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la leggenda e i campioni

Benito Carbone. Da Bagnara Calabra ad Aberdeen

Gianni Ponta
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"Ho perso mio padre quando avevo quattro anni. Mia madre ha cresciuto sei figli da sola, vendendo olio d'oliva. Dopo dodici ore di lavoro, si sarebbe dedicata ad un secondo lavoro e poi sarebbe tornata a casa a cucinare per noi. Noi giocatori siamo stati così fortunati ad avere il miglior lavoro del mondo"

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Estate 1988. Cortile del Filadelfia. Un giovane diciassettenne si avvicina al grande Sergio Vatta. "Scusi, è lei l'allenatore?". "Sì, sono io". "Io mi chiamo Benito Carbone e vengo da Bagnara Calabra. Vorrei provare per il Toro". "Ma questi sono troppo grandi per te! Dimmi, dove hai giocato finora?". "Da nessuna parte, qualche partita tra amici a Bagnara". "E sei venuto fino a Torino per provare!". "No, sono venuto a trovare mia sorella, che abita a Settimo, e così ho pensato...Già che sono qua, vado al Toro". "Allora facciamo così: ti presenti al campo del Victoria Ivest, che è una nostra succursale, e io adesso avverto l'allenatore degli Allievi, Fantinuoli. Se fai una prova positiva, torni da me e vedremo il da farsi, va bene?". "Va bene, grazie". Il giorno dopo, Gigi Fantinuoli chiamò Vatta al telefono: "Guarda che quel ragazzino è un fenomeno, prendiamolo subito!". Carbone disputò col Victoria Ivest il campionato nazionale Allievi dilettanti, vincendolo. Il Victoria costituiva la seconda squadra Allievi, allestita in vista della stagione successiva; "Benny" Carbone, comunque, passò direttamente in Primavera, diventando, insieme a Marco Osio e Giorgio Bresciani, uno dei tre giocatori più precoci nella storia del settore giovanile granata. Per un campionato Primavera, al ragazzo venuto dalla Calabria mancavano centimetri e soprattutto chili, ma le qualità tecniche erano tali che Vatta decise di schierarlo al Torneo di Viareggio.

E Carbone, in quell'edizione numero 41, la quarta vittoriosa per la Primavera granata, gioca alla grande. In particolare si rende protagonista di una grande prestazione nella fase a gironi in una partita molto difficile, contro i Pumas di Città del Messico, una vera e propria nazionale Under 21, con sei o sette titolari da massima serie. Nel secondo tempo, al primo errore degli avversari, Carbone s'impossessa della sfera e, con una conclusione da giocatore consumato, porta il Torino in vantaggio. I messicani ripartono come furie ma, ad una manciata di minuti dal termine, ancora lui, Benny Carbone, con una serpentina dalla tre quarti si presenta solo davanti al portiere e marca il punto del 2-0! In quell'amara stagione 1988-89 (quella, maledettissima, della seconda retrocessione del Torino in Serie B) Carbone riesce a disputare con la maglia del Toro tre partite in Serie A senza però mai segnare, esordendo nella massima serie il 15 gennaio 1989 contro il Pisa. Aberdeen. Stagione 1993-94. In Coppa delle Coppe l'urna dell'UEFA estrae per il Torino la compagine scozzese dell'Aberdeen. All'andata al Delle Alpi i granata s'impongono per 3-2, reti di Sergio, Fortunato e Aguilera, con una tambureggiante rimonta dopo essersi trovati in svantaggio 0-2 al 23'. Nel ritorno in Scozia allo stadio Pittodrie, i goal di Daniele Fortunato e di Andrea Silenzi permettono al Torino di qualificarsi al turno successivo, dopo il vantaggio iniziale di Lee Richardson: vittoria in trasferta 1-2. Carbone gioca una bella partita, risulta difficile da marcare, a tratti imprendibile, e la sua prestazione risulta decisiva soprattutto nel propiziare il goal della vittoria di Silenzi.

