Sono un tifoso, granata per di più e sono italiano. Quindi ogni volta che passo da Siena, come mi è ricapitato quest’anno sulla via delle ferie, ritrovo lì, sempre, qualcosa di molto caro e familiare. Si percepisce tra quelle vie la grande personalità e il grande spirito di una città unica che però storicamente è rimasta alla fine “schiacciata” dalle maggiori grandezze raggiunte da Firenze e Roma. Ma una cosa, di Siena, proprio nessuno è riuscito a schiacciare. Nel mondo è nota a tutti per la passione dei suoi abitanti per una corsa di cavalli unica: il Palio di Siena. E’ una corsa unica proprio per la partecipazione della gente all’evento. Il Palio, cioè il premio della corsa ove da secoli partecipano, in un modo o nell’altro, le contrade di un tessuto urbano inimitabilmente medioevale. Il palio stesso era ed è un tessuto. Un drappo celebrativo dipinto. Le contrade, da tempo definite in 17, sono i “luoghi” della citta’, fatti non solo di mattoni, ma della gente di Siena. Luoghi identificati al punto che sono visibili agli angoli delle strade le marcature dei confini tra contrada e contrada. Con i loro colori, i loro simboli, i loro circoli e i loro oratori. Tutti le tifoserie d’Italia devono qualcosa a Siena. Idealmente tutte sono nate lì. Bandiere, foulard, canti, tamburi: tutti i segni espressivi di una appartenenza ad una comunità, civile ma che diventa in taluni momenti “sportiva”, là già c’erano.
RISORGIMENTORO
La posta in Palio
Torna l’appuntamento con RisorgimenToro, la rubrica a cura di Massimiliano Romiti
Luoghi di gara, luoghi di ritrovo e pure luoghi sacri erano e sono le dimore della passione. 17 contrade cioè 17 comunità che formavano e formano l’unica comunità senese. 17 diverse a formarne una sola straordinaria e va bene così, anzi, è molto meglio. Ex pluribus unum. Quelle 17 comunità tanto poi si ritrovano sempre insieme alla fine, ben rappresentate in Duomo dalle bandiere poste sulle colonne delle navate e da quelle posate financo sull’altare, in tempo di Palio, vicino all’immagine della Madonna. La Madonna Assunta, in onore della quale il Palio stesso è nato tanti secoli fa e amore comune di tutta la gente di Siena. La santa Matrona che la Cristianità celebra proprio in questi giorni, nel cuore dell’estate. Quest’anno però il Palio non c’è. E in verità manca da due anni in città. Cosa mai vista. Ci sono le bandiere in Duomo ma mancano i rumori, le voci, i colori che cambiano il volto a Siena nei giorni di festa e di gara, perché le due cose coincidono, come sappiamo bene noi tifosi. Piazza del Campo è piena di turisti ma è vuota di passione e mi fa ricordare gli impianti olimpici di Tokyo che avrebbero di certo voluto accogliere tante persone (erano stati fatti per questo) e invece si sono dovuti rassegnare ad inquadrature che li hanno sì mostrati a tutto il mondo… ma tristemente vuoti. Guardando le Olimpiadi si percepiva come tante cose fossero state fatte, edificate, per accogliere la gente dello sport mentre questa non c’era.
