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La lezione dell’Ajax che deve far riflettere anche il Torino

Alessandro Costantino
Alessandro Costantino Columnist 
Il Granata Della Porta Accanto / Ricerca del gioco, mentalità, sfrontatezza e prolificità del vivaio dovrebbero essere le basi sulle quali anche la società granata dovrebbe muoversi

Al diavolo la buona creanza e quel falso sentimento patriottico che impone il dispiacere generalizzato ogni qual volta una squadra italiana viene eliminata da una competizione europea. La Juve fuori ai quarti di Champions è un evento che riconcilia coi veri valori dello sport soprattutto per il modo in cui tale evento si è concretizzato: l’Ajax imbottito di valorosi giovanotti capaci di giocare un calcio arioso e a tratti entusiasmante mette sotto una Juve che comprando il giocatore più forte del mondo credeva di aver “comprato’ anche il diritto di prendersi quella coppa che è diventata una maledizione per chi domina in Italia, ma all'estero si ritrova sempre con un pugno di mosche in mano. È la rivincita dei gufi, come è stata simpaticamente ribattezzata, anche se l'eliminazione dei bianconeri in realtà non è solo questo perché ha dei significati più ampi che, sorprendentemente, possono anche riguardare il Toro.

L'idea che il denaro possa tutto nel calcio è, per fortuna, un assioma ancora ben lontano dal poter essere matematicamente e statisticamente confermato e la vittoria dei lanceri di Amsterdam ne è l'ultima e lampante conferma. Chiariamoci subito: l'Ajax non è un club “cenerentolo”, senza storia né risorse, tutt'altro. È una sorta di Juventus d'Olanda, con una grande differenza rispetto a quella d’Italia, anzi due: ha sempre puntato molto sul vivaio ed ha sempre avuto filosofie di gioco molto chiare e propositive. Diciamo che potremmo sintetizzare il tutto dicendo che ad Amsterdam vincere è importante, ma non è l'unica cosa che conta...È chiaramente importante perché lo sport è competizione e voler arrivare primi non è un'ambizione da demonizzare, al contrario. Però la via per cercare di arrivare primi da quelle parti è sempre passata attraverso il gioco e attraverso gli interpreti più adatti a svilupparlo, i giovani del vivaio, cioè coloro che crescono con l'imprinting di tale filosofia. È una ricetta semplice che presuppone una semina continua ed un'attenzione costante allo sviluppo di ciò a cui si è dato il via. I risultati non sono assicurati, ma le probabilità che arrivino sono più alte nei momenti di picco dei cicli di crescita. In Italia c'è diffidenza verso questo tipo di filosofia, soprattutto ad alto livello. Si vuole tutto e subito, usando il denaro come scorciatoia e non come propellente per circoli virtuosi come quello dell'Ajax. Il super eroe Ronaldo che in Italia sbaraglia i Frosinone e i Chievo di turno, si trova quasi impotente di fronte ad una banda di ragazzini che gioca a calcio sul serio. Perché?

Perché in Italia nessuno gioca a calcio e quei pochi che lo fanno solitamente non vincono mai nulla, alimentando il pregiudizio che vincere sia l'unica cosa che conta. E così da chi lotta per non retrocedere a chi si gioca la Champions, tutti sono diffidenti nel far giocare il ragazzino che resta quindi in panchina o in Primavera o in prestito nelle serie minori. E anche se gioca arriva da talmente tanti anni di tatticismi esasperati che le sue qualità faticano ad emergere perché castrate da quegli allenatori che trasformano il calcio in una scienza complicata defraudandolo di quegli aspetti ludici e di genialità che lo hanno reso lo sport più popolare al mondo. A ben pensarci una buona parte delle critiche mosse dall'opinione pubblica alla Juventus, fatte le debite proporzioni, sono le stesse che si potrebbero fare ad alcuni aspetti della gestione Mazzarri. Innanzitutto il “non gioco” (ultima in ordine di tempo la partita di Genova) che spesso vede il Toro più preoccupato a distruggere le trame avversarie piuttosto che a giocarsi la partita a viso aperto. In secondo luogo la gestione dei giovani che raramente vengono inseriti come pedine che non siano meramente di contorno. Infine la mentalità, priva di un proprio credo che non sia quello di speculare sull’avversario o su eventuali episodi favorevoli.

La vittoria dell'Ajax, ma in fondo senza andare troppo lontano anche l'Atalanta è un ottimo esempio in questo senso, mostra che anche ad un certo livello puntare sui prodotti del settore giovanile può, nel medio periodo, pagare. D'altronde è sempre stato così nel Toro fino agli anni Novanta, non vedo perché non dovrebbe tornare ad esserlo. Fosse vera l'indiscrezione secondo cui Bava potrebbe prendere il posto di Petrachi come ds da giugno in avanti, sarebbe forse possibile gettare le basi per uno spostamento ed un riallineamento della filosofia del club in questa direzione. E sebbene a noi granata l'Ajax faccia venire in mente l’infausto ricordo di una Uefa persa senza perdere, non mi dispiacerebbe vedere giocare il Toro con il piglio e la sfrontatezza (e magari anche i risultati…) della squadra olandese.

 

Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finchè non è finita.