di Steve Della Casa
columnist
L’Armata Brancaleone
“Branca Branca Branca – Leon Leon Leon”. La canzone di Carlo Rustichelli ha contribuito non poco al successo di uno dei film più miracolosi della storia del cinema. Miracolosi perché sembrava proprio non dovesse essere realizzato: il soggetto fu scritto nel 1962, la realizzazione avvenne solo nel 1966 e per quattro lunghi anni Monicelli e i suoi amici Age e Scarpelli (che con lui lo avevano scritto) cercarono invano un produttore che ci credesse. Spaventava il latino medievale immaginario che era l’idioma dei protagonisti, spaventavano le molte citazione colte che facevano capolino qui e là. Spaventava soprattutto un Medioevo che fino a quel momento il cinema aveva dipinto come un periodo di damigelle sognanti e di cavalieri dall’immacolata armatura. Invece qui i protagonisti sono straccioni, simpatici ma affamati e laceri. Poi c’è la peste, ci sono le perversioni sessuali, il cavallo è un ronzino tutt’altro che fiero.
Eppure alla fine ce la fanno. Quando pensavamo alla Salernitana, anche noi abbiamo pensato ad un’armata Brancaleone. Se poi ci avessero detto che, oltre a essere in casa, avremmo avuto due rigori a favore e l’uomo in più per mezz’ora, nonché che all’ottavo minuto eravamo già in vantaggio, avremmo tutti pensato a una domenica facile (una volta tanto). Ma col Toro non si sa mai. E infatti non è andata così. La Cenerentola si è portata via tre punti, noi un bel fico secco. E adesso tutto si fa più complicato. E’ vero che anche il nuovo Toro è una bella armata Brancaleone, rifatta per otto undicesimi con calciatori dei quali si sa poco o niente. E infatti l’ultima speranza consiste proprio in questo. La serie A in questo momento significa “castelli et pascoli et vigne”, come dice il simpatico Abacuc. La serie B è come il villaggio appestato che i nostri eroi si trovano a visitare. Speriamo tanto di farcela. Altrimenti, come dice il predicatore folle interpretato da Enrico Maria Salerno, non ci resta che la fuga in Terrasanta.
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