Cuore
LASCIARCI LE PENNE
Il piccolo smascheratore granata
Edmondo De Amicis
1886
Ci sono stati libri per ragazzi che DOVEVANO essere letti almeno una volta nella vita.
Chi aveva la ventura di frequentare le elementari negli anni Settanta non poteva sfuggire al libro Cuore, secondo solo a Pinocchio per popolarità.
Magari veniva proposto in pillole, nelle pagine più edificanti del sussidiario, ma poteva anche toccare in dosi da cavallo o peggio ancora in edizione integrale, propinato da qualche maestro in vena di forgiare il carattere rozzo dei suoi piccoli allievi.
Pensato per i giovani di fine Ottocento, Cuore precipita il lettore nel patriottismo più spinto, sfornando a getto continuo esempi di virtù per i futuri uomini dell'Italia postunitaria: sarebbero stati sudditi pieni di abnegazione.
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Gli eroi erano equamente suddivisi tra le regioni italiane, tutte fattrici di nobili virgulti: piccole vedette lombarde che si immolavano al fronte, tamburini sardi feriti gravemente, scrivani fiorentini bambini che si maceravano nell'insonnia per aiutare lo stanco padre che nel frattempo dormiva beatamente, piccoli patrioti padovani venduti dalla famiglia ai saltimbanchi, monelli romagnoli che rinsavivano sul più bello facendo scudo col petto alle coltellate, pur di salvare la nonna dalla furia di un delinquente.
Insomma, un campionario di sventure e crudeltà da far impallidire le creazioni dei più efferati autori di hard boiled di oggi, un testo destinato a colpevolizzare generazioni di scolari, visto che la lettura di Cuore imperversò per buona parte del Novecento. Non bastava fare i bravi e non andare malissimo a scuola: no, bisognava essere eroici e rifulgere di amor patrio, sprezzanti della vita, a costo di finire male come i bambini dei racconti che ogni mese il maestro di Enrico, il protagonista del romanzo, imponeva agli alunni.
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Da allora una buona azione che si rispetti viene definita "da libro Cuore": compiuta da un adulto o da un bambino non conta.
Perfino nelle cronache delle partite, talvolta al cronista di turno scappa l'accenno: il calciatore manda cavallerescamente fuori la palla perché un avversario si è infortunato? Chiara azione "da libro Cuore". Il centravanti scagiona il difensore dell'opposta fazione, rinunciando a un calcio di rigore? Indubbio gesto "da libro Cuore".
Però un colpo degno di De Amicis ogni tanto salta fuori: uno l'abbiamo visto fare a un ragazzino, subito prima della partita contro l'Inter.
Un piccolo accompagnatore, di quelli che sfilano per mano ai giocatori nell'atto di raggiungere il terreno di gioco indossando la maglia della squadra avversaria, proprio non ce l'ha fatta a sfoggiare la divisa strisciata che gli era toccata: sul più bello, al passaggio della telecamera, ha sollevato di scatto la maglietta di sopra e svelato, con tanto di bacio sullo stemma del Toro rampante, quella vera, quella granata che nascondeva sotto la casacca nerazzurra.
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Eroismo da "libro Cuore granata": gesto orgoglioso e libero; poco opportuno, quindi memorabile.
L'orgoglio... Ci è voluto un ragazzino per ricordarci che per essere fieri di essere del Toro non contano sconfitte e classifiche, passano in secondo piano allenatori, giocatori e dirigenti, si dimenticano i match persi, i fischi e le umiliazioni.
Come un bambino svelò alla folla che il re era nudo, così Il piccolo smascheratore granata ha rivelato con gioia al mondo un'evidenza lampante: il cuore, la maglia e il Toro rampante sono la Storia e il filo che ci lega nei decenni. Il resto non conta.
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