Pioveva ieri sera a Torino. Una pioggia fastidiosa, fredda e pungente. Pioveva come un anno fa, quando durante l'ultima giornata casalinga abbiamo ripercorso un campionato fatto di soddisfazioni e grandi emozioni e abbiamo salutato alcuni dei nostri ragazzi che se ne stavano andando.
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La pioggia su Torino
Pioveva ieri a Torino, su una partita che aveva ben poca importanza per noi, se non per darci modo di vedere ancora una volta il Toro tremare di paura di fronte ad una formazione forte, anzi fortissima, come quella del Napoli. Un tempo buttato alle ortiche e uno giocato con appena qualche spunto interessante firmato Bruno Peres: questa la fotografia, che, nel brusco risveglio dopo il sogno di Udine, noi ci stampiamo in testa e che dovrebbe essere da monito anche per chi guida questi ragazzi, perchè a forgiare il carattere e dare motivazione ci vuole il Mister. Anzi ci vuole un mister, non necessariamente quello attuale, nonostante sia stata ribadita più volte dalla società l'intenzione di continuare questo percorso.
La pioggia cadeva sui nostri saluti ai ragazzi, sugli applausi decisamente poco meritati per alcuni e più per altri, su virtuali pacche di affetto e comprensione inviate dagli spalti verso la compagine spersa che è il Toro di oggi, e che non potrà essere il Toro di domani: ragazzi, dovete fare di più e farlo meglio. Pioveva sui nostri sguardi verso chi ha indossato la fascia di capitano fino ad oggi e non si sa cosa farà domani, e sulla delusione che ho provato nel non vederlo nemmeno venire sotto la curva.
E poi pioveva, pioveva ancora nell'intervallo, quando allo Stadio Olimpico Grande Torino, risuonava "Quel giorno di pioggia" e tutti eravamo lì con il fiato sospeso ad osservare quelle immagini, ancora una volta, per sempre nostre. Le mani applaudivano, il cuore stretto in una morsa, gli occhi un po' umidi. Forse era la pioggia, o forse, era il senso di appartenenza a quel momento che era nostro, nell'intervallo di qualcosa che, invece, non ci rappresentava abbastanza.
Buonanotte granata...
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