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Vanoli, ecco perché ti ringrazio
Lo so: non è il colbacco di Gustavo Giagnoni. Non è nemmeno Gigi Radice che il giorno dello scudetto era inferocito perché lui voleva vincere anche quell’ultima partita, non gli bastava essere arrivato prima. E non è nemmeno Emiliano Mondonico che alza la sedia contro il fato (e l’arbitro) avverso di Amsterdam. Però quando sabato sera mister Vanoli s’è girato come una furia verso il pubblico ha rivisto un po’ di quell’anima del Toro, che secondo tanti sta andando perduta. E invece è sempre lì, custodita nei nostri cuori e nelle nostre menti, in attesa di qualcuno che torni a farla volare.
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E quindi oggi sono qui a pensare che avremmo potuto giocare mille volte meglio, avremmo potuto fare mille azioni spettacolari, mille passaggi più azzeccati, mille tiri più efficaci. Ma che essere tifoso del Toro è anche questo: esultare per un mister che ruggisce. Perché significa ritrovare l’orgoglio dei piccoli gesti che segnano il nostro tremendismo e la nostra differenza, dalle maniche arrotolate di Valentino in poi. E a questo allenatore va il merito di essersi calato con umiltà e caparbietà dentro la nostra storia e dentro il nostro spirito. Non so se è abbastanza per ritrovare il nostro Toro, ma so che è abbastanza per dovergli dire grazie.
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