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editoriale

Atto di fede

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I granata escono dal campo dopo il primo gol subito, in Salento servirà una prova di carattere e grinta per ribaltare la stagione
Gianluca Sartori Direttore 

Ci vuole un atto di fede per pensare che il Torino possa uscire dalle sabbie mobili in cui è finito. Del resto nel calcio i problemi si possono anche risolvere, a volte basta anche solo un episodio fortunato (di quelli che però da queste parti si vedono molto raramente). E con l’Inter, a voler essere obiettivi, prima dell’infortunio di Schuurs il Torino qualche segnale di vita lo ha dato.

Ma le sensazioni altamente negative che durano da inizio anno non se ne vanno e ci va un atto di fede per credere in una rosa formata con una serie di scelte (sia tecniche che di mercato) da dimenticare. Composta da molti giocatori sopravvalutati, che dimostrano di non riuscire a imparare dai propri errori: la squadra ha sempre gli stessi difetti, come la perforabilità sulle palle inattive, e tende a sparire dal campo al primo episodio avverso, che sia una papera del portiere o l’infortunio di un giocatore importante.

Ci vuole un atto di fede per pensare che Juric abbia ancora la bussola in mano, anche se purtroppo possono esserci dubbi. Ha giustamente provato a cambiare modulo, ma lo ha fatto in una direzione discutibile: il principale difetto della squadra è la carenza di qualità e concretezza nei trequartisti e lui, invece di pensare a una veste tattica che non ne preveda, ne ha scelta una che ne aggiunge un altro.

Ci va un atto di fede in questo Torino, siamo pronti a fornirlo, non è il primo né l’ultimo. Però ora arriva una partita fondamentale, quella di Lecce, un crocevia di quelli che fanno schiarire definitivamente le idee sulla piega che prende un campionato. Al Via del Mare, stadio che in più occasioni si è rivelato maledetto per il Torino, le parole dovranno essere sostituite dai fatti, altrimenti anche gli atti di fede finiranno nel dimenticatoio.

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