LA LINEA D'OMBRA di Joseph Conrad (1915)
Lasciarci le penne
Il ruolo del capitano del Torino raccontato da… Joseph Conrad
L'inizio del terzo capitolo della Linea d'ombra di Conrad si sviluppa in un crescendo di assoluta maestria.
Il giovane capitano protagonista della vicenda, appena nominato, ha raggiunto il veliero che dovrà guidare e prende possesso della sua cabina, la cabina del comandante.
Poi, in attesa di incontrare il suo secondo, rimane solo nella penombra.
Allora siede sulla poltrona, simbolo del ruolo apicale a bordo, e realizza che su quella stessa poltrona, prima di lui, sedettero generazioni di capitani: improvvisamente la Storia, quella con la esse maiuscola, lo abbraccia e lo travolge.
La responsabilità e il potere gravano sulle sue giovani spalle inesperte, e sono gli stessi demoni che pesarono su quelle degli uomini che lo precedettero.
In un momento di esaltante e terribile consapevolezza arriva a sentire le voci degli antichi capitani, che gli profetizzano oscurità e gloria, le medesime che anche loro conobbero.
Alzando lo sguardo, il ragazzo vede la sua immagine riflessa in uno specchio e capisce che l'uomo che lo sta guardando fa ormai parte di quel gruppo eletto, e che non esiste più in quanto individuo, o meglio non è più soltanto un individuo, ma appartiene a una dinastia.
Nobiltà d'investitura e di spirito, che presuppone grandi meriti o colpe devastanti.
Penso a un'altra dinastia, quella dei capitani del Toro.
Penso a quelli che sono stati e a quelli che verranno.
Io non so chi sarà il nostro capitano del futuro, ma non lo invidio: so che lo visiteranno spesso gli spiriti di uomini i cui soli nomi bastano per far tremare le ginocchia, i fantasmi di Baloncieri, di Martin II, di Janni, di Valentino Mazzola, di Bearzot, di Giorgio Ferrini.
Sentirà le loro voci e rivivrà i loro demoni; s'imbatterà nelle presenze vive, nei protagonisti di storie che noi testimoni oculari ci raccontiamo ancora come moderni miti, leggende che parlano di Claudio Sala e Graziani, di Zaccarelli e Cravero, di Fusi e Rizzitelli.
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Rivedo i capitani di lungo corso, quelli dalle molte partite con la fascia al braccio, ma anche i capitani di giornata, come un maestoso Martin Vazquez che, appena arrivato in granata, indossò i gradi - omaggio dei compagni al suo genio calcistico - nel finale di un'amichevole estiva contro la Sampdoria, nella quale aveva giganteggiato.
E soprattutto ripenso a Paolino Pulici, che la fascia non la indossò spesso, ma che non aveva bisogno di quel pezzetto di stoffa a stringergli l'avambraccio per essere, sempre e comunque, Capitano.
Sul prossimo condottiero non saprei lanciare pronostici.
Ma sappia che, esattamente come accadde al protagonista della Linea d'ombra, rivestire quel ruolo lo ricoprirà di gloria e responsabilità e lo inserirà in quella linea di uomini.
Non affronti alla leggera il peso: potrebbe consegnargli una briciola di immortalità calcistica, ma anche condannarlo al rimpianto più grande della carriera, se non saprà sostenerlo al meglio.
Autore di gialli, con "Cocktail d'anime per l'avvocato Alfieri" ha vinto l'edizione 2020 di GialloFestival. Marco P.L. Bernardi condivide con il protagonista dei suoi romanzi l'antica passione per il Toro e l'amore per la letteratura e la canzone d'autore.
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