[embed]https://www.toronews.net/columnist/loquor/il-calcio-dimenticato-dallelite-europea/[/embed]
Quel tipo di consuetudine nata per rassicurare lo scorrere armonico delle stagioni, perché solo in caso di guerra lo sport cessa di rigenerarsi ogni volta. Lo sport è come il rintocco di una campana in un tipico “sabato del villaggio” di leopardiana memoria, in cui ne intuiamo il vero valore solo quando quel rintocco capita di non sentirlo più. Conta la salute, eccome se conta, ma conta anche la vita che verrà, e quale vita troveremo alla fine di questo tunnel disperato di una malattia scambiata come segno da fine del mondo? Difficile dirlo, complicato anche solo ipotizzarlo. Se il tocco della campana dello sport, del cinema e del teatro smette di esistere, il rischio di rimanere disfatti davanti ad un deserto dei tartari rimane una delle ipotesi più credibili. E’peggio del non rispondere con indifferenza al richiamo del “muezzin” dal minareto, è come considerare quel canto invitante alla preghiera non più come qualcosa di vitale. Se pensiamo alle cose come un mezzo per dare significato alla rappresentazione dell’esistenza, allora è meglio non giocarle le partite di calcio, che giocarle a porte chiuse. Perché una delle conseguenze terribili portate da questo virus, è proprio l’aver minato una delle tendenze più naturali dell’umanità, ossia il desiderio insopprimibile di voler stare insieme. Se la paura impone persino a rinunciare ad una stretta di mano, uno dei gesti più belli di una partita di tennis, allora si comprende come molti economisti prevedano meno 4% del Pil a fine anno per l’Italia. Sarebbe quasi uno scenario da dopoguerra.
Gli effetti devastanti della crisi economica del 29, negli Stati Uniti, giunsero lenti, ma inesorabili. C’erano merci, ma non c’era più denaro nelle tasche delle persone, e presto queste non ebbero più un lavoro. Il tracollo definitivo di una più delle più floride economie del mondo avvenne per il panico sviluppatesi nel mercato azionario. “La caratteristica peculiare del grande disastro del 1929 – ricordò in seguito il grande economista John K. Galbraith – era che il peggio continuava a peggiorare”, ed ancora oggi si fatica a capire come quel peggio abbia potuto ghermire la società americana, per poi propagarsi nel mondo. Incontrando, nel 2008, una delegazione di economisti accademici, Elisabetta II d’Inghilterra chiese come mai nessuno di loro era stato in grado di prevedere la crisi divampata in quell’anno in tutto il mondo (avendo nel fallimento della “Lehman Brothers” il suo tremendo apogeo), ricevendo risposte imbarazzate e reticenti. L’elemento in comune tra la crisi del 29 e quella del 2008 è, palesemente, la difficoltà di comprensione dei fenomeni da parte della dottrina economica. Ed è proprio la comprensione di tutti i fenomeni che si aggirano attorno al Coronavirus, la cosiddetta “visione d’insieme”, che pare mancare. Gli americani, nel corso della II Guerra Mondiale, un avvenimento forse un tantino più drammatico di un’epidemia influenzale, ad un certo punto nel 1943 pensarono si dovesse riprendere il campionato di baseball, nonostante l’assenza di uomini impegnati nei vari fronti di guerra. Nasce così la “All-American Girls Professional Baseball League”, il campionato di baseball giocato in America dalle donne dal 1943 al 1954.
[embed]https://www.toronews.net/columnist/loquor/il-calcio-come-diritto-ad-esistere/[/embed]
In uno dei più momenti più difficili della storia americana, dove migliaia di giovani americani perdevano la vita nei vari fronti di guerra, le autorità di un Paese, gli Stati Uniti, la cui storia deve molto alla capacità dell’immaginazione, decisero che quell’amore eterno ed infinito tra gli americani e il baseball non poteva più rimanere interrotto. Le donne piombate improvvisamente sul diamante dei principali stadi di baseball del Paese, fu il riattivare il richiamo del muezzin dal minareto degli Stati Uniti. Fu un successo emozionale travolgente, raccontato sapientemente nel film “Ragazze Vincenti” di Penny Marshall, e contribuì non poco a ridonare speranza ad un popolo ormai provato da anni di perdite inenarrabili. Lo sport può essere davvero un segnale importante di vitalità e speranza in momenti dolorosi come quello che stiamo vivendo, ecco perché applaudo, al contrario di quanto ha fatto Giovanni Malagò teso retoricamente ad invitare il calcio ad adeguarsi alla realtà, ai dirigenti e operatori del calcio italiano impegnati a discutere animatamente sulla regolarità o meno dell’attuale campionato. E’ un segno del voler andare avanti con la vita quotidiana, nonostante tutto. E’ un resistere, anche quando tutto quello attorno racconta quasi l’inutilità del resistere. “Bisogna essere creativi”, dice Marcelo Bielsa, ecco perché nel 1992, di fronte al pericolo di tifosi inferociti del Newell’s Old Boys presentatesi sotto casa sua dopo una partita persa per sei a zero, il “Loco” (questo è il soprannome del tecnico argentino) pensò bene di scendere ad affrontarli tenendo una granata tra le sue mani e minacciando di togliere la sicura se non fosse cessata quell’assordante contestazione. Comprensibilmente spaventati, i tifosi scapparono via, inseguiti dal Loco che continuava a brandire il residuato bellico. Il calcio è movimento, la vita è movimento, bisogna sempre essere pronti a correre e smarcarsi. Senza lasciarsi dominare dalla paura. Questa è la lezione di uno dei tecnici più geniali di sempre, uno di quelli abituato a “costruire”. Perché non fermarsi di costruire, questa è la vera lezione che lo sport può dare in questo tempo spaventato da un morbo venuto dall’Oriente.
(ha collaborato Carmelo Pennisi)
Anthony Weatherhill, originario di Manchester e nipote dello storico coach Matt Busby, si occupa da tempo di politica sportiva. E’ il vero ideatore della Tessera del Tifoso, poi arrivata in Italia sulla base di tutt’altri presupposti e intendimenti.
Disclaimer: gli opinionisti ospitati da Toro News esprimono il loro pensiero indipendentemente dalla linea editoriale seguita dalla Redazione del giornale online, il quale da sempre fa del pluralismo e della libera condivisione delle opinioni un proprio tratto distintivo.
© RIPRODUZIONE RISERVATA


/www.toronews.net/assets/uploads/202508/2152c6c126af25c35c27d73b09ee4301.jpg)