirà qualcun altro più avvezzo a questo tipo di affari… Eppure anche quando il calcio era “diverso” anch'io mi ricordo di attaccanti che sarebbero potuti diventare idoli assoluti se si fosse avuta più pazienza o una situazione societaria/ambientale più serena e che invece ballarono una sola stagione lasciando forse più rimorsi che rimpianti, almeno nel mio cuore di ragazzino.
Dico questo perché in questi giorni ho avuto modo di constatare come sui bambini il centravanti che fa i gol è sempre quello più papabile ad essere assurto al ruolo di “idolo”, quello che ne calamita l’attenzione e addirittura, in alcuni casi, arriva a segnarne il tifo per la vita. Inutile dirvi che mio figlio ogni volta che segna un gol nella sua squadra festeggia facendo la cresta del gallo, alla Belotti, più interessante, invece, è un episodio che il papà di un suo compagno (juventino) di scuola mi ha confidato: il figlio gioca sempre più spesso a Fifa 17 prendendo il Toro e festeggiando i gol di Belotti alla Playstation mimando la cresta. Ecco, di fronte a queste cose, un'eventuale cessione del Gallo fa capire quale patrimonio di fidelizzazione si potrebbe perdere sulle nuove generazioni di tifosi. Gramellini ha spesso raccontato quanto Pulici sia stato il suo “eroe senza macchia” che in gioventù lo ha reso più forte nel difendere la sua fede granata di fronte agli juventini che lo circondavano. Nel mio piccolo, non avendo potuto vivere l'epoca Sala-Graziani-Pulici, negli anni Ottanta sono sempre stato alla ricerca di un idolo in cui identificarmi, un attaccante che mi facesse sognare, un top player, come si direbbe oggi, da contrapporre ai Rossi o ai Platini dei miei compagni di scuola bianconeri. C'erano Junior e Dossena, per fortuna, ma, io volevo un goleador, anzi, “il” goleador e ci furono due stagioni dove pensai di aver fatto bingo: 86/87 con Kieft e 87/88 con Polster.
L'olandese, scuola Ajax, portato in Italia da quel marpione del presidente del Pisa, Anconetani, (e già la dice lunga sul calcio dell’epoca dove un Pisa qualunque poteva comprarsi il centravanti dell’Ajax!) cominciò la stagione alla grande trascinando il Toro in campionato ed in Coppa Uefa a suon di gol, ma proprio in Uefa, nell'inutile ritorno con gli ungheresi del Raba Eto già regolati 4-0 all'andata si infortunò gravemente compromettendo il resto della sua stagione e di quella del Toro che, senza di lui, centrò un modesto undicesimo posto. Sergio Rossi cedette la società e Kieft fu venduto dalla nuova dirigenza al PSV dove vinse la Coppa dei Campioni e tre scudetti consecutivi segnando con grande prolificità. La mia amarezza per quella cessione fu mitigata dall'arrivo di Anton Polster, potente centravanti austriaco che, come il suo predecessore olandese, cominciò la sua avventura in maglia granata a suon di gol (addirittura una tripletta alla Samp). Era un Toro più competitivo quello del duo Polster-Gritti, ma anche estremamente sfortunato: Coppa Italia sfumata al 118’ della finale di ritorno per un gol del sampdoriano Salsano e quattro giorni dopo qualificazione Uefa mancata ai rigori nel derby spareggio contro la Juve con cui si era arrivati sesti a pari punti. Anche Polster fu subito ceduto dopo un solo anno, al Siviglia: in Spagna giocò parecchie stagioni e solo Hugo Sanchez gli negò il titolo di capocannoniere nella stagione in cui segnò ben 33 gol. Titolo che, però, vinse in Bundesliga nei suoi anni al Colonia dove si dimostrò bomber implacabile.
Di entrambi ricordo con nostalgia la prematura partenza e con un pizzico di rabbia la miopia con la quale furono troppo prematuramente lasciati andare: non erano campioni assoluti, ma ottimi giocatori che con la maglia granata avrebbero potuto scrivere pagine molto più felici e durature di quelle di cui furono protagonisti. Tutto questo parlare del futuro di Belotti e la paura di perderlo mi hanno fatto ritornare alla mente i miei rimpianti giovanili, quegli idoli sfumati e mai (o mal) sostituiti.
Non so cosa accadrà a Belotti, però non è un caso se dall’epoca dei gemelli del gol, solo Ferrante e Bianchi abbiano avuto, seppur vivendo periodi critici e tanti (troppi) anni di serie B, una certa continuità come bomber principi del Torino. Il Toro si tifa per la maglia, ma vaglielo a spiegare ai bambini del Toro che tra i Messi e Ronaldo e i Maccarone e Di Natale ci potrebbero essere delle vie di mezzo per cui anche loro potrebbero avere delle figure di riferimento nella crescita della propria fede calcistica…
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