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columnist
Stefano Venneri racconta il suo incubo: “Ho capito che la vita è preziosa”
Oggi pubblichiamo la lettera di Stefano Venneri, speaker del Torino, che in questi mesi ha dovuto fronteggiare un nemico invisibile senza avere la certezza che si trattasse del coronavirus:
“Eccoci qua, 30 aprile. Sono chiuso in casa da 62 giorni: tanti, troppi, infiniti, duri. Oggi torno indietro a quel 29 febbraio, il giorno in cui ho iniziato a stare male. Tosse in primis, con il passare dei giorni si aggiungono mal di gola, raffreddore, debolezza, mal di stomaco e febbre a 39. I primi 20 giorni di marzo sono stati durissimi, non riuscivo a fare il tampone e a distanza tanti amici infermieri e medici mi consigliavano come curarmi. Ricordo le volte in cui mia sorella veniva a farmi da mangiare perché ero solo. Sono stati giorni in cui ho pensato tanto, in cui facevo fatica a respirare e mi sembrava di vivere un incubo che non finiva più. Tanto dolore ma con la forza di ripartire, vedere Ale che non sapeva più cosa fare; fino a quando è arrivata l'ambulanza - per me che non vado in ospedale da tantissimi anni. Arrivano due militi che misurano la pressione 128 e 84, saturazione 93. Mi chiedono se voglio andare in ospedale e soprattutto mi controllano il respiro, una sensazione strana come se non avessi più lo stomaco. Io non voglio, firmo, decido di stare a casa e mi dico: sono un Toro mica posso mollare. Inizio una cura di antibiotici e punture pesantissime e nel frattempo mi chiedo “Perché proprio a me?!”. Passa il tempo e arriviamo ai primi di aprile. Io inizio a stare meglio e piango perchè credo di essere uscito da questo incubo: giù la febbre, la tosse diminuisce se ne va anche il raffreddore, resta il mal di stomaco e qualche problema di respirazione. Riesco a fare i raggi e i polmoni sono puliti: questa notizia mi dà fiducia. Inizio la dieta e tiro fuori tutto quello che ho: grinta, coraggio, forza, voglia di ripartire. Perché io sono più forte. Ci ho creduto e ho vinto, non ho mai fatto il tampone e non so se ho avuto il coronavirus, ho capito, però, che la vita è preziosa e che quando queste cose capitano a te, fai quasi fatica a crederci. Oggi mi manca il mio lavoro, mi manca la radio, il mio programma, la musica, mi manca il Toro, mi mancano le urla ai gol e l'entusiasmo e le emozioni che lo Stadio Grande Torino riesce a regalarmi. Mi mancano le feste, le serate a ballare, mi mancano gli amici e tante altre belle cose. Sicuramente ci vorrà ancora qualche settimana per tornare fisicamente in forma: sta iniziando maggio e spero con tutto il cuore che sia il mese della ripresa e che tutti possiamo rivederci come una volta. Nel periodo più duro mi sono detto: la gente come noi non molla, anche sta volta vinciamo noi. In fondo non potevate restare senza di me, tornerò più forte di prima: crederci sempre, arrendersi mai!”
Stefano Venneri
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