columnist

La fronda contro la Superlega e le buone notizie

Anthony Weatherill
Loquor / Torna la rubrica di Anthony Weatherill: “Non starò qui a tessere le lodi di un Urbano Cairo improvvisamente ertosi a nuovo “Spartaco” del calcio italiano"

“La SuperLega sarebbe un attentato al calcio”, ha dichiarato in un’intervista radiofonica Urbano Cairo. Le motivazioni, da parte del presidente del Torino, per essere contro questo torneo continentale per club prefigurato dai club più ricchi appartenenti all’ECA(European Club Association) sono state già adeguatamente raccontate (anche su questa testata), quindi non ruberò altro tempo e spazio per ragguagliare una situazione che ormai dovrebbe essere chiara a tutti gli appassionati di calcio del “Vecchio Continente”. Non starò nemmeno qui a tessere le lodi di un Urbano Cairo improvvisamente ertosi a nuovo “Spartaco” del calcio italiano. Sarebbe, da parte di chiunque, un facile modo per raccogliere facili consensi dai tifosi granata e da tutti gli anti-juventini d’Italia, visto che uno dei principali bersagli della rivolta guidata da Javier Tebas nella scorsa riunione dell’European Leagues (l’associazione delle Leghe europee) è stato proprio Andrea Agnelli. Ho iniziato la mia collaborazione con TN (a cui va il mio ringraziamento, parimenti alla gentile attenzione che ogni settimana mi riservano i lettori, sostenitori e non) proprio mettendo giù una specie d’inchiesta(pubblicata a puntate) sulla progressiva perdita d’identità e sul percorso meramente mercantile intrapreso da anni dal calcio europeo. Argomenti che ho continuato a trattare a più riprese (a costo di essere noioso) e talvolta in splendida solitudine. Conservo nella mia memoria le critiche piovutemi da più parti di non sapermi adeguare, a loro dire, allo splendido futuro incombente sul nostro amato gioco. Ho segnalato a ripetizione(anche qui fino alla noia) i conclamati casi di conflitto di interesse presenti in molti campionati, soprattutto, spiace veramente dirlo, in quello italiano.

Banche, presidenti, procuratori, giocatori a braccetto verso l’unico orizzonte che sembra importare a tutte queste componenti: il denaro. Sono anni che mi occupo di calcio, girando in lungo e largo il mondo per cercare delle opportunità finanziarie e legislative che possano permettere ai tifosi, prima o poi, di entrare come protagonisti nella vita delle società di calcio per cui il loro cuore batte. Ho sperato, del tutto vanamente, che le istituzioni del Qatar (Paese in cui ho lavorato per diversi anni, con contatti ai massimi livelli di governo) potessero mettere a disposizione (in nome dell’amore per lo sport da loro dichiarato continuamente) una piccola porzione della loro ingente ricchezza per sostenere i tifosi nel loro sacrosanto diritto di non essere derubati della loro storia e, soprattutto, del loro futuro. Non c’è stato politico con cui sono venuto a contatto che non abbia cercato di sensibilizzare sulle responsabilità di chi ricopre incarichi di governo di proteggere il calcio come bene comune. Ma i politici, spesso, hanno sempre altro meglio da fare e sovente utilizzano lo sport come vetrina delle loro ambizioni. Ho denunciato su queste colonne l’incredibile e immorale (e comprendo come in un mondo dominato ormai dal relativismo morale, possa risultare indigesto ogni riferimento all’immoralità) nomina di un banchiere, Gaetano Miccichè, a capo della Lega di Serie A.

Una nomina acclamata da tutti i presidenti, nessuno escluso. E sottolineo nessuno. E non possono bastare delle eventuali vittorie, spero forse ingenuamente, a generare oblio tra i tifosi sui comportamenti dei loro presidenti. Se oggi l’Eca può, in modo del tutto arrogante e prevaricatorio, prendere sempre più il sopravvento su tutto il calcio europeo lo si deve al silenzio/assenso che per anni è stata eletto a “Colonna d’Ercole” di tutti i rapporti intercorrenti tra le società di calcio. La vergogna a cui si è dovuti assistere riguardo al contenzioso economico  tra Cardiff e Nantes sulla vicenda legata alla prematura morte di Emiliano Sala, ha sancito ancora una volta la politica del silenzio assenso legato al denaro. Nessuno che si sia alzato a ricordare come forse altri avrebbero dovuto essere i modi per onorare la memoria di un ragazzo che regalava gioia calciando un pallone. E l’unica cosa che ha saputo dire l’allenatore del Cardiff, Neil Warnock è stato:“Emiliano Sala avrebbe potuto segnare quei dieci gol che ci avrebbero permesso di salvarci”. Cosa siamo diventati? Mi chiedo.  Evidentemente tutti, fino ad oggi, hanno trovato nel modus operandi del calcio europeo la soddisfazione delle proprie ambizioni e dei propri guadagni. E il decesso di un giocatore sfortunato diventa solo materia legale su chi debba accollarsi l’onere della perdita economica.

