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Lasciarci le penne

Edu e Bertoneri, ma chi se li dimentica?

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Un nuovo appuntamento con "Lasciarci le penne", la rubrica di Marco Bernardi
Marco P.L. Bernardi
Marco P.L. Bernardi Columnist 

Crucify your mind

Rodriguez

Cold Fact (1970) – Sussex Records

Sixto Rodriguez ci aveva provato ad avere successo: un paio di album pubblicati all'inizio degli anni Settanta, indifferenza assoluta da parte del pubblico americano e conseguente rinuncia a tutti i sogni. Poi una vita di lavoro duro in qualche impresa edile e una casa abbandonata, acquistata per due spiccioli, nella quale campare fino alla morte. Una storia come tante: chissà quante volte avrà ripensato alla sua opportunità scappata via e si sarà chiesto perché a lui la gloria non avesse spalancato le porte, mentre ad altri, forse meno dotati, sì.

Quello che non sapeva, Sixto, era che in una parte remota del mondo, lontanissima dalla sua Detroit, nel Sud Africa straziato dallo scandalo dell'apartheid, la sua musica aveva riscosso un successo clamoroso e i suoi album si vendevano al punto da ottenere il disco di platino.

Il problema era che tutto questo stava succedendo alle sue spalle e qualcun altro si arricchiva al posto suo, grazie a quei diritti d'autore che sarebbero spettati a lui. Soltanto nel 1997 alcuni fan agguerriti, nonostante la leggenda popolare lo volesse morto suicida durante un'esibizione, si misero a cercarlo e riuscirono a trovarlo e a riportarlo sul palco, dove visse un successo tardivo e tributi degni di una star di livello. Un bel documentario del 2012,  Searching for Sugar Man, ne ha raccontato la storia incredibile e lo ha reso popolare in tutto il mondo, perfino negli Stati Uniti che ne avevano decretato il fallimento artistico. Lo scorso 8 agosto (grazie Andrea per la segnalazione) Sixto è morto senza aver lasciato la sua casa, acquistata per 50 dollari all'asta, un fallito per molti, un artista di culto per altrettanti.

La sua storia mi fa pensare ad un paio di personalissimi miti calcistici, che a molti diranno poco e  potrebbero far storcere il naso ai fini intenditori, ma che a me hanno fatto battere il cuore di tifoso.

Il primo si chiama Dante Bertoneri, centrocampista che nel 1981/82, nemmeno ventenne, mostrò numeri da campione e con le sue giocate contribuì alla salvezza del Toro dei giovani di Giacomini. 

L'anno dopo ci fu un cambio della guardia e il nuovo mister, Bersellini, lo relegò presto tra i rincalzi. Iniziò così una rapida parabola discendente, ma, come accadde a Rodriguez, anche per lui un posto d'onore negli affetti di chi lo vide giocare in quell'unica, memorabile stagione è garantito per sempre. Ricordo che, ragazzino, durante i gloriosi Mondiali del 1982, quando la squadra azzurra balbettava nel girone a tre, i miei amici gobbi mi sfottevano a prescindere, perché quella Nazionale era infarcita di loro giocatori: io rispondevo che Bearzot aveva fatto un errore clamoroso a non portarsi dietro Bertoneri, che avrebbe dato una marcia in più, e che stavamo vedendo i risultati di quell'assenza. Poi l'Italia vinse il Mundial e la mia sicurezza vacillò, ma ancora adesso rimpiango di non aver visto Dante in azzurro alzare anche lui la Coppa.

Altro calciatore mito per pochi intimi è Edu Marangon, che nel 1988 giunse dalla Portuguesa per rinforzare il nostro centrocampo ma non ci riuscì, tanto che, a fine stagione, assaporammo l'amaro calice della seconda retrocessione. Lui mi stava simpatico per un motivo bizzarro: quando il mio amico Massimo ed io partimmo per un viaggio ardimentoso in Scandinavia con l'InterRail (il mitico biglietto ferroviario verso un mese di privazioni indicibili), acquistammo a Porta Nuova, un attimo prima di partire, la copia in edicola del Guerin Sportivo che annunciava l'arrivo del brasiliano, corredando l'articolo con un titolo che, se non ricordo male, recitava: "Toro, uno... Edu" e una foto dell'emaciato Marangon che ostentava un'espressione triste, un po' forzata. Essendo l'unica lettura che ci eravamo portati dietro, rileggemmo quel pezzo un'infinità di volte durante gli interminabili spostamenti e, come sottoposti a un lavaggio del cervello, ci convincemmo che fosse veramente quel fenomeno che il pezzo decantava. La realtà non confermò, ma in me (e forse anche in Massimo), il dubbio che Edu fosse un fuoriclasse incompreso permane tuttora.

Quali sono i vostri Sixto Rodriguez calcistici, miti solo vostri, dimenticati da tutti gli altri?

Se volete, date loro un po' di gloria postuma, ricordandoli nei commenti. In fondo lo meritano, per quel fugace momento di entusiasmo che ci regalarono.

 

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

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