Nello stesso anno, a Francia '94 il nostro va a vincere l'Europeo di categoria con l'Italia Under 21, in una nazionale che schiera nelle proprie fila il portiere Toldo, i difensori Fabio Cannavaro e Panucci, gli attaccanti Vieri e Filippo Inzaghi. Purtroppo arriva la cessione, lontano da Torino dov'è cresciuto come calciatore. Per Carbone, dopo un anno all'ombra del Vesuvio, il trasferimento all'Inter nel 1995 avrebbe potuto rappresentare la svolta della carriera. Sulla sua strada, però, andava ad incrociare un allenatore convinto assertore del 4-4-2, basato su un pressing iper aggressivo in spazi ristretti, su una rigida disposizione in campo di razionalità geometrica: Roy Hodgson. Nel suo sistema di gioco, la collocazione ideale per Carbone sarebbe stata quella di seconda punta. Hodgson, però, aveva idee diverse e preferiva schierarlo da esterno destro di centrocampo, un ruolo di puro sacrificio da tornante, portatore d'acqua, un ruolo che richiede ritmo continuo e potenza, che viceversa ne mortificava il talento e ne metteva in evidenza lacune a livello dinamico, visto che Carbone non raggiungeva nemmeno il metro e settanta. Nell'estate del '96 Carbone non ha più intenzione di sacrificarsi. L'allenatore gli impone di giocare a destra o di andarsene, sarebbe arrivato Djorkaeff al suo posto. Così, il numero dieci fa le valigie e cambia campionato: ad aspettarlo, in Inghilterra, c'è lo Sheffield Wednesday, che lo acquista per tre milioni di sterline, record nella storia del club.

La Premier di metà anni '90 non era ancora il torneo scintillante dei nostri giorni: era ancora un calcio legato alla tradizione inglese, kick and run, "maschio", dove erano prettamente i tackle, il gioco aereo, i lanci e i colpi di testa a farla da padroni. Carbone, con la sua classe e nonostante il suo fisico minuto, portava qualcosa di nuovo. Per una squadra inglese di media-bassa classifica, un "10" con piedi simili era un lusso. Del suo talento, Hillsborough se ne accorge definitivamente alla settima giornata del campionato 1996/97. Lo Sheffield ospita il Nottingham Forrest e passa in vantaggio a metà secondo tempo. A cinque minuti dalla fine, Carbone si smarca sul limite dell'area e riceve un passaggio a rimorchio. Senza pensarci due volte, l'italiano tira uno schiaffo al pallone di mezz'esterno che si infila sul secondo palo. È il primo gol con la maglia degli owls, i gufi, e a fine campionato saranno sei. Il suo contributo alla causa, però non sono solo le reti. Libero di agire da numero dieci e di muoversi secondo il suo istinto, Carbone fa innamorare i tifosi con la sua inventiva. A dicembre, disputa la sua miglior partita contro il Manchester United di Sir Alex Ferguson. Carbone gioca (come dicono oggi con un'orribile espressione da calciobalilla) tra le linee e i difensori avversari non sanno se marcarlo stretto o lasciarlo ai centrocampisti.

L'ex ragazzino prodigio del "Fila" riempie la sua partita di tocchi di prima, assist e dribbling in cui i giocatori del Manchester sembrano troppo grossi per dar la caccia a una preda tanto leggera. Nel secondo tempo, su un contropiede, arriva anche il goal: Carbone riceve al limite dell'area, sterza sul destro, nota Schmeichel fuori dai pali e lo supera con un interno a giro tanto lento quanto preciso. Lo Sheffield conclude la stagione al settimo posto, poco lontano dalla qualificazione alla Coppa UEFA.

