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All’arrembaggio, Tigrotti granata!
I pirati della Malesia
Emilio Salgàri, 1896
Chi è stato bambino negli anni Settanta sente ancora adesso un brivido di nostalgia quando ripensa a Sandokan.
Quell'emozione è un nostro tratto distintivo, perché quando nel 1976 la RAI trasmetteva lo sceneggiato diretto da Sergio Sollima tratto dai romanzi dell'autore, veronese di nascita e torinese d'adozione, il mondo degli under 12 si fermava e cominciava a sognare.
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La Tigre era un eroe invincibile che, a capo dei suoi Tigrotti, terribili pirati di Mompracem, combatteva in nome della libertà del suo popolo contro avversari cattivi, arroganti e prepotenti. Talmente prepotenti da tenere sotto il loro tacco i malcapitati Malesi per avidità e fame di potere, difetti peculiari degli adulti, che ai bambini non appartengono. Seguendo le sue avventure ed assistendo alle angherie degli Inglesi, nasceva in noi un desiderio di rivalsa che Sandokan saziava a colpi di scimitarra.
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Il romanzo di Salgàri ha fatto crescere generazioni di giovani lettori trasmettendo loro quei valori di giustizia e amore per la libertà che sono veri ancora oggi, a 126 anni dalla prima edizione della storia, e rimarranno attuali per sempre.
Libertà e giustizia, valori che noi del Toro sentiamo nostri: ad angherie calcistiche assistiamo da sempre e speriamo ogni volta che la nostra squadra, un po' pirata e un po' giustiziera, sazi il nostro desiderio di rivalsa.
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C'è un giorno preposto a rimettere in pari la bilancia della dea bendata, ed è quello nel quale si disputa la Sfida per antonomasia, nella quale gli opposti s'incontrano e si affrontano in una lotta smisurata nella sproporzione e proprio per questo epica: mi riferisco al derby, ovviamente, scontro che incombe e che già si intavede, separato da noi da soli quindici giorni di calendario.
Quando parlo di sfida di opposti intendo letteralmente un'enorme distanza, quella che si frappone tra il tifoso che cerca la vittoria sportiva come riscatto a tutto il resto e quello che, invece, insegue con masochistica determinazione il martirio sportivo.
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I masochisti, i martiri, siamo noi, disperata truppa pirata granata! Noi che non scambieremmo mai la nostra libera miseria con la posizione di privilegio di qualche James Brooke (il perfido sterminatore di pirati, nemico giurato della Tigre) calcistico.
Noi che abbiamo sempre parteggiato per i più deboli, e siamo quindi destinati a gioire di rado; ma che, proprio nella rarità della gioia, raggiungiamo cime di goduria inarrivabili per gli assuefatti alla vittoria.
Speriamo che il vento questa volta ci sia propizio, e che i nostri Tigrotti granata veleggino verso la vittoria.
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A proposito, quando, alla fine della battaglia decisiva, Sandokan depone Brooke e lo fa prigioniero, invece di infierire con banale prevedibilità lo lascia libero: le vittorie dei deboli sono sempre le più alte e imprevedibili.
Voglio chiudere con un pensiero per Salgàri, un nobile, grande sconfitto.
Tutte le volte che mi capita di passare sotto casa sua, dietro la Madonna del Pilone, ripenso al destino crudele di quell'artista di eccelso talento, spremuto dagli sfruttatori della sua inesauribile fantasia che, proprio come i colonialisti senza scrupoli della Malesia, si arricchirono alle sue spalle, lasciandolo a macerarsi sul filo della miseria, fino all'estrema disperazione che lo portò al suicidio.
Una delle tante storie crudeli di Torino, che ormai sopravvive solo in una targa di marmo bianco in corso Casale, qualche bella parola e la scultura di un sereno veliero in mare aperto.
Nemmeno ci si fa caso, quando si è nel traffico.
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