Ufo Robot (Luigi Albertelli / Vince Tempera / Ares Tavolazzi)
lasciarci le penne
Alabarda spaziale!
Actarus, (1978), Fonit Cetra Vogue
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Ve lo ricordate Goldrake, quello che si trasforma in un razzo missile con circuiti di mille valvole tra le stelle sprinta e va ?
Domanda retorica...
Se siete stati ragazzini negli anni Settanta, come chi scrive, non lo dimenticherete mai, quel robottone nero e lucido, con le corna gialle e una coroncina chiodata vagamente punk a ornargli la testona zeppa di circuiti. E' stato lui, insieme a Pulici che era ancora più supereroico, il paladino della nostra generazione. Goldrake era ipertecnologico e ricolmo di armi micidiali che azionava con comando vocale.
Ne aveva un sacco e gli sbucavano da ogni parte del corpo. Distruggeva dischi volanti di aliene civiltà nemiche al ritmo di uno o due per puntata, ed era, nonostante tutto quel balenare di raggi laser ed acciaio, l'incarnazione cibernetica degli antichi samurai. Tutto, in quella memorabile serie, trasudava cultura tradizionale giapponese. Siamo cresciuti col mito di un bizzarro Giappone futurista, quello trasmessoci non solo da Atlas Ufo Robot, ma dalla schiera degli anime fantascientifici nipponici che invasero l'Italia (ho scoperto, in particolare, che il robot semovente comandato dal pilota piazzato all'interno si chiama mecha e che le sue vicende costituiscono un genere specifico).
Ci commuoviamo ancora oggi quando brandelli di quei cartoni animati ricompaiono in tv: non li hanno più trasmessi in chiaro ed è un peccato, perché emozionerebbero ancora bambini piccoli e grandi. La maglia del Toro in salsa giapponese dedicata allo sponsor Suzuki mi ha fatto uno strano effetto nostalgia con tutti quei rimandi alla tradizione nipponica: lampi che ricordano i disintegratori paralleli che Goldrake sprigionava dalle mani (quelli che la canzone descrive come raggi laser che sembran fulmini) e onde che, con uno sforzo di fantasia, possono riportare alla memoria il raggio antigravità multicolore emesso dalla V rossa che gli ornava il petto.
Per completare l'operazione revival, confuse nel granata si intuiscono le due figure degli dei del Vento e del Tuono raffigurate quattrocento anni fa su un celeberrimo paravento da Tawaraya Sotatsu, artista nel cui tratto raffinato si potrebbe immaginare una fonte ispiratrice dei moderni manga; ciliegina sulla torta, una striscia chiara sulle spalle che ricorda la leggendaria alabarda spaziale con la quale il buon Actarus sbaragliava il nemico alla fine della battaglia. Insomma, un irresistibile pastiche emotivo che unisce Toro, Sol Levante e cartoni, passioni diverse e lontane di bambinoni cresciuti e invecchiati, ma che continuano a sognare colui che respira dell'aria cosmica è un miracolo di elettronica ma un cuore umano ha.
Questa divagazione oriental-fantascientifica ci ha condotti quasi alla fine dell'articolo settimanale senza parlare di derby. Senza spendere neanche una parola sull'argomento. Era quello lo scopo: divagare, non pensare, non rivangare; poter dire, come ne L'anno che verrà (auguri di buon compleanno a Lucio Dalla, che domani 4 marzo avrebbe compiuto ottant'anni): Vedi, caro amico, cosa si deve inventare per poter riderci sopra, per continuare a sperare. Dopo l'ennesima delusione, non c'è altro da aggiungere. Meglio continuare a pensare al caro e vecchio Goldrake. Da lui non siamo mai stati delusi.
Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.
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