Successivamente, un anno all'Aston Villa (1999-2000) e poi il Bradford City (2000-2001). Ad ottobre 1999 Benny si trasferisce all'Aston Villa, squadra capitanata allora da Gareth Southgate. Carbone si impone subito come titolare in un club che compete per i posti europei. Eppure, non si è ancora ambientato del tutto in Inghilterra. La nostalgia di casa si fa sentire e dall'Italia si rincorrono voci di club di Serie A interessati a lui. Alla vigilia dell'ottavo di finale di FA Cup contro il Leeds, Carbone avrebbe già le valigie pronte, non fosse stato per l'allenatore John Gregory: "Stavo male e mi mancava casa, gli avevo detto di voler tornare in Italia. Mi rispose: Tu non vai da nessuna parte, Benny. Ho bisogno di te qua. Abbiamo un'eliminatoria di FA Cup contro il Leeds domani. Vedrai che starai meglio dopo avergli fatto qualche gol". La previsione è quanto mai azzeccata, perché quell'Aston Villa-Leeds diventa la copertina della carriera di Carbone. L'italiano firma la tripletta con cui la squadra di Birmingham vince la partita, un 3-2 arrivato in rimonta dopo il vantaggio del Leeds. Il secondo gol rimane uno dei più iconici della storia della competizione. Carbone raccoglie un campanile poco oltre il centrocampo, sulla sinistra. Alza la testa e nota il portiere distratto sul secondo palo, forse si attende un cross verso quella zona. Carbone, allora, lascia partire un destro a giro che però curva verso l'incrocio del palo più vicino, totalmente scoperto. Quando il portiere se ne accorge, è troppo tardi. Carbone si limita ad alzare le dita al cielo, mentre continua a masticare il suo chewing-gum con nonchalance, come se avesse fatto la cosa più semplice del mondo. L'Aston Villa avrebbe raggiunto la finale di FA Cup, sconfitto solo dal Chelsea grazie a una prodezza di un altro italiano, Roberto Di Matteo. Carbone si sarebbe guadagnato un posto nel cuore dei tifosi, che avrebbero intonato il suo nome sulle note di "Volare".

A quel punto, l'italiano si aspetta una proposta di rinnovo, ma dalla società non arrivano offerte. Si parla di un interesse della Fiorentina per lui. Alla fine, però, a spuntarla è il Bradford, che l'anno prima si era salvato solo all'ultima giornata. Però per la società del West Yorkshire, quel mercato sarà solo l'inizio della fine. Carbone firma un contratto quadriennale da circa due milioni di sterline l'anno. Nonostante i nomi nuovi, la squadra retrocede. L'allenatore Jeffries aveva trasformato il ritiro estivo in una vera e propria leva militare, dove i giocatori dovevano pulire le stanze, con tanto di ispezioni giornaliere, e correre nel fango senza vedere mai la palla. "Non avevamo speranze di salvarci, quello non è calcio".

Per non perdere la Premier, nella stagione successiva Carbone va in prestito in due squadre diverse, prima al Derby County di Fabrizio Ravanelli, poi, da gennaio, al Middlesbrough, dove costruisce un'ottima intesa con Alen Boksic. Come ai tempi del Villa, il calabrese si aspetta una proposta per rimanere al Boro in maniera definitiva, ma la dirigenza la pensa diversamente. Così, Carbone ritorna al Bradford, dove gli rimangono altri due anni di contratto. La società, però, è in dissesto. Caduta nei bassifondi della Championship, il presidente Richmond non ha saputo sostenere i costi di una squadra costruita con più risorse di quelle effettivamente disponibili. Il contratto di Carbone, in una situazione del genere, è troppo oneroso.

Richmond chiama Carbone e lo implora di lasciare Bradford e rinunciare ai suoi soldi: "Mi ha semplicemente detto: "Benny, siamo nei guai. Non possiamo più pagarti". Gli ho risposto "Non si preoccupi presidente, non sarò io ad uccidere il club". Avevo ancora due anni di contratto, cosa avrei dovuto fare? Ho pensato ai tifosi, non avrei potuto fargli questo. Sono andato via senza i soldi, ma con la coscienza pulita". Le frasi con cui spiega la sua scelta di andare via dall'Inghilterra, nonostante gli anni rimasti sul contratto, testimoniano meglio di qualunque altra cosa il suo percorso e la sua personalità.

Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.

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