Kung Fu Fighting
lasciarci le penne
Che paura l’urlo del tifoso granata!
Karl Douglas, (1974), 20th Century Records
Nella prima metà degli anni Settanta scoppiò la mania per le arti marziali.
Profeta dell'ondata di scazzottate all'orientale fu Bruce Lee, il mitico attore cinese, che importò le spettacolari discipline a suon di urla disumane e padronanza inarrivabile. Poi fiorirono i cloni e gli schermi dei cinema si riempirono di emuli del Maestro, intenti a battersi con sempre nuove ed improbabili tecniche: i creatori di titoli italiani diedero libero sfogo alla fantasia, che arrivò a partorire perle quali La furia del vento giallo e Con una mano ti rompo, con due piedi ti spezzo. Erano proprio irresistibili per il pubblico dell'epoca quei cattivissimi cinesi: più i protagonisti si menavano, più lo spettatore fremeva d'emozione. Uscito dalla sala correva ad iscriversi ad un'arte marziale: il karate bisognava per forza impararlo. Se poi fino a qualche anno prima eri stato un hippy iperpacifista potevi ripiegare sul judo, che era sempre un'arte, ma orientata alla difesa: ti mettevi a posto la coscienza senza perdere l'appuntamento con kimono e cinture variopinte
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Nel 1974 tale Carl Douglas, cantante giamaicano, quanto di più lontano da un lottatore asiatico ci fosse in circolazione, contribuì alla causa musicando la passione del momento e fondendola con l'altra mania imperversante, la disco music. Sfornò un brano dedicato al kung fu che vendette qualcosa come dieci milioni di copie e fu il suo unico successo, ma più che sufficiente per garantirgli una sorta d'immortalità artistica e probabilmente una vita agiata. E' facile reperire il video che lo immortala in kimono e bandana arancioni, mentre accenna colpi di karate tra un vocalizzo e l'altro e alla fine s'inchina all'orientale, prima di ricomporsi in atteggiamento da samurai a riposo. Poi la bolla scoppiò e la febbre orientale scemò, cedendo il passo a poliziotteschi e filmetti spinti di genere vario.
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Ebbene, dopo quarant'anni di oblio, ecco che domenica scorsa a Frosinone il filone dei film di kung fu si è risvegliato di colpo ad opera di un aitante difensore franco-gabonese che, nel giro di una dozzina di minuti, si è esibito in un paio di interventi degni del sopracitato Con due piedi ti spezzo ai danni dei nostri giocatori, senza dubbio da sanzionarsi anche con il secondo cartellino giallo che avrebbe fatto scattare l'inevitabile e sacrosanto rosso. Però, un'espulsione al dodicesimo minuto a nostro favore... Non è cosa. Hai visto mai che possa spianarci la strada verso la vittoria? Così l'arbitro non si dà pensiero di estrarre il secondo giallo e la partita segue il suo corso in parità numerica e di risultato.
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Forse il direttore di gara è un appassionato delle pellicole di Bruce Lee e un paio di calci più o meno volanti lo ha riportato alle sequenze di Dalla Cina con furore, distraendolo ed impedendogli di somministrare la seconda ammonizione. Del resto, chi non ha le proprie passioni cinematografiche? Speriamo che le prossime giacchette nere sul nostro cammino non siano inguaribili cinefili; in fondo, noi tifosi del Toro non ci aspettiamo molto da loro, solo la semplice e pedissequa applicazione del regolamento. Per non uscire ogni volta dallo stadio incazzati come certi lottatori di kung fu: se è vero che L'urlo di Chen terrorizza anche l'Occidente, è solo perché l'Occidente non ha udito quello del tifoso granata dopo l'ennesimo svarione arbitrale, urlo ben più terrificante.
Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.
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