Ma sembra qualcosa negli ultimi tempi stia cambiando, pare non esistere più una comunanza d’intenti tra i padroni delle società di calcio. Qualcosa si muove nelle stanze del potere e degli interessi economici, e sarebbe davvero un tragico errore se i tifosi giungessero alla conclusione come ciò stia avvenendo per amore del gioco o della loro squadra. Viviamo in un mondo della comunicazione quanto mai pieno di notizie, e la verità spesso appare questione a portata di mano. In realtà, a vederla bene, si sta vivendo un periodo storico dove la disinformazione e la mistificazione regnano indisturbati. Fa impressione la recente dichiarazione di un vicedirettore di un grande e autorevole quotidiano italiano, in cui ammette di aver omesso, nei suoi numerosi articoli ed editoriali, l’aumento della mortalità infantile in Grecia dall’inizio della devastante crisi economica che l’ha colpita. “Ero venuto a conoscenza – ha detto questo noto vicedirettore -, nelle mie ricerche sulla crisi greca di questo drammatico dato. Ma ho preferito tacere per non dare argomentazioni agl’euroscettici”. Tralasciando la gravità di questa dichiarazione, sarà il caso di riflettere sempre sul perché questa sia avvenuta proprio in questo momento. Viviamo in un periodo storico complesso e foriero di grandi cambiamenti economici e politici, i cui obiettivi sono più che mai oscuri alla gente comune, che probabilmente li scoprirà solo alla fine del processo e quando ormai nulla potrà fare con le leve del processo democratico a sua disposizione.  Si deve avere bene in mente come il calcio non sia un isola felice dove questa lotta per il potere politico ed economico non abbia preso piede. Il discorso sarebbe lungo e il noto gioco di andreottiana memoria, “a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca”, sarebbe una tentazione fin troppo facile in cui indulgere. Tanti retroscena si potrebbero raccontare, con conseguenti ipotesi da tracciare.

Ma a istinto consiglierei, prima di dare un qualche giudizio su questa guerra in corso tra Eca e European Leagues, di aspettare gli sviluppi e di non farsi condizionare dall’amore per i nostri colori. Comunque non posso non augurarmi che le intenzioni di Urbano Cairo e Javier Tebas siano davvero quelle che appaiono. Intanto un’altra possibile “sciagura” pare stia affacciandosi sul calcio europeo, dove voci sempre più insistenti parlano di un prossimo disimpegno del Fondo Sovrano del Qatar dal Paris Saint Germain e dal progetto Aspire (la ricerca e lo sviluppo di giovani talenti africani da avviare al calcio professionistico). Se ciò avvenisse davvero, e tutti gli indizi sembrerebbero confermarlo, si potrebbe assistere in modo manifesto  alle conseguenze nefaste di un doping finanziario. Forse quel giorno qualche potente ed autorevole vicedirettore ed editoriale di un giornale, ci racconterà di essere sempre stato a conoscenza dei motivi per cui la politica francese, a partire dall’ex presidente della repubblica Nicolas Sarkozy, ha permesso al fondo sovrano qatarino di stravolgere le regole del gioco della Ligue 1 e del calcio europeo, ma di non averli raccontati per paura di dare argomenti a chi, come il sottoscritto, vuole fermare lo slancio del calcio verso il suo magnifico (sic) futuro. Le buone notizie, per il calcio, vengono dalle bellissime e coinvolgenti(per tutta la nazione italiana) manifestazioni che i tifosi del Toro hanno messo in atto per il 70esimo anniversario della tragedia di Superga. Vorrei non illudermi troppo, e soprattutto non vorrei illudere i tifosi granata, ma ho intravisto nelle dichiarazioni e nelle espressioni del volto del presidente del Torino nuove motivazioni, come se fosse scattata quella scintilla magica che lo ha convinto come con il progetto Toro si possa e si debba fare di più. Se questa scintilla magica fosse scattata il merito esclusivo sarebbe da ascrivere ai tifosi granata, che mai come lo scorso 4 maggio hanno fatto comprendere a tutti noi, e quindi anche a Cairo, di che pasta sia fatta il patrimonio di memoria e di valori il Torino Calcio. Memoria e valori sono alla base di ogni “brand” del calcio dall’inizio dei suoi tempi. L’altra bella notizia viene dalle epiche vittorie in rimonta di Liverpool e Totthenam, che parimenti come le ricorrenze per il 70esimo della tragedia di Superga, hanno ricordato su cosa si basa il successo del calcio nel corso di generazioni che vanno avanti dall’ottocento. Il calcio è bello perché è imprevedibile come la vita, che a volte regala miracoli ed entusiasma con i suoi dettagli. E come ebbe a dire Leonardo da Vinci “i dettagli fanno la perfezione e la perfezione non è un dettaglio”.

Ha collaborato Carmelo Pennisi

Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.