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La Za(m)pata di Buongiorno
Siccome quando si ha la pretesa di esprimere un'opinione è buona cosa partire dai fatti, quindi dalle cose certe, incontestabili, nel valutare gli ultimi giorni di mercato del Torino è giusto partire da due elementi, uno positivo ed un altro negativo, che hanno caratterizzato le 24 ore finali della sessione estiva: l'acquisto di Zapata e la tentata vendita di Buongiorno.
La mega trattativa con l'Atalanta (da cui è scaturito poi anche il prestito di Soppy) che ha messo in subbuglio il mondo granata si basava infatti su due capisaldi polarmente opposti: bene cercare un attaccante forte in tutti i sensi come Zapata, male "disfarsi" di una bandiera come Buongiorno sul filo di lana delle contrattazioni. Che ci sia stato il classico happy ending che ha reso perfetto per i tifosi il risultato finale (Zapata a titolo definitivo e Buongiorno ancora con noi) è irrilevante ai fini del giudizio sull'operato della società che a mio avviso non può essere così benevolo.
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Intanto per le tempistiche perché è da maggio che si sapeva che il solo Sanabria, non propriamente un goleador di razza nonostante l'ultima stagione abbia centrato il suo record di reti, con mezzo Pellegri (e sono di manica larga perché il centravanti ex Genoa non riesce ad essere disponibile per nemmeno metà delle partite stagionali) non era sufficiente a garantire un rendimento in attacco degno della parte sinistra della classifica ed eppure Zapata è stato trattato, di fatto, solo al fotofinish. In secondo luogo perché la cessione di un big come Buongiorno, o come potevano essere Schuurs e Ricci, va fatta a mercato abbondantemente aperto per pianificare al meglio come reinvestire i cospicui ricavi ottenuti. L'arrivo di Sazonov è sembrato, pur essendo il centrale georgiano un bel prospetto su cui lavorare, la classica pezza "preventiva" per coprire l'addio repentino di Buongiorno. Infine c'è stato l'aspetto emotivo della vicenda che è stato gestito malissimo o, perlomeno, ampiamente sottovalutato quando ci si è messi a trattare con l'Atalanta. Vendere un ragazzo del vivaio che, per la carità, non sarà un fenomeno, ma è comunque tra i difensori più forti attualmente in Italia, un ragazzo nato a Torino, tifoso del Toro e con una trafila completa dai primi calci alla prima squadra del Torino è un'operazione che, comunque vada, non lascia buone sensazioni ai tifosi.
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Il no di Alessandro alla Dea ha ridato vigore all'ampia frangia di noi supporter nostalgici e convinti assertori di un modello di calcio che sia differente da quello totalmente business proposto dal presidente Cairo e dai suoi colleghi. Lasciando stare la retorica ipocrita di chi vuole leggere nel gesto di Buongiorno un episodio folcloristico da riserva naturalistica protetta, ma rimane convinto che una rondine non faccia assolutamente primavera, io personalmente penso invece che se si avesse il coraggio qua a Torino e al Toro di "fare calcio" in maniera differente avremo in futuro molti più "casi Buongiorno". Bisognerebbe però avere il coraggio di non vendere last minute i Buongiorno, ma di programmare i "sacrifici", tipo quello di Schuurs o Ricci che tutti ci aspettavamo, per tempo investendo i ricavi sia in sostituti all'altezza sia in risorse umane e materiali per il settore giovanile. Occorre ri-granatizzare la società, ma soprattutto occorre farlo partendo dalle basi, cioè dal vivaio dove si sono sempre forgiati i campioni (ed i buoni giocatori che campioni magari non sono) con le stimmate granata e la maglia del Toro come seconda pelle. In un contesto che ha un'anima sarebbe più facile imbattersi in no detti da nostri giocatori alle avances di altre società. Va bene investire sul mercato come in effetti i numeri sembrano dire riguardo all'ultima campagna acquisti/cessioni (disavanzo negativo di circa 30 milioni), ma se non lo si fa all'interno di un modo di operare che tenga conto della mission che sta alla base dei valori storici del Toro sara' uno sforzo vano che non ci distinguerà dal restante mare magnum delle altre società italiane. L'arrivo di Zapata e la permanenza di Buongiorno, che io ho sintetizzato come la Za(m)pata di Buongiorno, e l'entusiasmo nei tifosi al Filadelfia che essa ha generato siano dunque l'input per la società a lavorare seguendo una logica di risveglio della passione che deve essere alla base del calcio: è di questo che viviamo noi tifosi e non ci sarà mai strategia di business vincente che possa permettersi di non tenerne conto.
Da tempo opinionista di Toro News, do voce al tifoso della porta accanto che c’è in ognuno di noi. Laureato in Economia, scrivere è sempre stata la mia passione anche se non è mai diventato il mio lavoro. Tifoso del Toro fino al midollo, ottimista ad oltranza, nella vita meglio un tackle di un colpo di tacco. Motto: non è finita finché non è finita.
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