"Il Toro è pure realtà umana che ha saputo esportare il calore della sua terra ai figli emigrati nell'America Latina del primo Novecento, con una tournée di tre mesi nel lontano 1914"
La Leggenda e i Campioni
I fratelli Mosso. L’Atlantico e l’Equatore tra le loro terre
don Aldo Rabino
F.C. TORINO 1914 Tournée Sud-America
La scritta è sul pallone mostrato con orgoglio da Francesco Mosso nella foto, splendida per com'è stata ri-masterizzata dall'archivio, che ritrae la squadra del Torino sul bastimento che portava per la prima volta una società italiana a varcare l'oceano per una tournée di lusso, sotto la guida di Vittorio Pozzo.
La formazione tipo era la seguente:
Pennano (titolare tra i pali per sostituire Morando I trasferitosi in Germania per motivi di lavoro); Capra II, Bollinger; Goggio, Bachmann I, Mosso II Benito; Debernardi II, Mosso III Eugenio, Mosso I Francesco, Morelli, Arioni II.
Siamo debitori soprattutto a Gianni Romeo "La Stampa" e ad Alberto Fasano "La Gazzetta del Popolo", per quanto riguarda gli aneddoti dell'epoca ed i racconti delle performance durante la tournée in Sudamerica.
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Intanto, quello che colpisce nelle formazioni di quell'epoca di pionieri, è l'elenco di intere famiglie schierate, con i cognomi accompagnati dal numero romano.
I Milano e i Rampini dei bianchi della Pro Vercelli, i cinque Cevenini dell'Internazionale e nella Novese Campione d'Italia.
Anche il Torino era messo bene: Augusto, Egidio ed Enrico Arioni; Adolfo ed Enrico Bachmann; Ernesto, Romolo e Ottavio Boglietti; Enrico e Guido Debernardi; Giuseppe e Francesco Morando; Piero, Cesare (Campione d'Italia 1927-28, capitano, diciassette stagioni in maglia granata, la prima Coppa Italia), Dario (Campione d'Italia 1927-28) ed Edmondo Martin; Vittorio (massacrato dai nazisti a Mauthausen) ed Eugenio (che amava farsi chiamare Andrea) Staccione; Giacomo ed Enea Zuffi; Giuseppe e Gino Rossetti (per l'anagrafe Rosetti, in realtà). E i fratelli Succio, "Succio I forward, Succio II back, Succio III e Succio IV halves".
I primi famosi, tuttavia, furono i quattro fratelli Mosso: Francesco, Benito, Eugenio e Giulio.
Negli anni precedenti il primo conflitto mondiale papà Mosso, che era emigrato in Argentina a fine Ottocento, decise di fare ritorno in Italia. L'azienda vinicola impiantata a Lujan de Cuyo, alla periferia di Mendoza, aveva fruttato bene. Mosso senior s'imbarcò con donna Maria ed i suoi sette figli per stabilirsi con la famiglia a Torino.
Quattro dei sette fratelli avevano giocato a calcio nelle giovanili del Mendoza. Quando Francesco "Cisco" (classe 1892), Eugenio "Grignolin" (1895) e Benito (1893) si presentarono al Torino, di cui era responsabile tecnico Vittorio Pozzo, vennero accolti a braccia aperte. Arrivati in settembre, già ai primi di novembre erano in prima squadra per disputare il girone piemontese del Campionato italiano 1912-13. Il 3 novembre 1912 il Torino vinse a Novara per 2-1, doppietta di Mosso III. Eugenio era il più dotato dal punto di vista tecnico e della visione di gioco. Veloce, in grado di effettuare improvvise aperture a beneficio dei compagni smarcati. In possesso di un tiro rapido e potente. In una partita amichevole internazionale contro il Cercle Athlétique di Parigi, il portiere francese, terrorizzato da una sua "lecca" precedente, vedendoselo nuovamente arrivare di fronte, fra l'ilarità generale, si getta a terra ad evitare il tiro.
Al termine della carriera Eugenio "Grignolin" farà rientro in Argentina per dare un'impronta moderna all'azienda vinicola di famiglia. Attiva e famosa a tutt'oggi, la MalbecMendoza, di Paula Mosso.
Dalle Americhe, nonno Eugenio aveva sposato per procura la sorella dell'ex compagno di squadra Gino Goggio.
