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14 ottobre 1973. Campionato di calcio di Serie C, 5^ giornata.
Allo stadio "Costante Girardengo " di Novi Ligure la Gavinovese batteva in casa il Clodiasottomarina 1-0 con un gran goal dal limite dell'area della mezz'ala destra Gittone. Il portiere della compagine veneta, Angelo Vadalà, si era reso protagonista di una prestazione superba che aveva consentito di mantenere la porta inviolata fino alle battute finali dell'incontro.
A me, adolescente, era poi venuta la curiosità di sapere qualcosa in più su quella squadra con un nome bellissimo, e di lì a fare il collegamento con Chioggia, ovviamente, e poi, soprattutto con Ballarin.
Bacigalupo, Ballarin, Maroso...inizia il nostro mantra di Quelli Là. Lì sono le radici del calcio italiano, anzi, come pronunciava mio nonno, del fútbal.
Pochi probabilmente sanno che il terzino destro sistemista (deputato quindi a marcare a uomo l'ala avversaria) Aldo Ballarin era stato l'acquisto più costoso da parte del Presidente Ferruccio Novo nella costruzione del Grande Torino. 1.600.000 lire prezzo dell'epoca, per l'acquisto del ventitreenne difensore dalla Triestina nel 1945-46, cioè a guerra appena finita. Il Presidente Novo lo aveva visto giocare nella Nazionale giovanile contro l'Ungheria nel 1942 e se n'era appuntato il nome.
Nel ricordo di Gian Paolo Ormezzano: "Il passaggio di Aldo Ballarin, cercato anche da Inter e Bologna, era stato sincopato da un paio di suoi viaggi clandestini a Torino, in un'Italia disastrata. Nessuno aveva saputo niente, non c'era stata asta: e d'altronde lui aveva detto a Novo che al Torino sarebbe venuto anche a piedi, per giocare gratis".
Sul piano umano "simboleggiava la meglio migrazione veneta in Piemonte, soda e attiva. Si era torinesizzato perfettamente, si muoveva cercando di non dare disturbo a nessuno, fuorché agli avversari".
Sulla vigoria fisica di Aldo Ballarin, il milanista Annovazzi, a questo proposito disse, molto laconicamente, ma con precisione: "L'è mai stracc!".
Aldo Ballarin, Sturm und Drang, sconvolgente e impetuoso, uragano e passione.
Il giornalista Aldo Bardelli, grande penna e fine intenditore di calcio, ebbe modo di scrivere:"Aldo Ballarin, terzino d'impostazione metodista (che quindi giocava un po' come libero alle spalle del mediano che marcava l'ala avversaria) e come tale a disagio, all'inizio, nel controllo rigoroso dell'ala avversaria, dopo le prime disavventure raggiunse una concentrazione, una risolutezza e un rigore tattico di eccezione". Eccellente nel gioco aereo, era ambidestro.
Infatti, secondo Giglio Panza "Ballarin, fisicamente poderoso, veloce, roccioso, arrivò da Trieste con la mentalità metodista del terzino-spazzatutto (sweeper per gli inglesi). Luigi Ferrero, il tecnico torinese meno pubblicizzato, ma che forse più ha dato alla costruzione del supergioco granata, lo trasformò in terzino sistemista perfetto; sulla fascia destra diventò per le ali avversarie un baluardo invalicabile".
István Nyers, la grande ala dell'Inter, apolide di origine ungherese, ricordava di non aver mai incontrato due terzini forti come Aldo Ballarin e come Maroso, nella sua intera carriera.
Quelli Là comunque non ci stavano mai a perdere. E se del caso, non se le mandavano a dire, senza serbare poi rancore. Venivano dalla guerra, ne avevano viste, povertà e paura, di ben peggio.
Così da un estratto dell'intervista di Vladimiro Caminiti per Tuttosport a Iginio Ballarin, infermiere sanitario, che perse i suoi due fratelli, Aldo e Dino, a Superga. Tuttosport, 20 giugno 1979.
"Lei si ricorda Valentino Mazzola a Venezia?".
Si alza in piedi.
"Ho assistito ad una scazzottata tra mio fratello e Mazzola. Io vedevo tutte le partite...Qui a Sant'Elena. Il Torino perdeva 2 a 1 ed allora è venuto a favore del Torino un calcio di rigore, mio fratello l'ha tirato. Fioravanti gliel'ha parato, un tiro debole, non si sa...Ha perso 2 a 1 il Torino. Finita la partita Mazzola ha offeso mio fratello, come si fa a sbagliare quel rigore, gli ha detto un epiteto irriferibile, Aldo gli fa, senti ciò e gli ha tirato un sottogola e l'ha mandato sotto le panchine...Poi Copernico -Direttore Tecnico- gli ha fatto far pace. Litigavano perché non volevano mai perdere, erano forti, ci tenevano a vincere e litigavano...".
Ballarin Aldo. 9 presenze in Nazionale nel periodo in granata.
4 volte Campione d'Italia.
Ballarin Dino. Mai schierato in partita ufficiale.
Terzo portiere.
Perito a Superga.
In vista della trasferta di Lisbona, in virtù del proprio prestigio e del proprio carisma, Aldo Ballarin aveva ottenuto dal Presidente il favore di aggregare alla comitiva il fratello Dino, di un anno più giovane, terzo portiere. Proveniente proprio dal Clodia. Come logica conseguenza, grande era stato il dispiacere -per usare un eufemismo- del secondo portiere, il meritevole Renato Gandolfi, rimasto fuori dall'elenco dei partenti. Il secondo portiere Gandolfi, che scampò così dallo schianto di Superga. Grande uomo di sport, che vedemmo sfilare, vecchio e fiero, a braccetto di Sauro Tomà, unici sopravvissuti del Grande Torino, il 3 dicembre 2006, in occasione del Centenario del Toro.
Chiusa la carriera e stabilitosi a Genova, Renato Gandolfi divenne poi allenatore di pallanuoto, tra l'altro della Mameli di Voltri e dello Sturla negli Anni '80. Padre di Valerio, Ferdinando e di Roberto, questi ultimi due olimpionici di pallanuoto.
Nando Gandolfi giocò la sua prima Olimpiade nel 1992 a Barcellona. Nel Girone B di qualificazione realizzò cinque reti, tre delle quali contro la mitica Ungheria. Ma soprattutto si rese protagonista nella partita delle partite, la finale contro la Spagna di Estiarte padrona di casa, vinta dagli Azzurri 9 a 8 dopo supplementari infiniti, in cui segnò il goal decisivo per la conquista della Medaglia d'oro olimpica, a pochi secondi dalla fine del settimo tempo supplementare.
Gianni Ponta
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
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