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Ogni 4 maggio non si può restare indifferenti al senso di appartenenza con cui la comunità granata ricorda il Grande Torino. Si è riannodato il filo della passione e non era scontato, considerando che si veniva da due anni di distanziamento per Covid che hanno visto la commemorazione andare in scena in forme molto ridotte e senza la caratteristica condivisione con il pubblico che la caratterizza sempre. Eppure, il mito del Grande Torino affascina ancora. Ogni anno a Superga salgono i tifosi di tutte le età, dagli anziani testimoni di quell’epopea che hanno avuto la fortuna di arrivare ai giorni nostri e poterla raccontare ancora a ventenni che non possono avere nemmeno lontanamente idea dei valori espressi in campo da Mazzola e compagni se non attraverso qualche sbiadito filmato.
Il mito del Grande Torino vive ancora perché è una leggenda che si tramanda di padre in figlio. Su Toro News abbiamo raccontato la bellissima storia di una famiglia del Ferrarese che da decenni si prende cura di una lapide. Questo è solo un esempio di come la storia tragica di quei ragazzi abbia un potenziale che sarebbe bello veder sfruttato di più. Una leggenda conosciuta in tutto il mondo, come quella del Grande Torino, potrebbe essere utilizzata per valorizzare e diffondere il marchio Toro, per far innamorare del Toro altre persone, per guadagnare nuovi tifosi. Sarebbe bello se si trovasse il modo di valorizzare la storia degli Invincibili per 365 giorni l’anno. Il completamento del Filadelfia, con al suo interno il Museo (prima o poi finirà il paradosso che lo vede confinato a Grugliasco e guidato da un’associazione di encomiabili volontari…), potrebbe essere un inizio.
Non solo: se uno tra i migliori giovani calciatori in Italia come Samuele Ricci dice di aver scelto il Toro anche per il blasone della società, vuol dire che c’è margine per attirarne altri ancora se si fa capire loro che il Torino è una società diversa dalle altre non solo il 4 maggio. Aprire le porte del Filadelfia almeno una volta al mese, ora che le regole Covid lo consentono, e istituire – con un minimo di continuità - dei momenti di contatto tra giocatori e tifosi potrebbe essere un primo, banale passo. Qualcuno potrà dire che, se dopo tutto questo tempo le cose sono rimaste uguali, non ci sono speranze di vedere miglioramenti. Gli si può rispondere che non è mai troppo tardi per cambiare idea se lo si fa nella direzione giusta.
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