Dopo il gol alla Roma, la 'sua' Roma, tanta amata quanto ingrata verso di lui, Alessio Cerci è diventato l'eroe della domenica, capace di fermare quasi da solo la squadra giallorossa lanciatissima dopo il record di dieci vittorie consecutive. O almeno questo è stato il leitmotiv giornalistico post partita per dare ancora più risalto al pareggio che tutto il Torino, e non solo Cerci, ha trovato contro la squadra di Garcia rallentandone così la trionfale ed inumana marcia da prima in classifica.
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La metamorfosi di Cerci: da talento sprecato a campione vero
Un'ottima prova quella degli uomini di Ventura che, al di là del gioco (impensabile imporre il proprio ad una squadra qualitativamente e psicologicamente più forte), ha mostrato come il Toro di quest'anno abbia però le caratteristiche giuste per centrare i propri obbiettivi: buona organizzazione, compattezza tra i reparti, ardore agonistico e sprazzi di qualità. Quest'ultima ovviamente firmata Alessio Cerci anche se le due cose più "alla Cerci" di tutta la partita, cioè un assist e una conclusione spettacolare, le ha fatte il più vituperato degli attaccanti granata: Riccardo Meggiorini.
Quello che è innegabile, al netto di tutte le ben note esagerazioni giornalistiche che un giorno ti fanno eroe e quello dopo brocco, è che davvero sembra ci sia in atto una vera trasformazione di Cerci da super talento a corrente alternata a vero campione carismatico e trascinatore dei compagni, quello che in America viene definito il "go-to-guy", cioè l'uomo a cui affidare la palla che "scotta" nei momenti decisivi delle partite. Perchè se a poco più di 16 anni esordisci nella tua squadra del cuore e da allora ti porti dietro l'etichetta di potenziale campione vuol dire che i numeri li hai sul serio ma anche che non è affatto scontato che tu possa poi davvero rispettare i pronostici di chi ha puntato tutto su di te. Cerci fino all'anno scorso sembrava destinato ad ingrossare le fila di quegli immensi talenti rimasti tali, incapaci per sfortuna o per demeriti di fare il salto da promessa a realtà. Poi qualcosa è cambiato con l'arrivo al Toro, la "cura" Ventura e probabilmente una molla interna che gli ha fatto capire che era davvero l'ultimo treno per sedersi al tavolo dei grandi nel quale da tempo c'era una prenotazione a suo nome.
Senza scadere nella retorica, non è superfluo ricordare che il campione non è solo quello bravo, anzi il più bravo, ma, in uno sport di squadra come il calcio, è anche quello che sa creare le condizioni migliori per interagire con i compagni: non è quello che gioca bene solo lui, ma quello che giocando bene fa rendere al meglio anche chi gli sta attorno. L'anno scorso ho dubitato molto che Cerci fosse questo tipo di giocatore. Piuttosto pensavo che la sua stagione al Toro non fosse altro che un modo egoistico di rimettersi in carreggiata per ritentare il salto su altri palcoscenici. L'inizio di quest'anno, però, la spaventosa continuità che è riuscito a trovare, ha minato alla base questa mia superficiale idea. Ho visto un giocatore diverso in campo, oserei dire più coinvolto dal destino della squadra per cui gioca: devastante sì, e questa in fondo non è una novità, ma anche molto più uomo-squadra inteso come giocatore che ha ben chiaro come il destino della squadra sia legato al proprio. Un Cerci voglioso di vedere la propria crescita rispecchiata nella crescita parallela di tutta la squadra che gli sta attorno.
Confesso che resto molto sospettoso di questa mia tesi e mi guardo bene dal pensare che davvero Cerci abbia il desiderio più o meno inconscio di rimanere al Toro. Guardo la realtà e cerco di mettermi nei suoi panni. Se la super stagione di Cerci finisse in gloria così come incominciata, gli converrebbe davvero lasciare il Toro? A livello economico non fatico a pensare che la risposta possa essere senza alcun dubbio un sì perchè altrove troverebbe un contratto molto più ricco di quello che il Torino potrebbe rinnovargli. Ma tutti gli altri aspetti? Davvero sarebbero così determinanti nel far pendere la sua scelta per un altro club?
Dove troverebbe Cerci una squadra in cui essere leader, amato dai tifosi, identificato come uomo simbolo? Chi gli garantirebbe un posto fisso, uno status da stella full-time e non da giocatore di lusso part-time? E quale squadra gli darebbe quella visibilità e continuità necessaria per poter rimanere nel giro azzurro? Per uno che è già stato scottato da "grandi" come la Roma o la Fiorentina, ripetere esperienze del genere al culmine della carriera vorrebbe dire gettare via tutto quello che di eccellente ha fatto e sta facendo in questi due anni di Toro.
Mi chiedo dunque se la metamorfosi che sta portando Cerci a consacrarsi campione lasciando le scomode vesti del "semplice" talento, sia realmente l'anticamera dell'addio del mancino romano alla maglia granata o non possa essere invece un motivo in più per continuare nel Toro questo processo di ascesa.
In fondo era la stessa domanda che mi ponevo su Ogbonna e sappiamo tutti come è andata a finire... Che Cerci, bruciato da altre esperienze, sappia fare meglio i propri conti? C'è da augurarselo, soprattutto per il bene del Toro.
Alessandro Costantino
Twitter: AleCostantino74
(Foto Dreosti)
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