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columnist
Lazio o Toro? Toro o Lazio?
Qualche mese fa, per un po’, è stato difficile capire su quale strada si sarebbe incamminato il futuro di Kone. La Lazio sembrava la naturale direzione dopo la folgorante stagione al Vigor Perconti. Un’annata da diciassette reti, con tanto di tripletta personale nella finale, tanto per vincere il campionato con la sensazione di essere stato epico. A guardare il video di quella stagione laziale “Allievi Elite” – tra corse su campi di terra e trenta persone sugli spalti – stringato in soli tre minuti, sorprende la potenza e la sicurezza con cui Kone carica ogni rigore, punizione, tiro dentro e fuori area. A volte corre in campo coi ricci neri, altri biondi, ma sempre rapido e massiccio. Naturale che venisse convocato nell’Under 17 della Lazio. Naturale che lo volesse per sé, la Lazio. E invece no, il Torino si inserisce nella trattativa con grande determinazione, Bava ha con sé gli argomenti che convincono Ben e la mamma a rivoluzionare la strada che sembrava già tracciata. Forse non sono i valori che incarna la Lazio a rappresentare al meglio il viaggio di Kone nel calcio, e lunedì ne ha avuta la conferma, nel caso ce ne fosse stato bisogno. Ed è Toro. Ed è Primavera granata, è Filadelfia. È la gloriosa e impegnativa maglia numero dieci, da portare addosso come titolare. È riserva, in prima squadra.
Lo guardavo saltare l’uomo contro il Milan e pensavo che presto, il nostro Ben, verrà convocato nelle giovanili della Nazionale ivoriana, non c’è dubbio.
Seduto sulla panchina granata all’Olimpico, Ben sarà stato troppo emozionato per pensare che tre anni fa era un quattordicenne in Costa d’Avorio, che due anni fa la mamma che lavorava in Italia ha ottenuto l’agognato ricongiungimento familiare e se lo è portato qua, che il primo anno in Italia si sentiva estraneo a tutto tranne che agli infortuni, ma il secondo, è fiorito di successi.
Ed eccolo tra i convocati di Lazio-Torino. Nella panchina del Toro, a respirare il freddo degli insensati posticipi serali della serie A e a infiammarsi della voglia non appagata di fare riscaldamento, togliere la pettorina, entrare. A guardare Berenguer sfrecciare come una gazzella, Rincon divorare il campo come un lupo, Edera addentare l’occasione, Immobile usare la testa (o spalla che fosse) come ariete invece che come strumento di pensiero. Pensiero stupendo, quello che ha perso Immobile. Pensiero del calcio Toro.
Mi sono laureata in fantascienze politiche non so più bene quando. In ufficio scrivo avvincenti relazioni a bilanci in dissesto e gozzoviglio nell’associazione “Brigate alimentari”. Collaboro con Shakespeare e ho pubblicato un paio di romanzi. I miei protagonisti sono sempre del Toro, così, tanto per complicargli un po’ la vita.
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