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UN PIANTO RIVELATORE? - Alessio Cerci è entrato di diritto nella storia del Torino col rigore sbagliato all'ultimo minuto dell'ultima partita di campionato, essendosi reso protagonista di un episodio che verrà tramandato di generazione in generazione di tifosi e che gli è valso l'accesso pure al ristretto club di cui fanno parte Sordo e la sua traversa di Amsterdam e Dorigo col palo di Reggio Emilia. Un triste finale di campionato per il Toro e per il giocatore che potrebbe, però, prendere una piega diversa se la partita di Firenze non sarà stata l'ultima giocata da Cerci in maglia granata. Il suo inarrestabile pianto a fine gara potrebbe essere stato, infatti, il marchio a fuoco di una sua definitiva "granatizzazione": trasformare quell' indescrivibile delusione in una molla motivazionale a legarsi alla maglia granata e a dare ancora tanto a questa piazza potrebbe essere il naturale percorso logico passato per la testa del numero undici granata. Che Cerci sia tecnicamente un grande giocatore non vi è alcun dubbio, che abbia il carattere forte del campione capace di resistere alle pressioni di un grande club (al quale probabilmente in cuor suo lui mira), mi sembra più difficile da sostenere. Lo choc di Firenze potrebbe avergli fatto capire che restare a Torino si configurerebbe come la scelta giusta per continuare a crescere come uomo e come giocatore. Rimanere un campione nel Toro, alla stregua di quanto fatto da Di Natale nell'Udinese, significherebbe per lui una carriera fulgida, povera di titoli (forse), ma ricca di prestazioni e gol e probabilmente con un posto assicurato in Nazionale per tanti anni. Vedremo presto cos'ha lasciato nella sua testa quel maledetto rigore...
AUF WIEDERSEHEN CIRO - Con una battuta si potrebbe dire che per lo meno ci è stato evitato il solito tormentone estivo "va o resta?", ma le parole di Immobile nella sua prima conferenza stampa a Coverciano sono state molto chiare e per certi versi molto insensibili verso i tifosi granata. Uno stipendio da due milioni e mezzo di euro e un posto da titolare in Champions sono difficili da rifiutare, lo capisco benissimo, ma tra una brutale sincerità ed una misurata diplomazia, forse la seconda sarebbe stata più indicata a neanche 72 ore dalla cocente delusione della mancata qualificazione in Europa League. Immobile ha di fatto detto addio al Toro e l'ha fatto voltando pagina senza esitazioni e senza un minimo ripensamento: mi ha quasi ricordato Colantuono pochi minuti dopo la finale playoff persa a Brescia... Ora ci sarà chi lo farà immediatamente scendere dal piedistallo sul quale era stato messo fino al minuto 73 di Torino-Parma, prendendolo a male parole e augurandogli ogni peggio nella sua probabile avventura tedesca, ma non penso che sia corretto reagire così. Io lo ringrazio perchè senza i suoi 22 gol non ci saremmo arrivati al 94' dell'ultima giornata ad avere un penalty che valeva l'Europa e voglio ricordarlo positivamente come un giocatore "da Toro". E' chiaro che questa sua uscita è stata una delusione per tutti, anche per i più cinici di noi (quelli che "bisogna farci il callo perchè il calcio moderno è così"): in fondo dall'umile Ciro ci si aspettava una riconoscenza diversa e forse "meno testa e più pancia" nelle scelte sul suo futuro. La storiella della crescita professionale non sembra farina del suo sacco quanto più una lezioncina mandata a memoria per giustificare scelte fatte da altri (forse il suo procuratore?). Vincere magari per due anni consecutivi la classifica cannonieri, entrare in pianta stabile in Nazionale e riportare nell'elite del calcio italiano il Toro, possono a pieno titolo catalogarsi come "importanti elementi di crescita professionale", sempre che alla fin fine la vera discriminante di tale crescita non sia sempre e solo quella parallela del conto in banca...
IL TORO COME IL SIVIGLIA? - Mercoledì prossimo l'Alta Corte di Giustizia del Coni si pronuncerà sulla licenza Uefa del Parma: se venissero confermati i primi due gradi di giudizio, i ducali sarebbero fuori dall'Europa League sostituiti nel torneo dal Torino. Sarebbe un bene o un male entrare in Europa così? Molti pensano che la cosa non sia " da Toro" e per certi versi in effetti non lo è. Il campo ha decretato che il Parma ci è stato superiore per cui è giusto che ci vadano i gialloblu in Europa. E' però colpa nostra se esistono dei regolamenti per ottenere le licenze Uefa e la società di Ghirardi non li ha rispettati in pieno, potenzialmente autoescludendosi dall'Europa League? Non mi pare che ad Ascoli nel 2005 si posero la questione quando furono promossi in A per il fallimento di Torino e Perugia. Tutti sappiamo in che misura la rigidità delle regole della FIGC impedì al Torino di Cimminelli di iscriversi alla serie A 2005-2006 dilapidando un patrimonio di giovani (e forti) calciatori e tutti sappiamo quanto la giustizia sportiva sia alquanto bizzarra come fu nel caso della famosa partita del blackout di Padova. Se il Parma dovesse essere escluso dalle coppe potremmo pensare che non sia sportivamente giusto, ma essendo passati per la stessa "forca caudina" non possiamo rammaricarci perchè la ruota della giustizia per una volta non ci danneggia ma ci regala un beneficio inaspettato. In fondo se noi quella licenza l'abbiamo ottenuta è perchè abbiamo, come società, fatto le cose (per una volta!) per bene. Dovremmo esserne fieri e non vergognarcene. E se capitasse, giocarci la EL a testa alta pensando più al Siviglia che al Parma!
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