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columnist
La scorsa settimana ha riassunto l’incompiutezza del Toro attuale: bellissimo contro la Samp, sciagurato a Parma.
La schizofrenia granata va avanti da tutto il campionato, evidentemente non è casuale ma rappresenta il nostro principale problema.
Contro la Samp abbiamo vinto perché la motivazione era altissima. Sempre così; i nostri ragazzi dopo una o due prove insoddisfacenti (eravamo reduci dalla debacle contro il Bologna e dallo scialbo pareggio di Firenze) riescono a ricompattarsi e a centrare la grande prestazione.
Contro i blucerchiati abbiamo vinto perché la prova di Belotti è stata fenomenale, perché non potevamo fallire e tirava aria da ultima spiaggia, perché tutti i giocatori impiegati (esclusi un Meité sempre più ectoplasmatico e uno Zaza ormai entrato nella dimensione dell’assurdo) hanno sfornato una prestazione esemplare per intensità e applicazione.
Contro il Parma, tre giorni dopo, lo stato di grazia si è trasformato in un mix di scarsa lucidità e gambe di piombo. I media sono stati troppo indulgenti nei confronti dei granata, dimenticando che al momento il Parma, privo di Biabiany, Bruno Alves, Gervinho e Inglese, è insieme al Chievo la peggior squadra del campionato. Chiunque sappia di calcio, sa che una squadra che in attacco schiera Sprocati e Ceravolo faticherebbe a centrare i playoff di Serie B (lo diciamo con il massimo rispetto per i due lodevoli ragazzi ducali).
Contro il Parma non abbiamo vinto perché la faccenda della rosa snella si sta rivelando quello che tutti sanno da tempo: una sciocchezza colossale. Lo sanno tutti, meno Mazzarri, che l’ha richiesta, e Cairo e Petrachi, che l’hanno avallata.
Sabato scorso i ragazzi erano sulle gambe; con tre o quattro ricambi all’altezza avremmo vinto senza problemi. Se miri alle coppe europee non puoi lesinare sulla rosa, non puoi presentarti allo sprint finale delle ultime partite (in cui si assommano squalifiche e infortuni) con un totale di quattro difensori (Izzo, Nkoulou, Moretti e Dijdij), quattro centrocampisti (Baselli, Rincon, Meité e Lukic) e tre esterni bassi (Ola Aina, Ansaldi e De Silvestri). Non puoi perché altrimenti “te la sei andata a cercare”. Insomma, sarebbe un’ottima cosa se in società capissero che non è necessario piegarsi sempre e comunque alle richieste dell’allenatore; nel recente passato abbiamo già pagato abbastanza le idiozie dei tecnici che si sono succeduti sulla nostra panchina (tra le altre, Ventura che “non vedeva” Verdi e Sinisa che fece fuoco e fiamme per avere Niang e cedere Benassi). Capisco che la richiesta della rosa snella, in chiave economica, possa fare comodo, ma sul piano dei risultati sportivi rappresenta un boomerang micidiale.
Bastano un paio di infortuni nella stessa zona del campo, un paio di squalifiche, qualche clamoroso scadimento di forma (è il caso di Meité, in campo per mancanza di alternative) e sei al muro.
Contro il Parma non abbiamo vinto perché la rosa snella è una sciocchezza colossale e perché una squadra che fuori casa ha pareggiato dodici volte è sì solida e ben organizzata ma non ha le carte in regola per fare la differenza. Parliamoci chiaro: se in casa di squadre come Spal, Cagliari, Bologna, Parma, Udinese e Sassuolo non vai mai oltre il pareggio significa che sei afflitto da qualche carenza strutturale, che la guida tecnica è improntata a un’eccessiva prudenza e che non tutto è catalogabile come problema di mentalità. E’ lampante: ci manca qualità sia sugli esterni sia a centrocampo (siamo una delle uniche squadre del campionato a non segnare mai su punizione e a non avere un giocatore in grado di far saltare il banco con una giocata) e in attacco il fallimento di Zaza e la stagione opaca di Iago Falque hanno fatto il resto.
Fortunatamente, anche le concorrenti zoppicano e, pur avendo perso l’ennesima grande occasione, le possibilità di andare in Europa sono ancora concrete. I motivi per ben sperare ci sono: gli scontri diretti in casa contro Milan e Lazio, un Gallo in ombra a Parma ma tornato a essere letale, la presenza di campioni dell’esperienza di Sirigu e N’Koulou, la vena di Baselli, la “garra” di Izzo. E lascia ben sperare la voglia di vincere vista nelle ultime due partite. Anche a Parma, infatti, l’atteggiamento è stato quello giusto e questa volta il discorso mentale non c’entra nulla. Si è giocato da padroni, siamo stati “alti” per novanta minuti, abbiamo avuto buone occasioni per vincere e le scelte di Mazzarri a partita in corso sono state fatte nella prospettiva di portare a casa i tre punti. Se non ce l’abbiamo fatta, come dicevamo sopra, è perché la rosa snella non è una soluzione ma una trovata masochistica e perché in sede di campagna acquisti continuiamo ogni anno a fare trenta e non trentuno.
Ora sotto con il Cagliari. Mancherà il Gallo: è il momento che Zaza giustifichi lo stipendio.
Marco Cassardo, esperto in psicologia dello sport e mental coach professionista.
E’ l’autore di “Belli e dannati”, best seller della letteratura granata
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