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Torniamo alla tournée in Sudamerica. Mentre la nave sta portando la squadra granata, 18 giocatori guidati da Vittorio Pozzo, verso le coste sudamericane, scoppia la Prima Guerra Mondiale che per il momento non coinvolge il nostro Paese. In Brasile, sette partite, sette vittorie. E poi, grossa impasse. Tornare, per ora, non si può. Allora Pozzo porta la squadra prima in una fazenda di un cognato canavesano, a Santa Veridiana. Relax, asado e cavalli.
Poi vengono organizzate tre partite a Buenos Aires. Per raggiungere la capitale dell'Argentina, in ferrovia, impiegano una settimana. I granata vincono contro la vera e propria Nazionale Argentina, reti di Mosso I e Tirone . Al suo goal, "Cisco" corre da Pozzo e, come ricordato anni dopo dal figlio, in dialetto piemontese gli domanda entusiasta: "Ti è piaciuta questa?".
Li manda a chiamare d'urgenza l'ambasciatore: ha trovato posto per loro sulla "Duca degli Abruzzi" che rientra in Italia. Il piroscafo viene intercettato e fermato in alto mare da navi da guerra inglesi a caccia dei nemici tedeschi. Giunti in porto a Genova, i giocatori scorgono sul molo la folla dei parenti che sventolano biglietti colorati. Sono i cartoncini precetto di richiamo alle armi, verdi per gli alpini, granata per i bersaglieri, gialli per gli artiglieri...
Ancora Alberto Fasano: "Per dare un'idea delle capacità realizzative di questi due fratelli - "Cisco" I ed Eugenio III- basta scorrere le statistiche. Nel campionato 1913-14 (girone settentrionale) la squadra granata si piazzò al quarto posto, dietro Casale, Genoa e Pro Vercelli; ma in fatto di reti segnate, proprio per merito dei due Mosso, il Torino fece sfracelli: 74 goal in 18 incontri! 23 a testa per Eugenio e Francesco. Beh, allora i giocatori venivano schierati in campo secondo la Piramide di Cambridge di fine Ottocento. Si difendeva poco e gli attaccanti erano nettamente in numero maggiore rispetto ai difensori.
Il "catenaccio" non era ancora stato inventato; il "libero", ultimo difensore a spazzare là dietro non c'era...
In quella stagione esordì anche Benito Mosso II. Un mediano efficace, che giocava in marcatura sull'ala avversaria secondo i più rigorosi dettami del Metodo.
"Nella stagione 1920-21 fece il suo esordio anche il più giovane dei fratelli, Mosso IV Giulio, prevalentemente interno destro".
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"Cisco" Mosso I rappresenta veramente una figura leggendaria. Veloce, agile, forte di testa sebbene fosse di statura normale. Giocatore universale, tanto da eccellere anche tra i pali.
La Stampa, 16 maggio 1915: "Mosso I che, ferito, si presentò puramente perché gli altri compagni disponibili erano chiamati a compiti superiori, giocò nel secondo tempo come goalkeeper, cambiando di posto con Morando", Torino-Milan 1-1.
Il 29 febbraio 1920, essendosi infortunato il portiere Pennano, Mosso I andò a schierarsi tra i pali. Se la cavò in modo tanto lusinghiero da disputare poi l'intera stagione successiva nel ruolo di portiere.
Mosso I nel Torino dei pionieri è stato tutto.
Il 27 novembre 1921, Casale-Torino 1-1, prende il posto di allenatore del dimissionario Vittorio Pozzo.
Torino F.C., comunicato ufficiale.
"Cambiamento del Direttore Sportivo e della C.T. -Avendo il Rag. Vittorio Pozzo irrevocabilmente presentate le sue dimissioni da Trainer...Con sua deliberazione del 9 marzo (1922), la Direzione affidava per questo scorcio di stagione, le mansioni di Trainer al suo Consigliere Sig. Mosso Francesco, ex giocatore di Prima Squadra, troppo noto a tutti per doverne qui esaltare la competenza ed il generoso entusiasmo".
Un credito particolare al "Grande Dizionario del Toro", G.C. Morino, F. Ossola.
Priuli & Verlucca, aggiornato al 31 marzo 2015.
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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