La possibilità che Andrea Belotti lasci il Torino quest’estate, lo sanno anche i muri, esiste eccome. Il contratto è in scadenza nel 2022 e per un giocatore così importante a quest’ora il rinnovo sarebbe già arrivato se ci fosse stata una ferma unità di intenti di entrambe le parti. E allora è facile presumere che i dubbi, più che nella società del presidente Cairo, alberghino nel giocatore, che sta valutando legittimamente se c’è la possibilità di fare un salto di qualità economico e professionale. Non è ancora da escludere del tutto un rinnovo di Belotti (che è stato dato già per venduto in diverse occasioni e poi alla fine è rimasto per sei stagioni) mentre invece sembra un po' forzata l'ipotesi che lo vedrebbe rimanere in granata fino a liberarsi da parametro zero nel 2022. Appare chiaro che al Torino oggi tocca il dovere di preparare in ogni caso la miglior “exit strategy” possibile per la partenza del giocatore simbolo delle ultime annate. Sia dal punto di vista economico, che dal punto di vista tecnico, che da quello dell’immagine.
EDITORIALE
Il Torino, Belotti e la necessità di preparare la miglior “exit strategy”
La società dovrebbe essere il più onesta e trasparente possibile nello spiegare l’operazione, senza tentativi di far passare il giocatore per un voltagabbana
GLI ERRORI DEL PASSATO - Ragionando con una sana dose di cinismo e concretezza, tornando indietro al rinnovo di contratto firmato a fine 2016, forse sarebbe stato meglio fissare la clausola rescissoria a un valore più basso; non certo alla cifra esagerata di 100 milioni di euro, una “sparata” più mediatica che altro. A 50 milioni di euro, per esempio, un acquirente sarebbe stato trovato eccome; Belotti avrebbe spiccato il volo prima, e il club granata sarebbe stato gratificato per il bel colpo fatto portandolo a Torino con un gruzzolo sicuramente più cospicuo di quello che otterrebbe (usiamo ancora il condizionale) cedendolo quest’estate, visto che il potere negoziale del club è limitato dalla scadenza 2022 del contratto. Anche perché è pacifico che le sorti di una squadra non dipendono da un solo giocatore, per quanto encomiabile sia stato Belotti in questi anni.
CHE FARE ORA - Tornare indietro non si può e ora, se cessione fosse, toccherebbe anzitutto vendere “bene” il giocatore. È auspicabile, per Belotti e per l’Italia, che il Gallo sia grande protagonista all’Europeo così da incrementare le possibilità sul mercato estero. Così non fosse, il patron Cairo dovrebbe scendere a patti con un club nostrano (Roma o Atalanta sono ad oggi le possibilità all'orizzonte) che, però, ben difficilmente arriverebbe a offrire 30 milioni di euro per un giocatore a scadenza (per il Cies, addirittura, il valore del cartellino non supererebbe i 15 milioni). Dal punto di vista dell’immagine, a quel punto, la società dovrebbe essere il più onesta e trasparente possibile nello spiegare l’operazione, senza tentativi di far passare il giocatore per un voltagabbana, messaggio che mai e poi mai attecchirebbe nell’ambiente finendo anzi per esacerbare gli animi. Soprattutto sarebbe fondamentale rimpiazzare nel modo migliore Belotti. L’Atalanta è arrivata dove è arrivata cedendo giocatori e sostituendoli con altri che hanno poi fatto ancora meglio. Acume nel saper vendere quando è ora, e competenza nello scegliere i ricambi: il calcio di oggi (purtroppo) funziona così e non con la filosofia del "tengo tutti".
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