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Gigi Meroni: la sua favola triste in un brano di Filippo Andreani
Gigi Meroni (Andreani-Ghielmetti)
Filippo Andreani
Album La prima volta (2015) Master Music
Cinquantacinque anni fa moriva Gigi Meroni.
In un attimo si compiva il passaggio terreno di quell'inarrivabile giocatore, precorritore dei tempi, artista ribelle che nel '68 incombente avrebbe potuto trovare la sua naturale collocazione e consacrazione, ma che invece ne annusò soltanto l'aria, come quando si intuisce l'arrivo del temporale respirandolo nel vento anticipatore.
Anni fa, mentre assistevo al premio Tenco a Sanremo, sentii parlare della canzone che il cantautore comasco Filippo Andreani aveva dedicato al nostro indimenticato numero sette, con la quale aveva sfiorato la vittoria, e scoprii un interprete che, oltre a saper scrivere canzoni memorabili, ha la rara capacità di interpretarle e renderle indimenticabili.
Filippo ci racconta Gigi, o, meglio, è Meroni stesso a parlare e a ripercorrere la propria breve esistenza fin dai tempi di Genova, in un lungo dialogo con Cristiana, il suo grade amore: i ricordi sono intrisi di un intenso rimpianto che corre su due binari paralleli, quello per il sentimento contrastato che, in quanto rivolto a una donna sposata, lo aveva condannato alla riprovazione bigotta da parte della società perbenista di quegli anni, e quello per la vita incombente, ancora da cogliere pienamente e foriera di promesse.
Una favola triste, quella di Gigi Meroni, che non poteva non fondersi saldamente con la nostra, fatta di tragedia mescolata al trionfo, di luce spenta nel nero più nero.
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In un verso del brano c'è tanto dell'essenza granata e di quello che ci lega a questa maglia, al di là dei risultati, dei periodi storici e delle frustrazioni sportive: quando Gigi ricorda all'amata i loro sogni, i progetti per il futuro -come un viaggio in Balilla verso Liverpool, il centro del mondo della musica di quegli anni-, aggiunge amaramente
Ma il futuro è il nemico peggiore
Della maglia granata
Ogni volta che ha finto di amarla l'ha abbandonata.
Ecco, trovo che questi semplici versi dicano sul Toro più di molti articoli e libri ponderosi perché è proprio così, la nostra storia, una ciclica promessa che, sul punto di sbocciare, appassisce.
Come fu la vita di Gigi, fenomeno che si trasformò in mito, in una sera inoltrata di cinquantacinque anni fa.
La canzone di Andreani si chiude con l'arrivo, in un aldilà calcistico, di Giacinto Facchetti, appena sorpreso dalla morte e ancora in cerca del pallone. Il campione nerazzurro, invitato a giocare una mano di scopa, siede a uno strano tavolo attorno al quale si trovano anche Nostro Signore, Meroni e Gianni Brera.
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Gigi, interrogato su che cosa gli manchi, ripete ancora il nome di Cristiana, con la quale si scusa per averla lasciata prima che arrivasse la neve a imbiancare i capelli.
E si accomiata da lei, e da tutti noi, ricordando che non gli basta a sorridere il sonante 4 a 0 contro la Juve del derby successivo al suo funerale (nel quale il grande amico Combin realizzò tre reti), a cui ha assistito da sopra una nuvola con Gabetto e Mazzola.
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Vi invito ad ascoltare (o riascoltare) la magia di questo brano, che ebbe uno strano destino al premio Tenco: destino non fortunato, e proprio per questo maledettamente in linea con tutto ciò che è Toro.
Pare che abbia perso la targa per un solo voto, e che quel voto decisivo non sia arrivato perché un giurato non riuscì a recapitarlo nei tempi corretti, per un problema tecnico legato alla posta elettronica. Sarà una magra consolazione per Filippo Andreani, ma per me -Gigi Meroni- quel premio l'ha vinto comunque.
Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.
Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.
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