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LASCIARCI LE PENNE

Il re è nudo!

Un nuovo appuntamento con "Lasciarci le penne", la rubrica di Marco Bernardi

I vestiti nuovi dell’imperatore

Hans Christian Andersen - 1837

I numeri della sfida tra il Toro e la Feralpisalò fanno sgranare gli occhi: moltitudine granata di conclusioni, un timido sparring partner che incassa colpi da tutte le parti con la rassegnazione docile dell’agnello sacrificale, gioco granata a tratti sopraffino, impeccabile fino all’ultimo tocco, quello risolutivo, che dovrebbe giustificare  tutti quelli che l’hanno preceduto e permettere di esplodere nell’urlo liberatorio. Invece, niente da fare: ci sono volute decine di tiri, molti dei quali nello specchio della porta, per vincere la resistenza di un portierino di belle speranze, tale Semuel Pizzignacco, che per una sera è sembrato El Divino Zamora e ha parato tutto il parabile e buona parte dell’imparabile.

Poi ci si sono messi un paio di legni, di quelli che noi amiamo cogliere spesso e sovente con precisione chirurgica, e così un match che, senza grossi sforzi, sarebbe potuto finire con un tennistico 6 a 1, si trasforma in un risicato e combattuto 2 a 1, deciso a una manciata di minuti dal termine da un miracolo balistico del più libresco dei nostri calciatori, quell’Ivan Ilić, quasi omonimo dell’Ivan Il'ič protagonista del capolavoro di Tolstoj. Però, però… Vanno bene i tiri a decine, va ancor meglio la serata di vena di un Carneade trasformato in fenomeno, si metabolizzano per abitudine i pali e le traverse che disinnescano tiri a colpo sicuro, ma… Andersen, favolista danese che sapeva irridere i vizi degli uomini, raccontò quasi due secoli fa la storia di un re vanitoso che venne convinto da due lestofanti a farsi fare un abito col più elegante e raro dei tessuti, ma dotato di una strana caratteristica, quella di risultare invisibile agli stupidi e agli indegni.

Va da sé che il tessuto non esisteva, ma sia i cortigiani che lo stesso re, pur non vedendo il decantato tessuto, si erano comunque sentiti in obbligo di fingere meraviglia e di lodarlo: a nessuno fa piacere passare da cretino o indegno ed è sempre meglio bluffare e far finta di vedere ciò che non c’è. Così il re acquista i suoi nuovi abiti, i bricconi fingono di rivestirlo di tutto punto e invece lo spediscono a sfilare tra il popolo nudo come un verme. Anche i sudditi si profondono in mille complimenti, rifiutandosi di ammettere che il sovrano se ne sta andando in giro in abbigliamento adamitico, finché un bambino osa dire l’indicibile ed esplode nel grido: “Il re è nudo!”; ma, anche di fronte all’evidenza sottolineata da quella voce innocente, la sfilata continua tra l’indifferenza della corte e dei popolani. Ebbene, questa favola mi è tornata alla mente assistendo all’incontro del Toro di lunedì scorso, quello dei tiri a raffica e del risultato risicato: mi sono detto che, a pochi giorni dalla scadenza del Calciomercato, si seguita a parlare di nuovi inserimenti, ma tra i mille nomi che vengono accostati ai nostri colori, continuano a latitare quelli che più mi aspetto di sentir pronunciare.

Perché, secondo la mia modesta opinione, a noi serve come il pane uno che la sbatta dentro, non importa se un fine dicitore del pallone, in grado di insaccare con tocchi magistrali, o un onesto pedatore che la ingriglia di riffa o di raffa, magari aiutandosi con le spalle, la nuca e le natiche. Ci serve uno che tutto quel gioco lo finalizzi, che di cinque palloni utili che gli arrivano sotto porta sappia sbatterne dentro un paio. Se non arriverà questa figura, il rischio di assistere a un’Incompiuta è molto alto. “Il re è nudo!”, grido, conscio che la sfilata continuerà impassibile. Ma un urlo ogni tanto è liberatorio. E talvolta qualcuno lo sente.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

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