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Lasciarci le penne

Il resto è silenzio

Il resto è silenzio - immagine 1
Nuovo appuntamento con "Lasciarci le penne", la rubrica a cura di Marco Bernardi

Marco P.L. Bernardi

Amleto

William Shakespeare

 

Il resto è silenzio: sono le ultime parole che Shakespeare fa dire ad Amleto, nella sua tragedia più famosa, al termine di una sequela di efferatezze e morti varie.

Quattro parole per porre fine al dramma dei drammi, niente di più definitivo del silenzio.

E silenzio sia anche sulle gesta dei nostri eroi in granata, dopo la resa di sabato scorso contro la Juve.

Niente da aggiungere sulla possibilità dilapidata di fare nostro il derby dopo tanti anni, contro un avversario alle corde, che prestava la gola al morso e invece è stato risparmiato fino al solito epilogo, visto e rivisto.

Il derby è sempre più simile a certi gialli televisivi degli anni Ottanta, nei quali, pur variando le premesse, c'erano due passaggi chiave: il delitto, che nel caso della nostra stracittadina è costituito dal goal bianconero che prima o poi arriva, e la soluzione del caso, il fischio finale, l'ennesima amara delusione, condita di inutili parole, parole e parole.

L'unica considerazione da fare, inevitabile, è che il derby, come lo conoscevamo, è morto.

In noi tifosi non esistono più gli elementi fondanti di questa partita: la tensione, l'attesa speranzosa  e spasmodica che nei giorni precedenti ti toglieva il fiato.

Andiamo al macello come vittime predestinate, senza speranza.

Eppure, quella era la nostra partita, quella nella quale i nostri si trasformavano in belve e annichilivano rivali decisamente più forti sulla carta; la partita nella quale gli schemi saltavano, i pronostici venivano invariabilmente ribaltati e lo spirito della Città si impossessava dei suoi colori, restituendo per un giorno nuovi equilibri.

Adesso non è più così.

Del nostro tremendismo non rimane che un ricordo sfocato.

Non pretendo di rivedere i Policano e i loro calci in faccia all'avversario, né i Bonesso e i loro colpi di testa micidiali, né i Dossena che quando vedevano bianconero raddoppiavano gli sforzi.

Ma - almeno - i tanti, piccoli e medi onesti pedatori che per novanta minuti diventavano fuoriclasse assoluti. Quelli, che fine hanno fatto?

Che fine ha fatto quel giorno?

Tutto lascia pensare che sia finito.

Se "per sempre", non ci è dato saperlo, ma, a meno di clamorosi e imprevisti sviluppi, nulla possiamo aspettarci dalle prossime stracittadine, se non un crescente disinteresse e una banalizzazione dell'evento, che lo renderà sempre più una partita come un'altra, anzi ancor più banale delle altre perché impregnata della consapevolezza di un'inspiegabile ed inesorabile rassegnazione.

Essere o non essere, si chiede Amleto nel momento clou della tragedia: ed è questo il dilemma che si propone adesso a tutti noi.

Quando lo spirito di un popolo, il comune sentire che si rispecchia, nel nostro caso, nelle vicende di una squadra di calcio, perde il proprio mordente e i propri tratti caratteristici, il Non essere incombe.

Noi, che abbiamo visto quel Toro così diverso, stiamo invecchiando; e non mi riferisco ai privilegiati che videro il Grande Torino, ma anche solo a noi ragazzi degli anni Ottanta, che assistemmo alle ultime imprese granata prima del lungo sonno che, a mio parere, iniziò nel momento in cui l'Arsenal, nel 1994, ci fece fuori dai quarti di finale della Coppa delle Coppe per andarsela a vincere nemmeno due mesi dopo contro il Parma, o al massimo nella stagione successiva, quando vincemmo entrambe le stracittadine e sembrava che fosse così facile godere di quella gioia.

Da allora è stato uno stillicidio, rari momenti di orgoglioso ritorno e lunghissimi anni di niente assoluto.

Potrebbe essere molto diversa la Storia, ma non in questi termini, con queste premesse, con questo atteggiamento, con questa arrendevolezza che sta diventando il tratto peculiare del nostro DNA, invece della tradizionale grinta.

Quando cambi il tuo essere, il tuo sentire, e ti adegui al niente accettato, imposto e subito, il Nonessere ha già incominciato a divorarti.

Altro da dire non c'è, cari colleghi di sventura.

Il resto è silenzio.

Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.

Attraverso le sue rubriche, grazie al lavoro di qualificati opinionisti, Toro News offre ai propri lettori spunti di riflessione ed approfondimenti di carattere indipendente sul Torino e non solo.

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