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columnist
"Il Torino stava scivolando nel grigiore generale e nell’appiattimento, nelle divisioni e nell’indifferenza. Il clima, ormai, ben poco si confaceva al colore e al calore della piazza. Solo a fine campionato potremo dire se Moreno Longo sarà stato l’uomo della provvidenza. Sicuramente la scelta di chiamarlo sulla panchina granata ci pare la più sensata e intelligente che si potesse fare in questo momento per far respirare a tutti un’aria nuova, anzi, l’aria che c’è sempre stata al Torino, quella dell’orgoglio e del senso d’appartenenza.
"Longo, fin dalla conferenza stampa, è subito partito dal concetto di senso di appartenenza per spiegare come e in che modo vuol dare una scossa a questo Torino. Può essere l’uomo più indicato per trovare la soluzione ai problemi della squadra attuale. Problemi creati non solo da Walter Mazzarri, che sembrava fino a poco tempo fa essere il leader di questo Torino e anche un perno della società. È surreale il modo in cui è finita la sua parabola al Torino, ma l’esonero è stato inevitabile se non tardivo.
Ora c’è Longo che, più concretamente, si inserisce in un gruppo di lavoro che conosce bene. Composto da persone che sanno cosa è il Toro. Il Toro ai granata, si potrebbe dire semplificando. Non che Mazzarri e il suo staff non fossero emotivamente coinvolti, anzi, però ora al Filadelfia può crearsi un altro tipo di empatia tra uno staff tecnico e societario fatto di persone la cui storia è permeata dal color granata. Da Longo a Bava, che insieme hanno fatto ottime cose a livello giovanile, passando per le giovanili con Fabbrini e Sesia. L’opera di “granatizzazione” del Torino ci pare a questo punto una buona idea, sicuramente era qualcosa di cui c’era bisogno, nell’attesa di capire se poi certi valori saranno espressi anche dalla squadra.
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