Editoriale

No, il Toro non è rimasto quello di prima

Gianluca Sartori Direttore 
Il mercato di gennaio ci consegna un Toro magari non più forte di prima ma sicuramente più completo, con una rosa giusta numericamente e razionalizzata

A tutti noi sarebbe piaciuto vedere il Torino spendere dieci milioni di euro per riportare a casa Praet in un ruolo dove non ce n’era bisogno; così, solo per avere un’alternativa in più. Oppure perché no, sarebbe stato gratificante vedere il club granata rifiutare la stessa cifra per tenersi Lukic fino a fine stagione in modo da puntare con decisione all’Europa in campionato e alla finale di Coppa Italia. E pazienza se poi al 99% per cento Sasa sarebbe andato via a parametro zero.

Poi ci svegliamo tutti sudati e ci rendiamo conto del contesto: una Serie A che in tutto ha speso meno di 30 milioni, in cui le società (altre, non il Toro) sono andate avanti per anni con artifizi ed espedienti di dubbia liceità, in cui anche le big perdono giocatori cardine a parametro zero. Il calcio italiano è sempre più povero di risorse e di talento per motivi che qui sarebbe lungo provare a spiegare. Per restare a galla l’unica è tentare di affidarsi alla programmazione.

Programmazione è dunque sostituire un giocatore molto importante, ma che aveva rifiutato di rinnovare, come Lukic, con un elemento più giovane di cinque anni, più funzionale e potenzialmente ancora più forte come Ilic, l’acquisto top della Serie A che sa di investimento più che di spesa. Programmazione è pensare al presente tenendosi tutte le porte aperte per il futuro: con Gravillon e Vieira sono stati tappati dei buchi a livello numerico in difesa e a centrocampo con giocatori che già conoscono lingua e campionato, si accontentano di partire come rincalzi e innestano caratteristiche che mancavano, chili e centimetri. Lo si è fatto con la formula ideale, il prestito con diritto di riscatto a costi contenuti, risparmiando risorse preziose che potranno tornare utili in estate.

Il mercato di gennaio ci consegna un Toro magari non più forte di prima ma sicuramente più completo, con una rosa giusta numericamente e razionalizzata (Garbett e Ilkhan sono stati mandati a giocare; Edera, non più nel progetto, non è più a libro paga). Si tratta di un mercato che fa sognare? No di certo, anche perché un attaccante in più sembrava davvero necessario. Tuttavia l’operato della società pare sensato e intelligente: ora la parola, come sempre, va al campo.