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Scomparso nella tragedia di Superga, ancora ventitreenne, Virgilio Maroso viene ricordato come uno dei più grandi terzini della storia del calcio italiano: lui è il protagonista del nuovo appuntamento di "La Leggenda e i Campioni", la rubrica a cura di Gianni Ponta.
"La scomparsa repentina del Grande Torino ebbe l'effetto di sottrarre alla Nazionale l'esperienza ineguagliabile di Castigliano, Mazzola, Loik, Gabetto, Menti; privò nello stesso tempo il vivaio italiano della giovinezza impetuosa di Bacigalupo, Ballarin, Rigamonti, Fadini, Martelli e dell'arte di Maroso, l'esile stilista che conosceva i misteriosi recessi della perfezione".
Antonio Ghirelli, Storia del calcio in Italia
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"È stata una giornata da cani, abbiamo giocato tutti male, eccetto lui", disse Carlo Parola ai giornalisti in attesa. E indicò il ventiduenne terzino granata, Virgilio Romualdo "Maldo" Maroso.
9 novembre '47, Vienna, Prater. Amichevole Austria-Italia 5-1 (3-0)
Sentimenti IV (Franzosi); Ballarin, Maroso; Malinverni, Parola, Campatelli (Castigliano); Biavati, Piola, Boniperti, Valentino Mazzola, Carapellese. Goal italiano: Carapellese
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Questo il commento di Valentino Mazzola all'Europeo Sport del primo dicembre 1947 (dal Museo Aldo e Dino Ballarin di Chioggia): "Sulla partita di Vienna ho poco da dire che già non sia stato detto dai giornali. So soltanto di aver provato un grande dispiacere non solo per la sconfitta italiana, ma anche perché sapevo che Pozzo riponeva in me non poca fiducia...secondo me ha avuto la sua parte anche la sfortuna. Boniperti ha sbagliato un goal facilissimo, Sentimenti ha subito la prima rete tutt'altro che imparabile, il risultato è stato capovolto nel giro di pochi minuti e il morale di una squadra non perfettamente a posto, soprattutto poco fiduciosa dei propri mezzi, è crollato. Sentimenti è un grande portiere, ma a mio avviso troppo facilmente emozionabile. Con questo non voglio fargli nessun rimprovero.
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A Bari contro la Cecoslovacchia vedrei volentieri una squadra con Loik e Boniperti al mio fianco, con Cavone e Carapellese alle ali, e forse con Bacigalupo in porta. Bacigalupo sta attraversando un periodo brillantissimo, non si emoziona ed è affiatato con Maroso e Ballarin. La mediana potrebbe essere quella del Torino con Parola al centro oppure Rigamonti. So che la squadra cecoslovacca è una squadra massiccia imbattuta da un anno e pratica il Sistema come va realmente praticato. Qui da noi ben poche squadre hanno assimilato il Sistema. Il Sistema obbliga ad un generale movimento in avanti delle tre linee, è come lo spiegamento di forze in una manovra bellica offensiva, come una ben condotta manovra di uno specialista della dama, ma vuole anche elasticità di movimento per un immediato e generale ripiegamento a situazione capovolta. Solo così saranno eliminati tutti i vuoti al centro e i pericolosi capovolgimenti di fronte".
E in effetti, seguendo le indicazioni di Valentino, l'Italia avrebbe battuto seccamente 3-1 la Cecoslovacchia in quel di Bari, il 14 dicembre 1947, schierando 8 giocatori del Torino.
Tornando alla sconfitta di Vienna, una batosta per noi (1 a 5). Stojaspal che penetra come una spada sulla destra del nostro schieramento difensivo, un Ocwirk mai visto che ti crea il vuoto a centrocampo. Dal disagio della squadra italiana, che schierava anche il ragazzino Boniperti, si ergeva un gigante: Virgilio Maroso. Partiamo proprio da una prestazione negativa della Nazionale per rievocare e mettere in risalto la grandezza di "Maldo" Maroso, come venne magistralmente descritta da Alfredo Toniolo che aveva seguito la partita degli azzurri al leggendario Prater, nella torbida povera Vienna del dopoguerra, con le voragini belliche non ancora rimarginate. 60 000 spettatori che cercavano, in quella grigia domenica viennese, di dimenticare almeno per un pomeriggio le angherie, le crudeltà e le conseguenze della guerra. Nessuno conosceva Maroso nella capitale austriaca e i russi meno di tutti. Li sbalordì a tal punto, col suo gioco classico, tecnicamente perfetto , in virtù della sua scelta di tempo negli interventi, della sua elasticità, da costituire da solo lo spettacolo della giornata.
