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Lettere alla Redazione
Il Toro, la sfiga e l’estetica
Oggi è il turno di Stefano Milano, persona colta e tifosissimo granata, titolare della Libreria Ubik di Savona.
Non credo alla sfiga, è una concetto da perdenti, ma per il mio Toro comincio a nutrire qualche dubbio.
La sfiga non si manifesta nel perdere tutte le partite, sarebbe troppo banale. È una cosa più subdola, più raffinata. In qualche modo è potrebbe essere paragonata a un'arte, e ha quindi una sua estetica.
Inutile qui ricordare la gloriosa quanto iellata storia del club. E non ci soffermeremo neanche a raccontare le partite di quest'anno dei granata con le big, tutte dominate e tutte perse 1 a 0, caso unico al mondo.
Ci limiteremo a raccontare gli ultimi due mesi. Precisamente dal 23 gennaio, quando con il Sassuolo il Toro colpisce 3 pali (come nell'unica finale europea dei granata, ovviamente persa seppur pareggiando), prima di subire un gol in contropiede nel finale su fuori laterale battuto 10 metri più avanti.
E che dire del successivo match con l'Udinese: due gol nel recupero segnati da due calciatori appena subentrati dalla panchina? Nel frattempo si infortuna e finisce la stagione proprio il giocatore più tecnico e più forte, Praet. Un caso? Probabile.
E allora, dato che il Toro non segna da tre anni su punizione (unico caso in Europa), perché non mandare in prestito altrove il giocatore al contempo più pagato e più mediocre nella storia del club, Verdi, che in soli 16 minuti provvede a segnare 2 gol proprio su calcio piazzato? Una coincidenza unica? Dico di si, anche se trapela in me una sempre minor convinzione.
Beh, allora vogliamo parlare della partita col Venezia, dove rientra in campo Belotti (il giocatore da 100 milioni che se ne andrà tra un mese a zero milioni) al quale nel finale viene annullato un gran gol per fuorigioco passivo ininfluente, mentre al contrario nella gara successiva col Cagliari il fuorigioco passivo che ci fa perdere non viene considerato?
E che dire dei rigori? nessun rigore al Toro (altro record), anche quello netto contro l'Inter. Nella partita col Bologna alcuni giocatori, mossi da compassione, provano perfino ad aiutarci: prendono letteralmente la palla in mano da terra, ma niente. Altra casualità? E qui le mie convinzioni vacillano in modo vistoso.
Aggiungiamo il match con il Genoa, unica squadra che non vince da un anno: indovinate chi porta a casa i punti?
Per non citare i 7 pali presi in 2 mesi: potrebbe essere omologato come record planetario, ma non si conoscono ancora i dati di Saturno.
Le mie certezze illuministiche su iella, malasorte, scalogna crollano definitivamente.
Certo che con la Salernitana, una squadra con i nostri colori sociali, almeno una compagine granata doveva pur perdere. Forse qui la sfiga si è proprio confusa: l'ex Verdi prende il palo. Ma da lì a dopo, quando ci danno il primo rigore stagionale e lo sbagliamo, in preda a convulsioni ho cominciato davvero a personificare la malasorte come un giocatore che ci marca a uomo da decenni. Tanto che, nello scenario biblico dei 7 minuti di recupero, sotto grandine, tuoni e fulmini come raramente è accaduto in una partita di calcio, ho temuto che il buon Dio volesse manifestare in modo evidente la sua contrarietà a un cambio del nostro destino, magari avendo riservato per noi un gol al 97' dell'ex Bonazzoli.
E invece non è successo.
Abbiamo ripetuto il rigore, e abbiamo vinto 1 a 0.
Poche ore dopo, nella partita dell'altra (odiata) squadra della città, identica ripetizione di un rigore e identico risultato, 1 a 0.
Ma a parti invertite.
La sfiga non esiste. La casualità si, anche se a volte sembra avere una ostinazione così pervicace da apparire curiosa, bizzarra, quasi bella nella sua avversità. Basta accompagnarla ogni giorno con l'impegno per cambiare il nostro destino.
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