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Dovranno attendere per questo un’altra occasione, ma quale, dato che non esiste nulla che possa eguagliare un’Olimpiade a livello di evento mediatico? Quale premio, quale palio possiamo augurare allora per gli organizzatori di Tokyo e per tutti gli impianti rimasti vuoti? Lo stesso per cui si è lavorato e si è costruito, magari anche senza averne coscienza. La riuscita di un’Olimpiade si pesa sulla passione per lo sport che genera. Spero davvero che il Giappone “vinca” una grande rinascita della comunità sportiva nazionale che da sempre è fonte di sviluppo sociale ed educativo, oltre che economico. E questo dovrebbe sempre essere il frutto olimpico più desiderato. Hanno organizzato tutto con grandissima accoglienza e dignità, quest’ultima da sempre virtù principe del popolo del sol levante. Auguro loro volentieri questo premio. L’evento a tutto il mondo e a noi italiani ha regalato emozioni fantastiche ed anche queste, confido, abbiano contribuito a spargere buoni semi di passione sportiva vera e sincera. Anche perchè intanto, qui in occidente, l’emozione dell’appartenere ad una comunità sportiva e di viverla alcuni la vorrebbero invece inscatolare nei nostri cellulari. Avrete letto di “socios” e di come si sia riusciti a vendere una app, rappresentandola come una forma di partecipazione al proprio Club. Dopo molte società europee anche l’Inter, gratificata da una sponsorizzazione di circa 20 milioni di euro, ha recentemente ceduto a questa modalità di tirare su denaro dai propri fans. La cosa ha avuto successo, anche perché gioca sulla pigrizia e sulla istintività degli appassionati, ottime basi per costruire fonti di guadagno in mano a persone alle quali del calcio importa poco o nulla. Al solito non ci sarebbe nulla di male (e lo penso davvero) se almeno ci fosse un progetto buono dietro tutto questo che però, al momento, proprio non si vede. Povera passione sportiva e in particolare povera passione granata nostra: desertificata dalla pandemia e continuamente umiliata dalle mere ragioni economiche che governano il mondo del calcio.
Ci vorrebbe allora una persona come Cesare Salvadori, riunitosi ad altri grandi cuori granata solo pochi giorni fa, per spiegare quale posta è in Palio per noi granata in questi tempi difficili. Era un vero maestro. E non solo nello sport e nella scherma, dove alle Olimpiadi aveva pure vinto più di una medaglia, portando grande lustro alla Torino sportiva. Ma al di là della gloria in pedana è stato per me uno spettacolo vederlo e sentirlo in azione, con il suo sorriso cordiale, ma sempre deciso, nel corso di tante riunioni operative della Fondazione Stadio Filadelfia. Per lui si costruiva solo con un confronto umano vero, con passione e schiettezza, con la voglia di fare le cose veramente insieme. Insieme. Molto raro avere la fortuna di incontrare persone così. Ne ho incontrate poche. I metodi in cui qualcuno, in fondo, decide già tutto prima, non erano certo i suoi. Grande Presidente davvero. Altro che app. Altro che socios. Con tutto il rispetto per socios e per il suo, a suo modo geniale, inventore. Il suo Palio Cesare l’ha vinto. Il Filadelfia da rovina che era è stato riedificato.
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Il Palio per il popolo granata oggi sarebbe ridare anima a quel nuovo corpo e completarlo con il Museo, facendolo diventare luogo sacro e insieme aggregativo della splendida contrada che rappresenta la gente del Toro. Campo, circolo e oratorio. La posta in palio è altissima anche se non ce ne si rende conto. Ma per vincere bisogna cominciare a correre. Ne va di molte delle cose a tinte granata che nella vita ci hanno scaldato e ci scaldano il cuore. Ne va di continuare una storia fatta di persone come Cesare Salvadori e prima di lui come Giancarlo Bonetto e prima ancora come Don Aldo Rabino e prima di loro come tanti e tanti altri grandi, immensi cuori granata. Solo in tanti si conta. La ricetta è semplice. Tanti che non mollano mai e davvero insieme, nonostante tutto. La posta in Palio si esprime bene in una parola: presenza. Solo la presenza infatti dà senso alla memoria. Riuscirà la nobile Contrada del Toro a raccogliere la sfida, a correre e a vincere la posta in Palio? Siete pronti? Si va alla mossa!
Avvocato e mediatore civile e commerciale. Socio Fondatore dei Giuristi Granata - Toro Club Marco Filippi, dell'Associazione Curva Primavera per la Fondazione Stadio Filadelfia e dell'Associazione ToroMio. Attuale presidente del Comitato NOIF "Nelle origini il futuro" che unisce a ToroMio associazioni di varie tifoserie italiane nella promozione di una proposta di legge che introduca la partecipazione popolare nel mondo del calcio e dello sport.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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