Ufficiali e soldati delle truppe sovietiche di occupazione emigrarono nell'intervallo da un settore all'altro del campo, per vedere ancora giocare da vicino Maroso! Per chi ebbe la fortuna di vederlo giocare, come mio zio Ezio che me ne parlava ogni domenica, oh quella sua inimitabile maniera di trattare la palla. Destro, sinistro -al volo, di controbalzo, da fermo- di testa, in rovesciata.
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C'è una foto, nello stupendo libro "profondo granata" di Salvatore Lo Presti, che ne ritrae un impeccabile intervento difensivo in anticipo sul possente lanciatissimo centravanti del Milan Héctor Puricelli, già capocannoniere del campionato '40-41. Sul campo innevato, reso giocabile con la segatura, lo slancio in corsa a colpire solo la sfera di cuoio è pulitissimo, sembra un colpo da biliardo. Soltanto Roberto Rosato ripeterà oltre due decenni dopo interventi così, in bello stile e decisivi. Secondo Gianni Brera, il più grande terzino italiano all-time con Paolo Maldini, una spanna sopra Giacinto Facchetti e Antonio Cabrini.
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Scomparso nella tragedia di Superga, non ancora ventiquattrenne, Virgilio Romualdo Maroso era nato il 26 giugno del 1925 a Crosara di Marostica (VI). Sembrava destinato a fare il meccanico, come il padre peraltro, ma a 17 anni, scoperto in una squadra di Borgo Vittoria da Mario Sperone e poi testato con la maglia dell'Alessandria -12 partite nel 1944- venne chiamato come un fulmine a ciel sereno da Ferruccio Novo per divenire in brevissimo tempo un asso del Grande Torino. Era un laterale di spinta, forte e raffinato e ci mise poco tempo ad essere considerato tra i migliori terzini d'Europa, se non il migliore. Biondo, magro ma robusto e molto elegante, viene ricordato come una persona umile e stacanovista. Il più piccolo in squadra, divenne un gigante della storia granata, grazie ai quattro campionati vinti da protagonista.
Giglio Panza, uomo di penna indimenticabile, definì il Grande Torino = Valentino Mazzola, Maroso e tanti "pezzi da otto" attribuendo un 9 al Capitano e un 8,5 a Maroso: "Recitava la parte del terzino con il comportamento di un artista. Palleggiatore raffinato, dalla coordinazione naturale, elegante e potente, portato a inserirsi nell'azione offensiva con la disinvoltura dell'attaccante di classe . L'allenatore non dovette insegnargli nulla, solo inculcargli la mentalità del difensore. È stato con Valentino il più grande talento della squadra". Resta di lui ancora un tenero ricordo, spesso evocato dai suoi vecchi tifosi. Il classico "goal dello zoppo" ( in un'epoca in cui non esistevano le sostituzioni ed il giocatore infortunato veniva schierato all'ala), realizzato nel match della Nazionale a Genova contro il Portogallo (vittoria per 4-1).
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Prima delle partite importanti vestiva sempre allo stesso modo: giacca Principe di Galles e pantaloni di vigogna, scuri. E recandosi al campo, immancabilmente faceva la sua puntatina in piazza S. Carlo: a pestarvi i testicoli del toro davanti al caffè Torino.
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Tanti anni dopo, Giuseppe Marchetto, ragazzo del "Fila", segnato profondamente dalla tragedia di Superga, faceva rivivere Quelli Là ogni volta che insegnava un gesto tecnico: "Vedi, Maroso usciva così...". L'unica maglia di un giocatore di club in mostra al Museo di Coverciano è quella di Virgilio Maroso, indossata in occasione della tournée del Grande Torino in Brasile nell'estate del 1948. Immenso. Nell'Olimpo, per sempre. Sempre Forza Toro
Gianni Ponta, chimico, ha lavorato in una multinazionale, vissuto molti anni all’estero. Tuttavia, non ha mai mancato di seguire il “suo” Torino, squadra del cuore, fondativa del calcio italiano. Tra l’altro, ha scoperto che Ezio Loik, mezzala del Grande Torino, aveva avviato un’attività proprio nell’ambito dell’azienda in cui Gianni molti anni dopo sarebbe stato assunto.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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