Il Torino fallisce la prova del nove, e non è certo la prima volta. Dopo il colpaccio contro una big come il Milan serviva riproporre la stessa attenzione e la stessa concentrazione anche in una partita meno di grido. Viene naturale rimanere sempre sul pezzo e dare il massimo in un big match contro il Milan, davanti a uno stadio pieno e con tanti occhi puntati addosso; stessa cosa si può dire per la partita in casa della rivelazione del campionato in grado di sorprendere tutti, come l’Udinese.
Editoriale
Senza punte non è Toro
Ma le antenne dovevano rimanere dritte allo stesso modo anche contro una squadra che era dietro in classifica come il Bologna. Non è stato così – ne è una prova il fatto che sono bastati due cambi di Thiago Motta per destabilizzare la squadra - e il Toro si è dimostrato più fragile e immaturo di quello che si sperava sul piano mentale, interpretando la partita in modo troppo passivo e rinunciatario. Una lezione che deve essere preziosa per un gruppo che, va ricordato, è tra i più giovani del campionato e come tale può essere vittima di alti e bassi.
L’atteggiamento sotto le aspettative è un tema, poi c’è quello relativo alla mancanza di una punta: venuto meno Pellegri per un incidente sfortunato, assente anche Sanabria per un acciacco, ha dovuto giocare centravanti Karamoh, che – al netto dei suoi limiti – centravanti non è. Il Torino ha giocato le sue peggiori partite di quest’anno (quelle contro Sassuolo, Juventus e Bologna) quando davanti non c’era un vero numero nove: una chiara indicazione utile verso un mercato di gennaio dal quale, a questo punto, ci si può aspettare l’arrivo di un terzo attaccante in grado di colmare almeno numericamente una lacuna che non era impossibile prevedere si potesse manifestare.
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